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La Mindfulness in gruppo

Mens Sana organizza gruppi di pratica di Mindfulness per tutti

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Perchè la Mindfulness?

La Mindfulness rappresenta un aiuto nel raggiungimento della piena consapevolezza di noi stessi e di ciò che facciamo. Quando siamo imprigionati da rituali ossessivi, dai sensi di colpa o dalle nostre ansie, perdiamo questa consapevolezza. Più aumenta il livello di consapevolezza rispetto all’esperienza che viviamo, più avremo modo di dare una forma e un corso migliore alla nostra vita

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Perchè in gruppo?

Lavorare in gruppo aiuta a confrontarsi, a imparare a osservare la propria esperienza, nel qui ed ora, senza intervenire o giudicare sè stessi e gli altri. Condividere le proprie difficoltà e i propri successi aiuta sè stessi e il gruppo.

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Perchè proprio io?

Che tu sia già in terapia presso uno dei nostri centri o altrove, o che tu voglia raggiungere un livello di benessere maggiore, la Mindfulness è la tecnica che fa per te. Rinunciare al pensiero che spesso accompagna i nostri pensieri, essere liberi dalle etichette e dai giudizi, nostri e altrui, ci rende più sereni, ci fa sentire meglio.

PARTECIPA

I nostri gruppi si tengono il tardo pomeriggio nelle nostre sedi e sono aperti a tutti

340.1922292

Dr.ssa Maria Langellotti,

responsabile del servizio

maria.langellotti@yahoo.it

I disturbi d’ansia sono generalmente trattati con psicoterapia, farmaci o con una combinazione dei due. Esistono diversi metodi per trattare l’ansia e confrontandosi con il proprio medico, sarà possibile scegliere il trattamento migliore.

Psicoterapia

La psicoterapia, che potremo definire una “terapia della parola” può aiutare le persone con disturbi d’ansia. Per essere efficace, la psicoterapia deve essere diretta alle ansie specifiche della persona e adattata ai suoi bisogni.

Terapia cognitivo comportamentale

La terapia cognitivo comportamentale (CBT) è un tipo di psicoterapia, tra le più utilizzate anche da noi di Mens Sana, che può aiutare le persone con disturbi d’ansia. Insegna alle persone diversi modi di pensare, comportarsi e reagire a oggetti e situazioni che producono ansia e paure. La CBT può anche aiutare le persone a imparare o migliorare le proprie abilità sociali, fondamentale soprattutto per il trattamento del disturbo d’ansia sociale.

La terapia cognitiva e la terapia espositiva sono due metodi che vengono spesso usati, insieme o da soli, per trattare il disturbo d’ansia sociale. La terapia cognitiva si concentra sull’identificazione, sulla critica e quindi sulla neutralizzazione di pensieri inutili o distorti sottostanti i disturbi d’ansia. La terapia di esposizione si concentra sul confrontarsi con le paure alla base del disturbo d’ansia, al fine di aiutare le persone a impegnarsi in attività che avevano fino ad allora evitato. Talvolta viene utilizzata la terapia dell’esposizione insieme a tecniche di rilassamento.

La CBT può essere condotta individualmente o in gruppi formati da persone che hanno difficoltà simili. Spesso vengono assegnati “compiti” ai partecipanti da completare tra una sessione e l’altra.

Farmaci

Il farmaco non cura i disturbi d’ansia ma ne allevia e controlla i sintomi. I farmaci per l’ansia sono prescritti da medici, dallo psichiatra o dal proprio medico di base. Le classi più comuni di farmaci usati per combattere i disturbi d’ansia sono i farmaci ansiolitici (come le benzodiazepine), gli antidepressivi e i beta-bloccanti.

Farmaci ansiolitici

I farmaci ansiolitici possono aiutare a ridurre i sintomi di ansia, attacchi di panico e preoccupazioni estreme. Quelli più comuni sono chiamati benzodiazepine. Sebbene le benzodiazepine siano talvolta utilizzate come trattamenti di prima linea per il disturbo d’ansia generalizzata, presentano sia vantaggi che svantaggi.

I benefici delle benzodiazepine risiedono nell’efficacia nell’alleviare l’ansia e nell’effetto più rapido rispetto ai farmaci antidepressivi, spesso prescritti per l’ansia. L’inconveniente delle benzodiazepine, quando assunte per lunghi periodi di tempo, è lo sviluppo della tolleranza, che porta molto spesso ad aver bisogno di dosi sempre più alte per ottenere lo stesso effetto. Il rischio è che le persone predisposte possono sviluppare una dipendenza da questi farmaci.

