fumatorePer rilanciare il messaggio che il fumo uccide, in tutto il mondo il 31 maggio si celebra la Giornata senza tabacco promossa dall’Organizzazione mondiale della Sanità, che per l’occasione ha diffuso dati aggiornati che non possono non colpire. Il tabacco continua a uccidere quasi 6 milioni di persone l’anno, tra le quali 600mila sono vittime del fumo passivo, e nel 2030 le vittime del tabacco potrebbero raggiungere gli 8 milioni. E se la prevalenza di fumatori è in calo in alcuni Paesi, rileva l’Oms, in altri la quota di fumatori continua a crescere ed il vizio contagia soprattutto i giovani.

La prevenzione e la sensibilizzazione rappresentano dunque le armi decisive contro il fumo da sigaretta, una delle principali cause di patologie quali cancro e cardiopatie. E proprio sulla prevenzione che è incentrata un’interrogazione parlamentare in cui Luciana Pedoto (Pd), membro della commissione Affari Sociali della Camera, chiede l’istituzione di un fondo per le politiche anti-fumo: «Poiché il ministro Fazio ha precisato che non esiste un fondo specifico per le politiche anti-fumo, ma vengono individuati specifici progetti, occorre pubblicare i risultati di questi progetti relative alle politiche anti-fumo e la verifica della loro efficacia». La parlamentare chiede nell’interrogazione «di attuare organiche di lotta al tabagismo anche istituendo un apposito fondo per le politiche anti-fumo».

Da DoctorNews33

L’approccio terapeutico ai pazienti dipendenti da sostanze oppiacee è spesso complesso a causa della scarsa richiesta di cure da parte di questi soggetti, una scarsa aderenza al trattamento e frequenti ricadute. L’antagonista degli oppioidi naltrexone si rivela una nuova possibilità, distinta dalla terapia di mantenimento con agonisti degli oppioidi: in aggiunta al trattamento psicosociale, potrebbe migliorare l’accettabilità della farmacoterapia contro la dipendenza e rappresentare un’utile opzione per molti pazienti. Questa tesi è il risultato di uno studio randomizzato in doppio cieco contro placebo condotto in Russia da un gruppo di lavoro coordinato da Evgeny Krupitsky, dell’università statale medica Pavlov di San Pietroburgo. La ricerca, durata 24 settimane, ha coinvolto 13 centri clinici russi in cui si sono recati 250 pazienti over 18 in fase di disintossicazione. In modo random, i pazienti sono stati sottoposti all’assunzione di 380 mg di naltrexone (n=126) oppure placebo (n=124), in aggiunta a 12 sessioni bisettimanali di counselling. Endpoint primario è stata l’astinenza, comprovata da test delle urine e dichiarazioni del paziente, durante le settimane 5-24; endpoint secondari: i giorni liberi da oppioidi auto-riportati, il punteggio di desiderio di sostanze, il numero di giorni di mantenimento e la ricaduta nella dipendenza psicologica da sostanze. La proporzione mediana di settimane senza assunzione di sostanze è stata del 90,0% nel gruppo naltrexone rispetto a 35% nel gruppo placebo. I soggetti nel gruppo naltrexone hanno dichiarato una mediana di 99,2% di giorni liberi da sostanze rispetto al 60,4% del gruppo placebo. Per quanto riguarda la variazione nel desiderio di sostanze, si è assestato in un punteggio medio di -10,1 nel gruppo naltrexone e di +0,7 nel gruppo placebo. Il numero mediano di giorni di mantenimento è stato di 168 nel gruppo naltrexone rispetto ai 96 in quello placebo. Nel complesso, naltrexone è stato ben tollerato e non ha causato decessi, fenomeni di overdose e sospensione del trattamento per gravi eventi collaterali.

