le ieneNella puntata del 21 Aprile, il Dottor Marco Paolemili è in onda in un servizio di Nina Palmieri. Giordana è una anziana signora che è stata raggirata dai suoi vicini di casa, Piera e Osvaldo. I due le hanno fatto firmare una procura mentre si trovava in ospedale, appena uscita da uno stato di alterazione della coscienza dovuto al diabete scompensato. Grazie al suo amico Nicolò e alle Iene, Giordana è stata messa in contatto con il nostro psichiatra. Dopo aver valutato il suo stato cognitivo, Marco Paolemili ha potuto rilasciare una certificazione nella quale attesta che Giordana non ha alcun deficit della capacità di intendere e di volere e può autodeterminarsi. Grazie ad un notaio chiamato dalla redazione, la procura estorta dai due vicini è stata annullata e Giordana è potuta tornare nella sua casa.

“Aiutare Giordana è stato un piacere. Approfittarsi di una persona che per una malattia non curata, come il diabete, non è in grado di capire cosa stia facendo è una cosa orrenda, nonchè illegale.” ha dichiarato il nostro medico “Difendere le persone deboli è un dovere”.

Il servizio de “Le Iene” online.

Preg.mo Dr. Marco Paolemili,

Sono di Giulianova e ho pensato di scriverle dopo aver letto l’articolo “Perché si fa del male” comparso all’interno della rubrica “Aiuto per la famiglia. Essere genitori” del mensile “Svegliatevi!” di agosto 2013, edito in Italia dalla Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova – www.jw.org  – che ho creduto di inviarle per conoscenza – http://www.jw.org/it/pubblicazioni/riviste/g201308/perch%C3%A9-si-fa-del-male/
Personalmente ho sempre gradito il sincero interesse che gli editori della “Svegliatevi!” manifestano regolarmente nei confronti delle famiglie fornendo ad esse utili suggerimenti su varie tematiche. Leggere un servizio sull’autolesionismo mi ha interessata. Dopo aver letto la rivista ho cercato ulteriori informazioni su questa pratica e sulle associazioni e società mediche attive nell’aiutare le famiglie con figli che si feriscono intenzionalmente. Ho conosciuto così la Onlus Mens Sana.
Nell’esprimerle il mio più sincero apprezzamento per il vostro pregevole impegno e con l’augurio che l’articolo di “Svegliatevi!” che le ho inoltrato risulti utile anche alle famiglie che state aiutando, invio i miei più cordiali saluti.

Lettera firmata

Giulianova, 23 agosto 2013

 

Quando passeggio per strada, o in qualche centro commerciale, quando vedo la televisione, mi capita spesso di notare raccolte fondi, campagne di sensibilizzazione, azalee, orchidee, arance e stelle di Natale per tante malattie devastanti, dove è necessario fare ancora tanta ricerca per trovare cure più efficaci. La mia malattia non esiste in questo mondo di buoni sentimenti, mai che un “Telethon”, un “Trenta ore per la vita”, un sms di raccolta fondi abbia mai parlato della schizofrenia. Come se non bastasse la mia malattia ad alienarmi, ci pensa anche l’opinione pubblica e i media. Siamo usciti dai manicomi, anche se io non ci sono mai entrato perchè sono giovane, ma mi sono fatto qualche SPDC e non lo consiglio a nessuno, ma non siamo arrivati da nessuna parte. Non si parla mai di malattia mentale, non la fa nemmeno Superquark, mai una raccolta fondi per la ricerca psichiatrica, per restaurare qualche reparto di psichiatria o costruire qualche comunità decente.

Perchè la mia malattia non ha la stessa dignità delle altre? Perchè dobbiamo essere buoni con i bambini, con gli anziani, con i malati di tumore e di sclerosi multipla e con i matti no? Se ci siamo ammalati non abbiamo più colpe di chi è stato colpito da un tumore al seno o da una leucemia. Eppure sembra così e non credo che questo sia un mio delirio o una mia allucinazione (ed è d’accordo con me anche il mio psichiatra). Non chiedo la pietà della gente, ma almeno metà della considerazione che c’è per gli altri malati sfortunati, organici e non mentali.

Alessandro

 

suicidioIl problema dei suicidi degli imprenditori in difficoltà economiche, un agricoltore di Altivole, un imprenditore di Arezzo e un artigiano datosi fuoco davanti la sede dell’Agenzia delle Entrate di Bologna, è stato poco considerato sia dalla stampa generale che dal mondo della psichiatria. Bollare come “malati di mente” queste persone non è certamente la soluzione che vogliamo, sarebbe un crimine e una giustificazione pseudoscientifica di quello che avviene nel nostro paese. I suicidi non sono solo un sintomo, sono anche e soprattutto l’ultimo atto dettato dalla disperazione individuale. La storia e la sociologia c’insegnano che nei paesi dove i problemi sociali ed economici sono più elevati, anche il tasso dei suicidi è crescente. A questo link potrete controllare a che punto è l’Italia, tenendo conto che sono gli Stati a fornire i dati e che quindi la loro attendibilità è relativa e filtrata da convenienze politiche. I paesi comunisti ad esempio, truccarono pesantemente al ribasso i loro tassi di suicidio ufficiali, fino ad arrivare al caso estremo dell’Ungheria che smise di comunicarli perchè fuori controllo.