Per evitare questi problemi, i medici prescrivono di solito benzodiazepine per brevi periodi di tempo, una pratica che è particolarmente utile per gli anziani, per persone che hanno problemi di abuso di sostanze, che diventano dipendenti da farmaci con facilità.

Smettere improvvisamente di assumere benzodiazepine, può produrre sintomi da astinenza, con il ritornon dell’ansia in breve tempo. Pertanto, le benzodiazepine devono essere ridotte gradualmente. Quando voi e il vostro medico avrete deciso che è ora di interrompere il trattamento, questi vi aiuterà a ridurre la dose lentamente e in sicurezza.

Per un uso a lungo termine, le benzodiazepine sono spesso considerate un trattamento di seconda linea per l’ansia (mentre gli antidepressivi sono considerati un trattamento di prima linea) e un trattamento “necessario” solo per una eventuale riacutizzazione dei sintomi.

Antidepressivi

Gli antidepressivi sono usati per trattare la depressione, ma possono anche essere molto utili per il trattamento dei disturbi d’ansia. Possono aiutare a migliorare il modo in cui il cervello utilizza determinate sostanze chimiche che controllano l’umore o lo stress, come la serotonina e la noradrenalina. Di norma ben tollerati, potrebbe essere necessario provare diversi farmaci antidepressivi prima di trovare quello che migliora i sintomi e ha effetti collaterali ben gestibili.

Gli antidepressivi richiedono del tempo per funzionare, quindi è importante dare al farmaco una possibilità prima di giungere alla conclusione che non sia efficace. Se iniziate ad assumere antidepressivi, non è bene smettere di prenderli senza l’aiuto di un medico. Quando voi e il vostro medico avete deciso che è ora di interrompere il trattamento, il medico vi aiuterà a ridurre la dose lentamente e in sicurezza. Interrompere bruscamente può causare sintomi da sospensione, transitori ma spesso molto fastidiosi.

Gli antidepressivi chiamati inibitori selettivi del reuptake della serotonina (SSRI) e inibitori del reuptake della serotonina e noradrenalina (SNRI) sono comunemente usati come trattamenti di prima linea per l’ansia. Meno comunemente usati – ma efficaci – i trattamenti per i disturbi d’ansia sono classi più vecchie di antidepressivi, come gli antidepressivi triciclici e gli inibitori delle monoaminossidasi (MAOI), che però danno effetti collaterali più fastidiosi.

In alcuni casi, gli adolescenti e i giovani sotto i 25 anni possono manifestare un aumento dei pensieri o dei comportamenti suicidari quando assumono farmaci antidepressivi, specialmente nelle prime settimane di trattamento o quando la dose viene cambiata. Per questo motivo, i pazienti di tutte le età che assumono antidepressivi devono essere osservati attentamente, specialmente durante le prime settimane di trattamento.

Beta-bloccanti

Sebbene i beta-bloccanti siano più spesso usati per trattare l’ipertensione arteriosa, possono anche essere usati per alleviare i sintomi fisici dell’ansia, come battito cardiaco accelerato, tremori, e arrossamenti. Questi farmaci, se assunti per un breve periodo di tempo, possono aiutare a tenere sotto controllo questi sintomi fisici, soprattutto nelle prime fasi del trattamento, quando gli antidepressivi ancora non hanno cominicato a dare risultati. Possono anche essere usati al bisongo, per ridurre l’ansia acuta, anche come intervento preventivo per alcune forme prevedibili di ansia da prestazione.

Scegliere il farmaco giusto

Alcuni tipi di farmaci possono funzionare meglio per specifici tipi di disturbi d’ansia, quindi è sempre bene confrontarsi spesso con il proprio medico per identificare quale farmaco sia il megliore. Determinate sostanze come la caffeina, alcune medicine da banco, le droghe illecite e integratori a base di erbe possono aggravare i sintomi dei disturbi d’ansia o interagire con i farmaci prescritti. I pazienti devono parlare con il proprio medico, in modo che possano apprendere quali sostanze sono sicure e quali evitare.