Lancet, 2011; 377(9776):1506-13

colesterolo-altoCAMPI DI APPLICAZIONE

1) Postumi di trauma Ischemico o Emorragico
2) Demenze Vascolari
3) Malattia di Parkinson
4) Malattia di Alzheimer
5) Sclerosi Multipla
6) Degenerazione dei Lobi Frontali
7) Demenza Alcolica
8) Demenza associata ad infezioni da HIV
9) Degenerazione Cortico-Basale
10) Pseudo demenze metaboliche o psichiatriche

INTRODUZIONE

La riabilitazione neuropsicologica prevede l’intervento interdisciplinare di specifiche figure professionali: neurologi, psichiatri, fisiatri, fisioterapisti, infermieri, logopedisti, psicologi e assistenti sociali.
L’obiettivo generale dell’intervento è quello di far regredire le menomazioni psichiche, le limitazioni delle attività quotidiane e della partecipazione attiva dell’anziano attraverso interventi diagnostici, prognostici e riabilitativi.
Gli ambiti di intervento riabilitativo interessano le capacità del paziente come: MEMORIA, ORIENTAMENTO SPAZIO-TEMPORALE, ATTENZIONE, LINGUAGGIO, FUNZIONI NEURO-SENSORIALI, AFFETTIVITA’, CICLO SONNO-VEGLIA, ALIMENTAZIONE E FUNZIONI MOTORIE.
Se su questi pazienti si avesse la possibilità di intervenire, attraverso questo tipo di riabilitazione neuropsicologica, vi sarebbero buone possibilità di recupero parziale e/o totale delle funzioni lese attraverso il potenziamento delle funzioni complementari ancora integre, in più il tutto si svolgerebbe all’interno del contesto di vita del paziente: LA PROPRIA ABITAZIONE.

A CHI SERVE

1)AL PAZIENTE, per cercare di mantenere il più a lungo possibile la propria autonomia e cercare di migliorare la qualità della vita.
2)ALLA FAMIGLIA, attraverso degli interventi di sostegno psicologico e interventi pratici di gestione quotidiana del familiare
3)AL CAREGIVER, attraverso evidente riduzione dello stress, grazie alla riduzione del carico gestionale del paziente

PROGRAMMA D’INTERVENTO

Questo programma d’intervento è principalmente mirato al trattamento del paziente in ambito domiciliare ed è finalizzato al conseguimento di precisi obiettivi dell’area socio-sanitaria e socio-assistenziale sul paziente, sull’ambiente e sui familiari e/o caregiver.

L’intervento sul  PAZIENTE vede l’applicazione di protocolli di test (MMSE, GDS, STAY-1, STAY-2, TEST DI FLUENZA VERBALE, REY, RIPETIZIONE DI CIFRE IN AVANTI, RICONOSCIMENTO DI FIGURE) fondamentali per la valutazione cognitiva e neuropsichiatrica del caso. Questi test servono a valutare le funzioni cognitive del paziente, come l’orientamento nel tempo, nello spazio e verso le persone, la memoria a breve e lungo termine, le abilità visuo-spaziali, la capacità di associazione e comprensione di concetti, la logica. Inoltre una valutazione psichiatrica servirà ad individuare eventuali disturbi dell’umore o del comportamento che spesso influenzano negativamente i deficit cognitivi.
Successivamente verranno organizzate delle attività, dei compiti  (ESERCIZI DI TRAINING E GINNASTICA PER LE CAPACITA’ COGNITITVE: ESERCIZI DI MEMORIA TOPOGRAFICA, ORIENTAMENTO TEMPORALE, SCRITTURA, DISEGNO, COORDINAZIONE TRA PENSIERO E MOVIMENTO) mirati alla stimolazione e alla ristrutturazione cognitiva.
Saranno inoltre eseguite attività finalizzate alla modifica dei comportamenti disadattivi e alla stimolazione motoria.
Questo processo di riabilitazione è sempre combinato con un sostegno psicologico volto a favorire l’espressione e il conseguente contenimento delle emozioni sia del paziente che del caregiver.