Solo quando l’Italia comunicherà i dati, ufficiali e dovutamente rimaneggiati, del 2012 sapremo se l’attuale condizione economica starà portando un aumento dei suicidi. Cerchiamo però di non dimenticare quello che sta succendendo in questi primi mesi dell’anno, anche grazie al contributo di Carlo Zucchi, con questo suo articolo pubblicato sul quotidiano online L’indipendenza.

Studente universitarioSalve dott.ssa Grossi, sono una giovane studentessa che, finita a luglio la maturità, ora è in crisi sulla difficile scelta: e ora? Che ne sarà di me? Cosa voglio fare da grande? E che so fare soprattutto? Mi sento un incompetente e non ho specifiche abilità… diciamo che “so far tutto e non so fare niente. Che sarà  della mia vita chi lo sa?”. L’unica cosa che so, è che mi piace aiutare il prossimo e per questo mi sono buttata sul sociale iscrivendomi a scienze dell’educazione, lei che lavora in quest’ambito, cosa ne pensa?

Cara giovane lettrice, dopo questa riuscita citazione di un  successo dei “Ricchi e Poveri”, posso intanto rispondere che sono felice che vengo contattata anche per queste consulenze di orientamento universitario. È normale non sentirsi competente, non a caso devi ancora iniziare un percorso che ti renderà tale. La scelta universitaria, sono d’accordo con te,  è di fondamentale importanza,  ma purtoppo ritengo che non venga fatto un orientamento adeguato a voi giovani studenti, che siete costretti a brancolate nel buio; siete quindi sottoposti a tentativi, indecisioni e valutazione a volte sbagliate. Per fare la scelta giusta della facoltà  infatti, devono conciliare diversi fattori fondamentali: la predisposizione, ciò che si ama e si desidera fare da Grande,  senza però trascurare il mercato del lavoro. Data la difficile situazione occupazionale in cui versa oggi l’Italia, è necessario, almeno, fare un indagine sulle tipologie di lauree più spendibili nel mondo del lavoro. Oggi è notevolmente aumentato il numero di assunzioni di quanti hanno completato un ciclo di studi universitari; la laurea è infatti un ottimo requisito per un inserimento nel mondo del lavoro, ma non credo neanche sia l’unica strada. Non tutti  i ragazzi devono essere laureati! Ci sono altre e più proficue e immediate opportunità alternative. Ma, ritornando alla nostra lettrice, è chiaro rammentare che non tutte le facoltà sono richieste allo stesso modo; quelle in economia e ingegneria sono le più richieste, seguite da quelle con indirizzo chimico- farmaceutico e turistico – alberghiero. Credo che la guida e l’orientamento universitario siano fondamentali, infatti attraverso una riflessione accompagnata è possibile:

  • Esplorare le criticità riscontrabili nell’ iter di studi universitari a partire dalla scelta della Facoltà (“Sto facendo la scelta giusta?”, “Potrò studiare e insieme lavorare?”, “Sono uno studente fuori sede, ce la farò?” )
  • Favorire la costruzione di percorsi formativi personalizzati che valorizzino le opportunità presenti  nelle diverse fasi decisionali (“Come scelgo i corsi?” , “E la tesi?”, “Si riesce a laurearsi già in corso?”, “Ho già una laurea, mi riconosceranno dei crediti?”)
  • Guardare al futuro lavorativo (“E una volta laureata, cosa saprò e potrò fare?”, “Questo titolo mi può servire per il lavoro che sto già facendo o che vorrò fare?” )

Per te, mia cara lettrice, che hai scelto il mondo del sociale, è doveroso informarti che è un settore in grande crisi. Un ambito nel quale si è in molti e il riscontro economico non è mai abbastanza rispetto al lavoro effettivo. E chi intraprende questi incarichi, deve farlo con passione perché, oltre alle competenze professionali e i numerosi e vari sacrifici che ti sono richiesti, questo lavoro più degli altri va fatto con il cuore. Con la scelta che hai fatto,  potrai lavorare con l’infanzia o con la disabilità e quindi con  la sofferenza delle persone. Ognuna di loro ha tante fragilità e tanti più ostacoli da affrontare, ma anche così tante qualità che sapranno trasmetterti. Bisogna crederci, credere nel buono e nelle risorse che ognuno di loro ha e partire da lì. Ripeto, se la scelta è fatta con il cuore, allora ben venga. In bocca al lupo per questo nuovo inizio, a te e a tutti i nostri lettori universitari con l’augurio che possano fare della loro formazione, la loro passione! Buon anno accademico a tutti!