La scelta del farmaco giusto, della dose del farmaco e del piano di trattamento deve essere effettuata sotto la guida di un esperto e deve essere basata sui bisogni della persona e sulla sua situazione medica generale. Il medico può provare diversi farmaci prima di trovare quello giusto.

Di cosa dovreste discutere con il vostro medico?

  • Quanto bene i farmaci stiano funzionando o potrebbero funzionare per migliorare i sintomi
  • Benefici ed effetti collaterali di ciascun farmaco
  • Rischio di gravi effetti collaterali in base alla propria storia medica
  • La probabilità che i farmaci richiedano cambiamenti nello stile di vita
  • I costi di ogni terapia
  • Altre terapie alternative, farmaci, vitamine e integratori che si stanno assumendo e come questi possano influenzare il trattamento. Una combinazione di farmaci e psicoterapia è l’approccio migliore per trattare la maggior parte dei disturbi d’ansia
  • Come il farmaco deve essere sospeso (alcuni farmaci non possono essere interrotti bruscamente e devono essere diminuiti lentamente sotto la supervisione di un medico).

Gruppi di supporto

Alcune persone con disturbi d’ansia potrebbero trarre beneficio dall’entrare in un gruppo di auto-aiuto o di sostegno per condividere i loro problemi e confrontarsi con gli altri. Anche alcune chat room online potrebbero essere utili, ma qualsiasi consiglio ricevuto su Internet dovrebbe essere usato con cautela, poiché le persone che si conoscono su Internet non si sono mai visti l’un l’altro e ciò che ha aiutato una persona non è necessariamente la cosa migliore per un’altra. Si dovrebbe sempre parlare con il proprio medico prima di seguire qualsiasi consiglio di trattamento trovato su internet. Parlare con un amico fidato o un membro del clero può essere di supporto, ma non è necessariamente un’alternativa sufficiente alle cure di un medico o di un altro professionista della salute mentale.

Tecniche di gestione dello stress

Le tecniche di gestione dello stress, la mindfulness e la meditazione possono aiutare le persone con disturbi d’ansia a calmarsi e migliorare gli effetti della terapia. La ricerca suggerisce che l’esercizio aerobico può aiutare alcune persone a gestire la propria ansia; tuttavia, l’esercizio fisico non dovrebbe sostituirsi alle cure standard.

Se soffrite di un disturbo d’ansia, Mens Sana è il luogo giusto a cui rivolgersi. I nostri professionisti sono formati per trattare tutte le forme d’ansia e sono in grado di consigliare e gestire tutti i tipi di trattamento qui elencati.

Per prendere un appuntamento, chiamate lo 06 8339 0682. Per ulteriori informazioni scrivete a info@mens-sana.biz.

La Mindfulness rappresenta ad oggi una delle tecniche psicologiche più avanzate e diffuse, e nello stesso tempo anche più antiche, poiché si rifà alla meditazione Vipassiana, una pratica buddista. Uno dei maggiori promotori di questa disciplina è JON KABAT ZINN, biologo e scrittore Statunitense. Grazie alle sue ricerche, questa tecnica trovò applicazione in ambito clinico e terapeutico negli anni 70. Egli introdusse un protocollo ben strutturato per la riduzione dello stress che univa pratiche meditative, principi di neuroscienze e approcci psicoeducazionali.

Per comprendere appieno tale concetto bisogna comprendere dapprima cosa non è la Mindfulness:

  • Non è una tecnica per rilassarsi, anche se può accadere che induca uno stato di pace interiore e di rilassamento delle tensioni.

  • Non è solo una tecnica meditativa, ma un atteggiamento diverso, direi sano nei confronti della vita, che aiuta a non essere schiavi né della propria sofferenza né tantomeno del piacere. In altre parole, un atteggiamento che aiuta ad essere più liberi di godere il bello e di fare ciò che è importante per sé e per gli altri.

  • Non è psicoterapia, ma uno strumento inserito nell’ambito di vari protocolli terapeutici ufficiali per la cura dei disturbi di ansia, depressione, sindrome dolorose croniche e inoltre molto utilizzato in oncologia.

Il termine Mindfulness è la traduzione inglese della parola “sati” che, in lingua Pali (antica lingua indiana) significa “ricordarsi”, “tenere bene a mente”.

