Cosa è l’Analisi Transazionale?

L’Analisi Transazionale (AT) è un approccio che costituisce un ponte tra le profondità della nostra vita interiore e la quotidianità, capace di guardare nei recessi più lontani della nostra storia e della nostra sofferenza, così come di agire sulla consapevolezza a livello delle relazioni presenti, nel qui e ora.

L’Analisi Transazionale, fondata da Eric Berne (1910-1970), è una teoria sia psicologica che sociale, caratterizzata da un contratto bilaterale di crescita e cambiamento. In ottica psicologica l’AT è una teoria dello sviluppo della persona, del suo funzionamento intrapsichico (dialogo interno tra i propri stati dell’Io) e dei suoi comportamenti interpersonali (la persona in relazione agli altri), aspetto quest’ultimo che coinvolge anche la sfera sociale.

La Psicoterapia Analitico-Transazionale viene utilizzata nel trattamento di disturbi psicologici di ogni tipo, essendo un approccio che ben si adatta alla psicoterapia individuale, di coppia, di gruppo e familiare. Viene inoltre impiegata in ambito formativo, scolastico e in psicologia del lavoro, nelle organizzazioni, grazie alla fruibilità dei suoi concetti di base.

L’Analisi Transazionale nasce dalla considerazione e valorizzazione delle capacità intuitive e dall’interesse per la globalità della persona. Eric Berne nelle sue teorie riuscì a far collimare la cultura scientifica con quella umanistica.

L’Analisi Transazionale è una corrente della psicologia umanistico-esistenziale (Maslow, Rogers, Perls, Allport) e in tal senso la sofferenza psichica viene vista come un blocco di crescita del potenziale psicofisico dell’essere umano(Novellino, 2003).

L’Analisi Transazionale si basa su tre principi filosofici:

  1. La persona nasce OK – OKNESS, termine che indica che ognuno è OK, dotato di valore e dignità in quanto persona, fondandosi quindi sull’essenza e non sul comportamento. Questa visione supera la tradizionale distinzione in “sani” e “malati” proprio perché ogni persona nasce con ricchezza e risorse proprie (come “principi” o “principesse”, secondo Berne). Si tratta di una concezione dell’essere umano che nasce da una filosofia positiva, in cui ogni persona è fondamentalmente O.K., nel senso che tutte le persone hanno la capacità di pensare e di prendere decisioni su di sé.
  2. Responsabilità – Ciascuno è responsabile della propria vita ed in questo senso il paziente è responsabile del suo stesso cambiamento: cliente e psicoterapeuta condividono la responsabilità per il cambiamento che si vuole raggiungere ed ognuno da il proprio contributo verso l’obiettivo. Una metafora di Berne è estremamente efficace nel rendere questo concetto: lo psicoterapeuta ha infatti il compito di dare al suo paziente la “licenza di pesca”, insegnandogli a pescare, piuttosto che procurargli i pesci
  3. Ridecisionalità – Ognuno decide il proprio destino, e queste decisioni possono essere cambiate. In fasi precoci della vitale persone hanno preso inconsapevolmente decisioni che sono sembrate funzionali alla sopravvivenza, ma nel presente della persona adulta non lo sono più. L’Analisi Transazionale riconosce alla persona il potere di cambiare queste decisioni.

Lo psicoterapeuta che segue questo modello teorico per l’ intervento con i suoi pazienti non perde mai di vista queste basi. E le usa per guidare il paziente stesso verso la guarigione, o più in generale, verso un maggiore equilibrio interiore.

“La sofferenza psichica viene vista come un blocco di crescita del potenziale psicofisico dell’essere umano” (Novellino, 2003).

Ecco, Berne sosteneva che il compito della terapia non fosse far fare progressi, ma guarire: “far fare progressi significa far stare meglio i ranocchi, mentre guarire significa togliersi la pelle del ranocchio ed intraprendere nuovamente lo sviluppo interrotto del principe o della principessa”.

La metodologia di intervento dell’analisi transazionale si fonda sulla contrattualità: nella relazione terapeutica, terapeuta e paziente stipulano un “contratto”, ovvero un accordo sugli obiettivi di terapia da raggiungere. “Il paziente viene quindi responsabilizzato dall’inizio a porsi come controparte attiva di un professionista il cui compito non è quello di risolvere i problemi del paziente, bensì quello di aiutare a comprendere come finora si è bloccato dal risolverli da solo.” (Novellino, 1998)

Il nome Analisi Transazionale deriva da “transazione” cioè “scambio”, infatti L’Analisi Transazionale si occupa, tra gli altri aspetti, di come gli individui interagiscono tra di loro.