L’intervento sull’AMBIENTE comprende una valutazione dello stesso e dell’interazione tra questo e l’anziano attraverso l’utilizzo di test (come ADL, IADL) necessari per la valutazione delle condizioni socio-sanitarie nelle quali la persona vive.
Verranno eliminate le barriere architettoniche presenti in casa, adeguati gli ambienti e aiutate le famiglie a fornirsi dei sussidi più utili al fine di rendere la vita dell’anziano più funzionale, facile e sicura (prevenendo ad esempio quegli infortuni domestici che per un soggetto fragile possono portare a conseguenze nefaste).

L’intervento sulle FAMIGLIE E SUI CAREGIVER, consiste nell’informare chiaramente i familiari e gli eventuali assistenti domiciliari sulle caratteristiche della malattia o della disabilità del proprio caro e del tipo di sostegno da fornire.
Inoltre è importante spiegare bene in cosa consiste il servizio di assistenza domiciliare, quindi il sostegno fondamentale da parte del personale specializzato di Mens Sana e Libera Cittadinanza (neurologi, psichiatri e altri medici, psicologi, infermieri, fisioterapisti, assistenti domiciliari ecc.) nel fornire un concreto aiuto oltre che al paziente anche alla famiglia.
A domicilio o preferibilmente presso le nostre sedi operative, sarà disponibile un servizio di sostegno che sarà di seguito descritto nel dettaglio.

INTERVENTI DI EDUCAZIONE E FORMAZIONE

Gli interventi di formazione consistono sul formare i familiari e/o i caregiver sulla natura della demenza, sui sintomi tipici, sulle cause e sul decorso atteso, aggiungendo inoltre la possibilità di formare gruppi di ascolto costituiti da familiari e caregiver, gestiti da operatori specializzati nel settore (psichiatri, neurologi, psicologi) all’interno dei quali sarà possibile acquisire strategie di gestione e di comunicazione con il malato più efficaci.
Un programma di educazione di questo livello, centrato sulla gestione dei disturbi comportamentali del pazienti è in grado di ridurre in maniera significativa il livello di stress di chi si occupa del malato e i risultati di questi gruppi persistono per mesi dopo la conclusione dell’intervento.

GRUPPI DI SOSTEGNO

I gruppi di sostegno hanno finalità più terapeutiche, condotti sempre da personale specializzato nel settore (psichiatri, neurologi, psicologi e psicoterapeuti ma anche da familiari formati precedentemente dal personale di Mens Sana). Hanno lo scopo di creare uno spazio all’interno del quale si  riconoscono, si condividono, si elaborano, si osservano tutte quelle emozioni che nascono e si sviluppano in modo sempre più dirompente nei familiari che vivono insieme al paziente il lungo e difficile percorso di sofferenza e solitudine della malattia.

INTERVENTI PSICOTERAPEUTICI

L’intervento psicoterapeutico consiste in una ulteriore possibilità di aiuto nell’affrontare la malattia del proprio familiare, attraverso l’inizio di un percorso personale di psicoterapia con familiari, caregiver e anche con il paziente stesso.
Questo intervento dovrà essere modulato sulla base delle esigenze individuali, tenendo conto delle dinamiche familiari, del quadro depressivo e degli aspetti conflittuali che inevitabilmente emergono in questi contesti di sofferenza e non accettazione, procurando elevati livelli di stress.