Promuovere un atteggiamento Mindful nei confronti della vita, significa ricordarsi di portare l’attenzione al momento presente e imparare ad osservare la propria esperienza, nel qui ed ora, qualsiasi essa sia, senza intervenire o giudicare, senza attendersi nulla. L’aspetto importante è che quando parliamo di attenzione ci riferiamo ad un atteggiamento nei confronti della vita e delle cose che osserviamo, assolutamente libero da GIUDIZI ed ETICHETTE.

Dedicarsi alla Mindfulness significa quindi rinunciare al GIUDIZIO che spesso e volentieri accompagna i nostri pensieri, “questo è bello”, “questo è brutto”.

Siamo in realtà poco abituati a prestare attenzione all’essenza, alle caratteristiche di ciò che osserviamo, a partire dalle sensazioni che accompagnano il nostro respiro fino alla descrizione di un oggetto in generale. Quindi ci si allena ad applicare un’attenzione pura, diretta senza filtri, a ciò che è nel momento in cui è, esattamente così come viene percepito.

Liberarsi dai giudizi non è di certo facile, per cui solo un’esplorazione attenta e presente, e soprattutto costante può aiutare nel raggiungimento di un tale obiettivo.

— Perché è così importante prestare attenzione in modo non giudicante nel momento presente? —

  • Saper tornare al presente è un modo per uscire dal coinvolgimento del passato, in cui spesso restiamo bloccati e per non essere travolti da anticipazioni future.

  • Migliora la capacità di gestire le difficoltà e lo stress.

  • Grazie alla pratica costante, insegna a riconoscere la propria esperienza mentale in quanto tale: i pensieri in quanto pensieri, le emozioni in quanto emozioni, le sensazioni in quanto sensazioni, aspetto essenziale per chi vive una sofferenza psichica e tende a confondere la propria esperienza interiore con la realtà. Ad esempio, il pensiero “Mi sento incapace” diventa una convinzione vera e propria di essere incapace che guida, di conseguenza, il proprio comportamento in modo disfunzionale.

Essere ancorati al presente consente di aprirci con curiosità e maggiore consapevolezza alla nostra esperienza e anche al nostro modo di interpretare e giudicare ogni cosa. Ci aiuta ad accorgerci quando siamo guidati dal pilota automatico, ovvero quando svolgiamo alcune attività, senza rendercene conto e senza alcuna attenzione e consapevolezza. Ad esempio, quando ci capita di entrare in una stanza e di non ricordarci perché, oppure quando parliamo con qualcuno e rispondiamo in modo automatico, poiché pensiamo ad altro, tanto per non apparire maleducati e così via.

In ambito terapeutico la Mindfulness può, dunque, rappresentare un valido aiuto nel raggiungimento della piena consapevolezza di noi stessi e di ciò che facciamo e quindi anche quando siamo imprigionati da rituali ossessivi, dai sensi di colpa o dalle nostre ansie. Più aumenta il livello di consapevolezza rispetto all’esperienza che viviamo, più avremo modo di dare spazio a contesti di vita che meglio si adattano e rispondono ai nostri bisogni.

La Dottoressa Maria Langellotti, autrice di questo articolo, è responsabile dei laboratori di Mindfulness. La tecnica viene praticata in gruppo, presto le nostre sedi.

Per informazioni: maria.langellotti@yahoo.it

adolescente

Il Disturbo dello Spettro Autistico viene diagnosticato in Italia ad 1 bambino su 100, e ad oggi è ancora un ramo nel quale si pecca di disinformazione.

Come afferma Oliver Sacks, nella sua prefazione al libro “Pensare in Immagini” di Temple Grandin (2006), la parola “autismo” incute ancora parecchio timore, suscitando l’immagine di un bimbo muto, intento a dondolarsi, che grida e resta inaccessibile al contatto umano.
In realtà, in poche categorie diagnostiche si trova una eterogeneità pari a quella dello spettro autistico, che permette di fare facilmente propria l’affermazione “se hai conosciuto un bambino con autismo, hai conosciuto un bambino con autismo”.

Quando la famiglia ottiene la drammatica diagnosi, diventa fondamentale scegliere il tipo di trattamento da intraprendere per garantire una risposta adeguata ai bisogni terapeutici del bambino, ma soprattutto per migliorare la qualità di vita del bambino stesso e della famiglia.

