La “riforma” dell’assistenza psichiatrica è stata definita da molti una “non riforma”. In effetti il Parlamento non ha previsto alcuna modifica sostanziale alle limitazioni delle libertà personale e alla lesione del diritto alla salute dei malati psichiatrici, procedendo invece nelle direzione opposta. Sarà impossibile da realizzare nella sua interezza e affiderà il paziente ai privati (ovvero a Cliniche e Comunità) per il “trattamento extraospedaliero”, rischiando di agevolare le pratiche di alcune strutture fatiscenti presenti in Italia, che si comportano come veri e propri carceri.
Anche la Società italiana di psichiatria (Sip), come Mens Sana, ha mosso critiche simili al testo unificato “Disposizioni in materia di assistenza psichiatrica”, presentato recentemente alla Commissione affari sociali della Camera.
Il testo modifica l’accertamento sanitario obbligatorio (aso) e il trattamento sanitario “obbligatorio”, che diventa “necessario” (tsn). Per eseguire l’aso, i dipartimenti di salute mentale dovranno prevedere strutture idonee per l’osservazione clinica che non può superare le 48 ore di degenza, probabile quindi che saranno scelti i SPDC degli ospedali, sempre più affollati a causa delle recenti chiusure di alcune strutture a causa del taglio spregiudicato dei posti letto. Il TSN, invece, dura 15 giorni e può essere interrotto, se vengono meno le condizioni che l’hanno determinato, oppure prolungato.
Può essere fatto in ospedale, nei servizi psichiatrici di diagnosi e cura, nelle strutture residenziali di riabilitazione delle asl, o presso il domicilio del paziente, qualora sussistano adeguate condizioni di sicurezza e venga assicurata la somministrazione della terapia. Bastano queste poche parole per capire l’inapplicabilità di tale provvedimento (se il paziente non è consapevole della sua malattia, perchè dovrebbe restare in casa a tempo indeterminato senza mai uscire?).
Si istituisce, inoltre, il trattamento necessario extraospedaliero prolungato (6-12 mesi), senza consenso del paziente, per coloro che necessitano di trattamenti sanitari lunghi ma in strutture diverse da quelle previste per i pazienti che versano in fase di acuzie, ovvero nelle Cliniche e nelle Comunità terapeutiche, nonché ad avviare gli stessi pazienti a un percorso terapeutico-riabilitativo di tipo prolungato. Il trattamento sanitario viene modificato senza riferimento ad alcuna base scientifica o epidemiologica, aumentato come durata e allargato dai Reparti per acuzie in ospedale, anche alle strutture riabilitative private e addirittura a domicilio del paziente con rischi sicuri per la famiglia, che sarà vissuta ancora più problematica dal paziente.
Inoltre, aspetto più importante, da la possibilità allo Stato di disporre delle libertà dei pazienti per tempi pressochè illimitati. Un passo indietro, rispetto al diritto di salute, alle recenti acquisizioni scientifice, un passo verso la riapertura dei manicomi, camuffati con altri nomi, più dolci (come necessario al posto di obbligatorio).