DURATA DEL PROGETTO

Da definire in sede di valutazione, secondo la gravità del caso (6/10 incontri incluse eventuali consulenze neurologiche-psichiatriche)

STAFF

Psichiatra, neurologo, psicologo, psicoterapeuta

Per tutti gli anziani e i familiari interessati al nostro programma di riabilitazione è possibile inviare una email a info@mens-sana.biz.
Per fissare un primo incontro potete telefonare allo 06 8339 0682.

latticini Sempre più italiani ‘cancellano’ i latticini dal menù, convinti di essere vittima di un’intolleranza al lattosio. Ma secondo uno studio presentato alla Digestive Disease Week in corso a Chicago, i loro problemi di stomaco possono essere il frutto di una fragilità a livello psicologico.A puntare il dito contro il legame mente-corpo è il team di Guido Basilisco dell’unità di gastroenterologia dell’Irccs Cà Granda di Milano. Secondo i ricercatori, dunque, spesso i pazienti credono – a torto – che la difficoltà a digerire, il gonfiore, i dolori di cui soffrono siano causati da intolleranza al lattosio.All’origine di tutto ci sarebbe, invece, un disturbo somatoforme: ovvero un disturbo psicologico caratterizzato da sintomi che ‘mimano’ problemi fisici, ma per i quali la causa non è affatto nel corpo. Gli studiosi hanno indagato sui fastidi dell’intolleranza al lattosio per capire se fossero dovuti a malassorbimento o, piuttosto, a un’alterazione del profilo psicologico. L’analisi mostra che un alterato livello di somatizzazione è associato in modo significativo alla percezione dei sintomi dell’intolleranza dopo aver ingerito 15 grammi di lattosio.Insomma, “i risultati suggeriscono che i sintomi dell’intolleranza al lattosio”, che portano molti italiani ad abolire latte e latticini dalla dieta, “potrebbero in realtà rivelare un disturbo somatoforme. E dunque rinunciare ai latticini è un comportamento da evitare, potenzialmente controproducente”. Insomma, eliminando ricotta, cappuccino e parmigiano dal menù – senza essersi sottoposti a test e analisi di controllo – si mette a rischio la salute delle ossa, dice Basilisco. E questo senza motivo. Piuttosto, in certi casi meglio affrontare i disturbi dal punto di vista psicologico, con un approccio cognitivo interpersonale diretto a ristabilire una dieta normale, che possa includere latte e latticini.A questo punto, secondo l’esperto, occorrono ulteriori studi per capire quale può essere l’approccio terapeutico migliore. E perché chi somatizza in questo modo si concentra sul cibo, piuttosto che su altri aspetti, come causa dei propri disturbi. I ricercatori hanno studiato a fondo 102 pazienti che si erano recati presso l’unità di gastoenterologia dell’ospedale milanese per una sospetta intolleranza al lattosio.Tutti sono stati sottoposti al breath test e hanno compilato un questionario sui propri sintomi e sulla propria condizione psicologica. In questo modo i ricercatori hanno collegato la psiche a sensazioni come dolore addominale, gonfiore, scariche e tensione del basso ventre. “E’ importante – commenta Mark DeLegge della Medical University of South Carolina – che i pazienti capiscano che ciò che mangiano influisce sul funzionamento del loro apparato digerente”. Ma anche che il legame fra il corpo e la mente a volte è più forte di quanto non si pensi, e merita di essere ulteriormente indagato.