Le tipologie di intervento per i Disturbi dello Spettro Autistico si inseriscono in un’ampia gamma di interventi riabilitativi, ciascuno focalizzato su un aspetto deficitario e considerato primario del disturbo. Per orientare cittadini e professionisti sulle terapie efficaci e metterli in guardia su quelle illusorie e pericolose, l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato le Linee Guida n. 21, importante rassegna della letteratura internazionale più recente. Tra i programmi intensivi comportamentali, il più studiato è proprio l’analisi comportamentale applicata (Applied Behavior Analysis – ABA). Gli studi sostengono una sua efficacia nel migliorare le abilità intellettive (QI), il linguaggio e i comportamenti adattativi nei bambini con disturbi dello spettro autistico, e per tale motivo le Linee Guida raccomandano tale intervento.

L’ABA non nasce come intervento specifico per l’autismo e non può esser considerata un metodo, quanto piuttosto l’applicazione sistematica dei principi comportamentali di base, con tecniche e procedure derivate da più di trent’anni di ricerca che hanno portato a questo modello di intervento (degli Espinosa 2012).

ABA è l’acronimo di Applied Behavior Analysis, cioè Analisi del Comportamento Applicata, di cui è il ramo applicativo. L’analisi comportamentale è la scienza del comportamento umano; è applicata in quanto opera e usa i principi comportamentali di base su comportamenti che sono socialmente significativi per l’individuo. Le origini di questa scienza sono da rintracciare nel comportamentismo che nasce quando, nel 1903, Ivan Pavlov dimostra come sia possibile apportare in un organismo delle modificazioni fisiologiche e comportamentali tramite l’associazione di stimoli ambientali (il condizionamento classico).

Le fondamenta dell’ABA però (il cui termine verrà coniato solo nel 1968 da Baer, Wolf e Risley per indicare interventi della psicologia comportamentale), vanno cercate nelle ricerche di B.F. Skinner, che nel suo libro The Behavior of Organism (1938) descriveva il “condizionamento operante”, processo in cui l’apprendimento avviene come risultato delle conseguenze del comportamento;è questo il cuore dell’analisi comportamentale: comprendere la relazione funzionale di un comportamento, ovvero la relazione esistente tra quel comportamento e le conseguenze ambientali che produce, e ha come oggetto di studio la funzione – cioè lo scopo – sottostante il comportamento stesso.

Alla base dell’intervento ABA,  vi è la contingenza a tre termini, note anche come ABC, dove A sta per antecedente (Antecedent), ovvero l’evento che segnala quando un comportamento sarà seguito da una conseguenza, la  B sta per comportamento (Behavior) ovvero la risposta all’antecedente, e C per la conseguenza (Consequence), lo stimolo che andrà a rinforzare un dato comportamento. Altro principio fondamentale, che potremmo inserire ancor prima della A, è la motivazione, che porta a mettere in atto un dato comportamento.
Un altro principio alla base dell’intervento è quello di rinforzo, ovvero le conseguenze che aumentano la probabilità della futura emissione di quel comportamento e, al polo opposto, le punizioni,  conseguenze che diminuiscono la possibilità della futura emissione di quel comportamento. Rinforzo e punizione possono essere positivi (quando si presenta un evento in modo contingente al comportamento) o negativi (quando si rimuove uno stimolo in seguito al comportamento).

L’intervento ABA dovrebbe essere intensivo, di almeno 30 ore settimanali; prevede sessioni di lavoro strutturato (ITT- Intensive  Trial Teaching) in cui si lavora sull’incremento intellettivo, e competenze accademiche, e il setting NET (Natural Environment Training), in cui si lavora nell’ambiente naturale, arricchito di materiale motivante, e in cui si può generalizzare le competenze e insegnarne di nuove. Il contesto di NET è quello in cui si può maggiormente insegnare al bambino a richiedere, insegnandogli quindi la comunicazione (che è uno degli aspetti deficitari della diagnosi) e la condivisione, il gioco ed altre competenze sociali.