Dr.ssa Irene Grossi

psicoanalisiGentile dott.ssa Grossi. Sono una signora di mezz’età che attualmente non è più serena. Sto male! Ho ansie, paure non so cos’altro,  ma ho anche qualche resistenza a chiedere un aiuto ad uno psicologo perché … me ne vergogno e poi,  io non sono matta!

Lettera firmata

Cara signora, sono contenta che lei mi abbia scritto questa mail perché mi dà la possibilità di sfatare dei miti sullo psicologo strizzacervelli!!! Intanto, in qualche  modo, la sua richiesta d’aiuto l’ha inviata e io la colgo con molto piacere. Non è l’unica, anzi, purtroppo è ancora luogo comune pensare che, chi va dallo psicologo sia matto. Ci sono pregiudizi popolari e numerosi falsi miti che inviterei i lettori di Gurù a suggerirmene. La nostra cara signora introduce un altro aspetto molto importante: la vergogna. Immagino che lei pensa: “Che cosa dirà la gente se mi vede andare o parlare con uno psicologo?” “ Penserà che sono matta, che sono fuori di testa?”. Si accetta senza incertezze, di andare dal ginecologo per problemi “intimi”, piuttosto che dall’oculista per la vista, o dal gastroenterologo per problemi gastrointestinali; ma se non mi sento serena, se sono triste, e vivo con paure, ansie e in uno stato di malessere generale che compromette le mie normali attività giornaliere, bèh, malgrado tutto questo, non accetto di andare dallo psicologo. Perché, mi chiedo? Intanto facciamo un po’ di chiarezza. Per la maggior parte dei casi, lo psicologo si occupa di persone sane che hanno delle difficoltà e problematiche, mentre di ordine medico sono le patologie più gravi e invalidanti come le psicosi e la schizofrenia. Andare dallo psicologo, significa intanto ammettere una propria difficoltà; decidere di fare un percorso personale per conoscersi un po’ di più, per prendersi cura di sé e del proprio benessere, per affrontare quelle problematiche che mi fanno star male e che non mi fanno vivere la mia vita a pieno e al meglio. Non significa essere matto! Ma, anche la stessa parola, “matto”, è comunque un luogo comune. Nei nostri manuali questo termine non esiste. Credo invece che, chi avesse la possibilità, la forza e il coraggio di intraprendere un percorso personale, deve esserne orgoglioso! Da altre parti andare dallo psicologo, è un lusso e credo che tra qualche tempo lo diventerà anche qui. È tutta questione di mentalità; Einstein diceva: “è più facile disintegrare un atomo che un pregiudizio”. E per cambiare la mentalità delle persone c’è bisogno di tempo. Io stessa, inevitabilmente, sto facendo un mio percorso personale, e ne sto, ovviamente, riscontrandone benefici.  Perché ostinarsi a vivere male la propria vita quando invece si può con qualche aiuto, comprenderla meglio, ritrovare la serenità e l’entusiasmo, guardare la vita con uno sguardo obiettivo(e non interpretativo come siamo abituati a fare)? La realtà che ci circonda è vista dai nostri occhi e interpretata da essi. Ma, è proprio quest’interpretazione che talvolta ci fa star male. Lo psicologo non fa altro che aiutarti a capirti meglio, a insegnarti un nuovo modo di guardare la vita. Imparerai a togliere gli occhiali scuri, quelli che ti fanno vedere tutto nero; ma non ti metterà quelli rosa, che ti faranno vedere il mondo irreale di illusioni; al contrario imparerai ad  indossare gli occhiali con le lenti trasparenti, per farti vedere il mondo in modo obiettivo. E imparerai così, un nuovo modo di pensare e di affrontare le problematiche, non solo per oggi, ma per il resto della vita. Racconto una storia a te signora scrittrice e a tutti i lettori, per chiarire meglio il ruolo dello psicologo:

Un saggio pescatore cinese che stava pescando sul molo venne interpellato da una donna affamata che non mangiava da giorni. Notando il secchio di pesci che aveva preso, la donna lo aveva implorato a donargliene alcuni perché placassero la sua fame.
Dopo un momento di riflessione, il pescatore rispose: ”Non ho intenzione di darle alcuno dei miei pesci ma, se raccogli una canna e si siede accanto a me per un po’, le insegnerò a pescare. In questo modo lei non mangerà soltanto oggi, ma imparerà a procacciarsi del cibo per il resto della sua vita”

Ed è proprio questo che lo psicologo prova a fare!

Dr.ssa Irene Grossi