Da Adnkronos Salute

autismoMal di testa e mal di pancia, vomito anche autoprovocato: sono in aumento i disturbi psicosomatici nei bimbi, disturbi che ormai ‘entrano’ negli studi dei pediatri più delle classiche malattie acute. I medici dei piccoli sono sempre più chiamati a fare i conti con problemi di tipo comportamentale, conseguenza della società che cambia. E’ il quadro tracciato dal presidente della Federazione italiana medici pediatri (Fimp), Giuseppe Mele, dal I Congresso internazionale sull’assistenza primaria pediatrica, che si è aperto l’11 maggio a Tel Aviv, organizzato in collaborazione con l’Ambasciata Italiana di Israele. “Oggi il pediatra affronta un contesto enormemente modificato – spiega Mele – perché il concetto stesso di famiglia è mutato, insieme a quello di società, anche in Italia. I bambini di genitori divorziati sono sempre più numerosi e sono in sensibile aumento anche i figli di extracomunitari: solo nel nostro Paese gli stranieri under 18 sono circa 500 mila. Sono sempre più frequenti – prosegue – le adozioni e gli affidi internazionali e stiamo verificando anche un sensibile aumento di coppie omosessuali”. I dottori dei bimbi si trovano così a fronteggiare problemi nuovi: “Assistiamo a un aumento dei disturbi psicosomatici e di sintomi spia di un malessere, di un ‘non star bene’ all’interno di questa complicata dialettica familiare”, sottolinea Mele. I pediatri hanno verificato, nella loro attività quotidiana, un aumento della depressione infantile e del consumo di psicofarmaci anche nei più piccoli. Sulla diffusione dei disturbi comportamentali nei bambini il Centro studi della Fimp sta raccogliendo i dati, che verranno illustrati durante il prossimo congresso della Federazione a Torino a novembre. I pediatri, intanto, rispondono a questi cambiamenti della società e delle esigenze di salute dei piccoli pazienti lanciando ‘A new pediatrics. Now’, un progetto di monitoraggio internazionale per la definizione di nuove raccomandazioni delle cure pediatriche primarie a livello globale. L’obiettivo è stabilire, attraverso il confronto fra i diversi sistemi, un nuovo modello di cure primarie in pediatria che si adatti ai cambiamenti sociologici e al nuovo concetto di famiglia che si è ormai imposto. L’analisi dei sistemi in diversi Paesi, tra cui Italia, Spagna, Inghilterra, Israele e Stati Uniti, si concluderà a maggio del 2012: sulla base dei risultati gli specialisti stenderanno le nuove raccomandazioni che verranno presentate a Bruxelles, nell’autunno del prossimo anno, al commissario europeo alla Salute, John Dalli, e al direttore dell’Organizzazione mondiale della sanità, Margaret Chan.

Da Adnkronos Salute

farmaciLa vera rivoluzione passa dai farmaci, almeno per gli italiani. Per un connazionale su due (54.3%), infatti, rappresentano le innovazioni tecnologiche e sociali che daranno maggiore impulso al cambiamento. I medicinali, quanto a cambiamenti per il futuro, battono addirittura le energie rinnovabili (54%), il riciclaggio dei rifiuti (49,4%), l’auto elettrica e altri mezzi di trasporto ecologico (31,3%). Ma anche i nuovi modelli di welfare (26%), la banda larga (9,8%) e innovativi strumenti wireless e mobili (9,2%). Questa la fotografia scattata dal Censis su 1.200 italiani e presentata oggi al Senato, in occasione della VI Giornata nazionale del malato oncologico.

 

E’ evidente – sottolinea Elisabetta Iannelli, segretario della Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia (Favo) – che questa dinamica coinvolge in modo particolare i tumori, perché costituiscono l’area terapeutica in cui più si stanno concentrando gli sforzi di investimento per l’innovazione. Migliora la sopravvivenza dei pazienti oncologici e la consapevolezza che guarire dal cancro è possibile”. Per quanto riguarda il futuro della ricerca, oltre il 68% degli intervistati indica come priorità assoluta la scoperta di farmaci per guarire malattie incurabili, poco meno del 29% l’esigenza di individuare molecole meno rischiose con minori effetti collaterali, mentre il 12,6% ambisce a terapie più personalizzate.”E’ importante – sottolinea Francesco De Lorenzo, presidente della Favo – il riferimento alla cura efficace, non invasiva e con ridotti effetti collaterali, che costituisce la risposta più mirata possibile per ridurre gli attuali costi sociali legati a patologie gravi, a cominciare da quelle tumorali”.Il 54% degli intervistati ritiene che il farmaco abbia contribuito alla sconfitta delle malattie mortali, quasi il 76% al miglioramento della qualità di vita dei pazienti.

Da Adnkronos Salute