Per quanto riguarda il linguaggio e la comunicazione, l’intervento ABA si focalizza sull’insegnamento di quello che Skinner nel 1957 ha definito Operanti Verbali (dover per verbale non si intende “vocale”, ma che necessita della mediazione di un’altra persona).  Ad esempio, se ho sete posso prendere da me un bicchiere d’acqua, ma posso anche chiederlo a qualcuno, impegnandomi in un comportamento che indurrà quella persona a portarmi dell’acqua. Questo mio comportamento è però efficace solo se c’è la mediazione di un altro. Gli operanti verbali definiti da Skinner sono quattro: il MAND, che potremmo semplificare come richiesta (ad esempio, ho sete , dico “vorrei dell’acqua” e la ottengo); il TACT, che potremmo identificare come l’etichettamento di qualcosa che viene a contatto con i nostri sensi (ad esempio, vedo un bel tramonto e dico “che bel tramonto che c’è!” e la persona che sta con me risponderà di conseguenza); l’ECOICO, che è la ripetizione punto per punto di quel che l’altro dice; e l’INTRAVERBALE, necessario per la comunicazione più avanzata, in cui lo stimolo per la risposta sono gli enunciati dell’altro (ad esempio, qualcuno mi chiede dove sono stato ieri, e io rispondo dando inizio alla conversazione).

Nell’intervento ABA gli operanti vengono insegnati al bambino, insieme alle abilità necessarie che permettono a un individuo di esser parte della comunità: le autonomie personali, le abilità grosso e fino motorie, abilità sociali e comunicative, accademiche e cognitive. Iniziare un intervento al di sotto dei 5 anni  offre più possibilità di migliorare al bambino, che non può apprendere dal suo ambiente naturale come normalmente avviene, e che quindi necessita di un insegnamento mirato e preciso. Infatti, prima il bambino inizia l’intervento, maggiori sono le sue possibilità di migliorare e apprendere.

Di Giuditta Di Filippo – Tirocinante di Mens Sana

La dipendenza non è riferita solo all’abuso di sostanze, come l’alcool o l’eroina, ma anche a specifici comportamenti esperiti nei confronti di particolari oggetti o attività, ne sono esempi i videogiochi, il gioco d’azzardo, il cibo, il sesso, il lavoro, internet, lo shopping e la televisione. Queste dipendenze sono definite “comportamentali” (o new addiction) e sono spesso caratterizzate da quadri sintomatologici simili a quelli delle prime.

Tra queste, il Gioco d’Azzardo Patologico (GAP) assume particolare rilievo per l’impatto sociale ed economico che lo caratterizza. Alcune ricerche dimostrano come il GAP sia un fenomeno molto frequente tra i giovani (18-30 anni). In generale, la stima dei giocatori d’azzardo problematici varia dall’1,3% al 3,8% (Ministero della Salute, 2012). Ci sono giocatori che investono il proprio tempo nel gioco per il solo desiderio di divertirsi, giocando secondo le proprie possibilità e accettando di perdere. Ci sono, invece, i giocatori patologici, coloro che trascorrono la maggior parte del loro tempo nel gioco e puntano più di quanto possono realmente permettersi. Il gioco d’azzardo diventa patologico nel momento in cui diventa una dipendenza, determinando una compromissione nello stile di vita dell’individuo coinvolto, con conseguenze devastanti sulla vita di relazione, familiare, sul lavoro, sulle attività ricreative, e in ambito legale. Le persone che manifestano questa dipendenza non riescono a resistere all’impulso di giocare e quindi spendono più tempo e denaro nel gioco di quanto intendano fare, per quanto ciò comporti conseguenze negative su se stessi e nelle relazioni con la propria famiglia, con gli amici o all’interno della coppia. Questi, difatti, rappresentano gli indicatori di quanto il gioco sia diventato un problema. Come per le dipendenze da sostanze, anche nel GAP, come nelle altre dipendenze comportamentali, ritroviamo le stesse caratteristiche, il craving, inteso come un bisogno o un desiderio molto intenso verso il gioco che richiede di essere soddisfatto, la tolleranza, quando si spendono più tempo e denaro per ottenere lo stesso effetto, l’astinenza, quando si tenta di ridurre o di fermare il gioco, e la perdita del controllo sul gioco.

Il gioco diventa tanto più patologico quanto più risulta connesso ad altre problematiche, come l’abuso di alcol, cocaina, fumo. Spesso queste condizioni si presentano insieme rinforzando la dipendenza e favorendo il mantenimento del comportamento patologico.

