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I figli di genitori affetti da un disturbo da consumo di alcol hanno maggiori probabilità di sposare una persona che ha lei stessa un disturbo da uso di alcol, secondo un nuovo studio condotto da ricercatori della Virginia Commonwealth University e della Lund University in Svezia.

Ci sono molti fattori di rischio che influenzano l’insorgenza di disturbi da uso di alcol. Un elemento importante, senz’altro, ha a che fare con i geni che i genitori trasmettono ai loro figli. Ma un altro fattore estremamente importante è l’ambiente sociale in cui vive l’individuo.

Lo studio si basa sui dati dei registri legali, medici e farmaceutici con informazioni dettagliate su 1,17 milioni di persone  nate in Svezia tra il 1965 e il 1975.

I ricercatori hanno cercato di scoprire se il disturbo da uso di alcol (AUD) – che colpisce circa 16 milioni di persone solo negli Stati Uniti – nei genitori può prevedere la probabilità che la loro prole adulta si sposi con un coniuge con disturbo da alcol.

Sappiamo dalle ricerche precedenti che le persone che sono maggiormente a rischio per lo sviluppo di un problema con l’alcol (perché hanno un genitore affetto) hanno più probabilità di finire con un coniuge che ha anch’esso questo rischio.

I ricercatori hanno scoperto che il disturbo da uso di alcol dei genitori è associato a una maggiore probabilità di un matrimonio in età più giovane, una minore probabilità di matrimonio in età avanzata e una maggiore probabilità di sposarsi con un coniuge affetto da tale disturbo.

Il fattore di rischio diventa più forte quando entrambi i genitori sono affetti da un disturbo da uso di alcol. Inoltre, i ricercatori hanno scoperto che le figlie delle madri affette hanno maggiori probabilità di avere un coniuge con lo stesso disturbo.

Da un punto di vista pratico, i risultati dello studio potrebbero essere utili per i medici e per gli educatori che sono a contatto con i figli di genitori affetti da abuso o dipendenza da alcol, per aumentare la consapevolezza di come l’AUD parentale possa influenzare gli ambienti sociali che, a loro volta, possono aumentare il rischio che l’alcol diventi un grave problema.

Mens Sana dedica da sempre i suoi programmi per le dipendenze anche ad aiutare e sostenere i membri della famiglia delle persone colpite da disturbi da alcol. Studi come questo ci inducono a implementare questi tipi di programmi di educazione familiare. In particolare è importante prendere coscienza di come il problema dell’alcol di un genitore potrebbe influenzare la probabilità di un figlio di intraprendere tipo di convivenza o matrimonio che aumenterà il rischio di problemi con l’alcol. Educare genitori, figli e giovani che cominciano una relazione sentimentale ai rischi e fornire loro strumenti per affrontare il problema è una importante prevenzione.

La Mindfulness rappresenta ad oggi una delle tecniche psicologiche più avanzate e diffuse, e nello stesso tempo anche più antiche, poiché si rifà alla meditazione Vipassiana, una pratica buddista. Uno dei maggiori promotori di questa disciplina è JON KABAT ZINN, biologo e scrittore Statunitense. Grazie alle sue ricerche, questa tecnica trovò applicazione in ambito clinico e terapeutico negli anni 70. Egli introdusse un protocollo ben strutturato per la riduzione dello stress che univa pratiche meditative, principi di neuroscienze e approcci psicoeducazionali.

Per comprendere appieno tale concetto bisogna comprendere dapprima cosa non è la Mindfulness:

  • Non è una tecnica per rilassarsi, anche se può accadere che induca uno stato di pace interiore e di rilassamento delle tensioni.

  • Non è solo una tecnica meditativa, ma un atteggiamento diverso, direi sano nei confronti della vita, che aiuta a non essere schiavi né della propria sofferenza né tantomeno del piacere. In altre parole, un atteggiamento che aiuta ad essere più liberi di godere il bello e di fare ciò che è importante per sé e per gli altri.

  • Non è psicoterapia, ma uno strumento inserito nell’ambito di vari protocolli terapeutici ufficiali per la cura dei disturbi di ansia, depressione, sindrome dolorose croniche e inoltre molto utilizzato in oncologia.

Il termine Mindfulness è la traduzione inglese della parola “sati” che, in lingua Pali (antica lingua indiana) significa “ricordarsi”, “tenere bene a mente”.

Promuovere un atteggiamento Mindful nei confronti della vita, significa ricordarsi di portare l’attenzione al momento presente e imparare ad osservare la propria esperienza, nel qui ed ora, qualsiasi essa sia, senza intervenire o giudicare, senza attendersi nulla. L’aspetto importante è che quando parliamo di attenzione ci riferiamo ad un atteggiamento nei confronti della vita e delle cose che osserviamo, assolutamente libero da GIUDIZI ed ETICHETTE.

Dedicarsi alla Mindfulness significa quindi rinunciare al GIUDIZIO che spesso e volentieri accompagna i nostri pensieri, “questo è bello”, “questo è brutto”.

Siamo in realtà poco abituati a prestare attenzione all’essenza, alle caratteristiche di ciò che osserviamo, a partire dalle sensazioni che accompagnano il nostro respiro fino alla descrizione di un oggetto in generale. Quindi ci si allena ad applicare un’attenzione pura, diretta senza filtri, a ciò che è nel momento in cui è, esattamente così come viene percepito.

Liberarsi dai giudizi non è di certo facile, per cui solo un’esplorazione attenta e presente, e soprattutto costante può aiutare nel raggiungimento di un tale obiettivo.

— Perché è così importante prestare attenzione in modo non giudicante nel momento presente? —

  • Saper tornare al presente è un modo per uscire dal coinvolgimento del passato, in cui spesso restiamo bloccati e per non essere travolti da anticipazioni future.

  • Migliora la capacità di gestire le difficoltà e lo stress.

  • Grazie alla pratica costante, insegna a riconoscere la propria esperienza mentale in quanto tale: i pensieri in quanto pensieri, le emozioni in quanto emozioni, le sensazioni in quanto sensazioni, aspetto essenziale per chi vive una sofferenza psichica e tende a confondere la propria esperienza interiore con la realtà. Ad esempio, il pensiero “Mi sento incapace” diventa una convinzione vera e propria di essere incapace che guida, di conseguenza, il proprio comportamento in modo disfunzionale.

Essere ancorati al presente consente di aprirci con curiosità e maggiore consapevolezza alla nostra esperienza e anche al nostro modo di interpretare e giudicare ogni cosa. Ci aiuta ad accorgerci quando siamo guidati dal pilota automatico, ovvero quando svolgiamo alcune attività, senza rendercene conto e senza alcuna attenzione e consapevolezza. Ad esempio, quando ci capita di entrare in una stanza e di non ricordarci perché, oppure quando parliamo con qualcuno e rispondiamo in modo automatico, poiché pensiamo ad altro, tanto per non apparire maleducati e così via.

In ambito terapeutico la Mindfulness può, dunque, rappresentare un valido aiuto nel raggiungimento della piena consapevolezza di noi stessi e di ciò che facciamo e quindi anche quando siamo imprigionati da rituali ossessivi, dai sensi di colpa o dalle nostre ansie. Più aumenta il livello di consapevolezza rispetto all’esperienza che viviamo, più avremo modo di dare spazio a contesti di vita che meglio si adattano e rispondono ai nostri bisogni.

La Dottoressa Maria Langellotti, autrice di questo articolo, è responsabile dei laboratori di Mindfulness. La tecnica viene praticata in gruppo, presto le nostre sedi.

Per informazioni: maria.langellotti@yahoo.it