In dieci anni le risorse umane dedicate all’assistenza e alla cura dei malati psichiatrici, un milione e 200mila Italiani, circa il 2% della popolazione, sono state ridotte dalle Regioni del 50%. Lo rivela un’indagine commissionata dalla Società italiana di Psichiatria.
Il numero delle persone in cura è probabilmente sottostimato perché molti non si avvicinano alle cure a causa dello stigma che pesa sulla malattia mentale e molte altre persone scelgono di curarsi privatamente, anche perchè l’accesso alle cure pubbliche non è immediato e completo. In base ai dati resi noti, raccolti in più del 30% dei dipartimenti di salute mentale di 14 regioni italiane, il tasso di psichiatri, psicologi, infermieri, educatori, assistenti sociali, operatori socio-sanitari e tecnici della riabilitazione psichiatrica che lavorano nei centri di salute mentale è passato da 0,8 a 0,4 ogni 1.500 abitanti.
Nel 34% dei casi le persone in cura per problemi psichiatrici hanno tra i 18 e i 44 anni, nel 39% tra i 45 e i 64 anni, nel 27% oltre i 65 anni. forti Un numero così basso di personale, causato dalla mancata assunzione di nuovi elementi a fronte dei pensionamenti, ha forti ripercussioni sul funzionamento delle strutture, già impoverite, e sull’impatto in termine di lavoro, stress, fatica fisica, dispendio energetico degli operatori e quindi sulla qualità dei servizi resi ai cittadini.
In questa condizione le Regioni e lo Stato si stanno impegnando a tagliare ancora ulteriori fondi dedicati alla ricerca e all’assistenza psichiatrica al fine di poter garantire pensioni d’oro (una pensione d’invalidità invece ammonta a circa 300 euro mensili), debito pubblico e stipendi d’oro a chi taglia fondi all’assistenza sanitaria.