Mens Sana adotta un programma integrato e multidisciplinare per trattare la dipendenza da gioco. Il programma prevede colloqui motivazionali, al fine di cogliere la domanda del paziente e valutare la motivazione al cambiamento, interventi psichiatrici e psicologici.
Sono previsti trattamenti farmacologici per la gestione dell’astinenza e del craving e specifici interventi di psicoterapia per comprendere la natura del problema, aiutare la persona a capire quali sono i fattori che innescano, facilitano e soprattutto mantengono il comportamento dipendente. In ultimo Interventi di Follow up, che consistono in visite di controllo periodiche permettendo al paziente di restare in contatto con la nostra struttura, al fine di rinforzare il mantenimento del comportamento funzionale e valutare l’efficacia dell’intervento terapeutico.
Come funziona il programma integrato per la Dipendenza da Gioco d’Azzardo
Il servizio è rivolto sia ai giocatori problematici, con una dipendenza da gioco, sia a coloro che sentono che il gioco sta diventando un problema.

Prima fase – Accoglienza e Valutazione

La prima visita viene fissata con lo psichiatra che effettua una prima valutazione del problema, al fine di individuare le principali gravità e le eventuali comorbilità con altre dipendenze (alcol, cocaina, fumo) o problematiche (ansia, depressione). La valutazione prevede di prassi la somministrazione di test per avere un quadro più chiaro e definito, evidenziando gli aspetti della personalità che possono essere oggetto di trattamento nel percorso terapeutico.

Seconda fase- Colloqui motivazionali

In questa fase interviene sia lo psichiatra, attraverso una prima valutazione, sia lo psicoterapeuta successivamente. Quest’ultimo prevede una serie di colloqui al fine di evidenziare le principali problematiche e il livello di motivazione al cambiamento. L’obiettivo è quello di attivare l’automotivazione nel paziente, al fine di coinvolgerlo attivamente verso il cambiamento. Ragionare attivamente sui rischi nel perseverare in certi comportamenti problematici e sulle risorse che il paziente possiede, può aiutare ad avere una visione di sé più ampia e positiva, aumentando il livello di consapevolezza e la spinta verso il cambiamento.

Terza Fase – trattamento intensivo per l’astinenza dal gioco

Laddove lo psichiatra lo ritenga opportuno, per gestire il desiderio eccessivo, la compulsione verso il gioco e l’astinenza, possono essere prescritte adeguate terapie farmacologiche. Questo fase si accompagna alla successiva che prevede interventi psicoterapeutici mirati, al fine di aiutare il paziente nel percorso verso il cambiamento.

Quarta fase – trattamento di mantenimento

Questa fase prevede l’intervento di psicoterapeuti esperti che dopo aver effettuato una prima valutazione motivazionale costruiscono insieme al paziente un progetto terapeutico condiviso. L’obiettivo è quello di stimolare il paziente ad una soluzione attiva del problema, insegnando strategie e tecniche per gestire determinati comportamenti problematici, come l’eccessivo desiderio che li spinge verso il gioco, la compulsione e la perdita del controllo. Attraverso un lavoro improntato sulle proprie emozioni, sensazioni e pensieri si indirizza il paziente a promuovere lo sviluppo di comportamenti alternativi e soprattutto funzionali, migliorando le relazioni e la qualità di vita. Il lavoro è improntato, inoltre, sulla gestione del denaro e dei pensieri magici, caratteristici dei giocatori problematici, ad esempio “scegliere sempre la stessa macchinetta” “pensare che dopo un certo numero di combinazioni uscirà sicuramente quella vincente”. Questi pensieri non fanno altro che aumentare la sensazione di poter controllare un dato evento, portando quasi sicuramente ad una ulteriore perdita. Qualora il paziente fosse d’accordo si prevedono anche terapie di gruppo, utili a condividere le difficoltà di ciascuno, ma anche il modo di fronteggiare le stesse. Il gruppo spesso rappresenta una risorsa, in quanto invita ad esternare le proprie paure in un contesto di condivisione e di sostegno.

Quinta fase – follow up

Questa è una fase molto importante, poiché consente un monitoraggio continuo sullo stato del paziente, e soprattutto è determinante per stabilire l’efficacia della terapia. È utile per fronteggiare eventuali ricadute, e accompagnare il paziente verso una nuova gestione del problema. Questa fase prevede che vengano programmati insieme al paziente dei controlli nel corso dell’anno.

Per prendere un appuntamento con i nostri specialisti e iniziare il trattamento, potete chiamare lo 0683390682. Per maggiori informazioni: info@mens-sana.biz

ansia

Quando ci sentiamo sopraffatti o dubbiosi su come soddisfare le esigenze che gli altri riversano su di noi, stiamo avendo esperienza di cosa sia lo stress. In piccole dosi, lo stress può essere un fattore positivo, perchè ci dà una spinta quando dobbiamo fare del nostro meglio e rimanere concentrati e vigili. Ma quando le esigenze della vita superano la capacità di far fronte ai problemi, lo stress può diventare una minaccia per il nostro benessere fisico ed emotivo. Nel corso del tempo, lo stress può portare a problemi di salute mentale, quali:

Ansia
Depressione
Disturbi alimentari
Abuso di sostanze

Oltre a rovinare la salute mentale, lo stress cronico può anche portare a disturbi fisici quali:

Cefalea tensiva
Mal di schiena
Dolori muscolari
Sonno irregolare

Vi proponiamo questi suggerimenti, questi passi, per ridurre lo stress:

Fase 1. Analizzare la propria situazione

Valutare il proprio attuale livello di prestazioni, la produttività, la salute e il benessere. Il vostro corpo è teso e stanco? Siete in grado di concentrarvi e di essere presenti a casa e sul posto di lavoro? Siete in sintonia con la vostra visione e i vostri valori personali? Se sono presenti conflitti, non ignorateli, bisogna pensare a come risolverli e pianificare delle azioni per migliorare questa situazione.

Fase 2. Conoscere gli effetti negativi dello stress sulla salute fisica ed emotiva

Identificate i fattori biologici e gli ambienti fonte di stress ed elaborate strategie per gestirli. Imparate quali sono i vostri modi migliori per gestire il vostro tempo e tradurre le vostre idee in azioni.

Fase 3. Stabilire le priorità e fissare dei limiti

Stabilite un programma per gestire la casa. Assicuratevi che tutti membri della famiglia condividano le responsabilità, in modo che non siate solo a voi a dover affrontare le faccende domestiche.

Anche se la tecnologia permette di avere accesso 24 ore su 24, 7 giorni su 7 al lavoro e ai colleghi, assicuratevi di impostare chiari confini tra lavoro e casa. E’ importante che le nuove tecnologie lavorino per voi e non viceversa. In caso abbiate problemi a disconnettervi, controllate tra le opzioni del vostro smartphone per programmare un periodo di “Non disturbare” durante la notte.

Fase 4. Sviluppare un piano d’azione

In primo luogo, individuate ciò che non funziona per voi e poi create un piano proattivo di miglioramento continuo.

Alcune cose presenti nel vostro piano non saranno negoziabili, se volete vivere una vita sana e gestire lo stress. Le cose non negoziabili sono:

30 minuti di attività fisica quotidiana, che ci aiuterà a mantenere tutti gli aspetti della nostra salute.
Mangiare bene, il che significa tre pasti nutrienti al giorno.
7-8 ore di sonno ogni notte per ricostituire la vostra resistenza. Sono fondamentali se si vogliono sostenere periodi di intensa attività durante tutto il corso della giornata.

Fase 5. Relax

Imparare e poi includere delle tecniche di rilassamento tra gli impegni quotidiani sarà un beneficio a lungo termine per la vostra vita. Bevete bevande contenenti caffeina e alcolici con moderazione, in quanto questi possono impedire un sonno veramente ristoratore.

Fase 6. Costruire relazioni solide

Il supporto e dei rapporti solidi con familiari, amici e colleghi sono noti per essere un sostegno per coloro i quali si trovano in condizioni di stress. Includete nelle vostre giornate una quantità adeguata di tempo per costruire e sostenere queste relazioni. Questo è utile nel breve termine per godere del vostro tempo con loro e nel lungo termine, per costruire una solida rete di supporto.

Punto 7. Rivisitare il vostro piano anti stress regolarmente

Ciò che funziona per voi, oggi, potrebbe non può funzionare più bene il prossimo anno. I bambini hanno bisogno di cure diverse man mano che crescono; nuovi lavori modificano ritmi ed esigenze quotidiani. Il cambiamento è inevitabile e continuo nel corso della vita e offre una splendida opportunità di miglioramento costante.

Se pensate di avere problemi di stress, rivolgetevi a noi. Vi insegneremo a gestire le vostre problematiche e a rendere migliore la vostra vita.
Per maggiori informazioni o semplicemente per un consiglio potete inviare una email a info@mens-sana.biz.
Per fissare un primo incontro potete telefonare allo 06 8339 0682.