Le transazioni, secondo Berne, possono far emergere gli elementi più profondi della personalità. Infatti le transazioni che noi abbiamo con gli altri sono lo specchio delle transazioni che facciamo con noi stessi. Gli elementi profondi della personalità secondo l’Analisi Transazionale sono tre “Stati dell’Io”, tra loro relativamente autonomi ma non sempre bene integrati.

Gli stati dell’Io e il copione

Il modello dei tre Stati dell’Io descrive come siamo strutturati dal punto di vista psicologico, ci aiuta a capire il nostro funzionamento e come esprimiamo la nostra personalità attraverso il comportamento. Berne raggruppa gli stati dell’io in tre grossi insiemi: il Genitore, l’Adulto e il Bambino. Ogni stato di personalità si esprime ed entra in relazioni con gli altri.

  • Lo stato “Genitore”è costituito da comportamenti, pensieri ed emozioni “copiati” dai genitori o dalle figure genitoriali. Il Genitore giudica a favore o contro, e può rappresentare un controllo o un sostegno. Quando il Genitore ha un atteggiamento critico è detto Genitore Normativo; quando offre appoggio viene detto Genitore Affettivo.
  • Lo stato “Adulto”è costituito da comportamenti, pensieri ed emozioni che sono una risposta diretta del “qui ed ora”. Rappresenta l’esame di realtà, ovvero pensieri, emozioni e comportamenti coerenti con quello che stiamo vivendo. L’Adulto è la parte della personalità che elabora, come un computer, le informazioni che gli si danno, producendo risposte assolutamente logiche e razionali. La sua funzione principale è quella di aiutare il Bambino a soddisfare bisogni e desideri utilizzando dei metodi razionali e socialmente accettabili.
  • Lo stato “Bambino”è costituito da comportamenti, pensieri ed emozioni riproposti dall’infanzia. Rappresenta quella che possiamo definire la parte più “spontanea” ed emotiva della personalità. Quando siamo nello stato dell’Io Bambino, agiamo come agirebbe il fanciullo della nostra infanzia. Quando il Bambino è affettuoso o scontroso, impulsivo, spontaneo o giocoso, viene detto Bambino Naturale. Quando è pensoso, creativo, ingegnoso è detto il Piccolo Professore. Se ha paura, si sente in colpa o si vergogna è detto Bambino Adattato.

Uno dei concetti più importanti dell’Analisi Transazionale è quello di “Copione“. In sostanza durante l’infanzia decidiamo di tracciare una strada per la nostra vita, che in quel momento rappresenta la scelta più funzionale. Durante la vita adulta riproponiamo quelle strategie dell’infanzia anche quando queste si dimostrano inefficaci e dolorose, come in un’opera teatrale già scritta.

Nel copione c’è dunque ripetitività e Berne ha posto molta attenzione alle situazioni di sofferenza e di disagio che si esprimono attraverso la ripetitività arrivando ad elaborare il concetto di “Gioco psicologico” per mettere in evidenza le modalità relazionali che inconsapevolmente le persone mettono in atto per confermarsi un’idea precostituita su di sé e sugli altri (convinzioni di copione), e quindi più in generale per confermare il proprio copione, per quanto disfunzionale.

Il fine della psicoterapia per Berne è la risoluzione dei problemi del paziente fino al recupero dell’autonomia perduta attraverso la contrattualità e la ridecisionalità. Dalle parole dello stesso Eric Berne:

“L’autonomia si conquista quando si liberano o si recuperano tre capacità: consapevolezza, spontaneità e intimità.

Consapevolezza significa capacità di vedere una caffettiera e di sentire cantare gli uccelli a modo nostro e non come ci è stato insegnato… La consapevolezza esige che si viva presenti, quanto al luogo e al momento, e non altrove, nel passato o nel futuro… La persona consapevole è viva perché sa che cosa prova, sa dove si trova e quale momento vive…

Spontaneità significa scelta, libertà di selezionare ed esprimere uno dei sentimenti disponibili…

Intimità significa franca, immediata espressione di sé”

 A chi è utile la Psicoterapia ad orientamento Analitico-Transazionale?

L’approccio analitico transazionale viene utilizzato nel trattamento di tutti i disturbi psicologici. In particolare è indicata con:

  • Disturbi d’ansia
  • Depressione
  • Disturbi di personalità
  • Disturbi di natura psicosomatica
  • Disturbi del sonno
  • Disturbi legati al controllo degli impulsi
  • Disturbi dell’infanzia e dell’adolescenza
  • Problematiche legate all’autostima
  • Problematiche relazionali (o di coppia)

Quanto dura il trattamento e qual è la sua frequenza?

Non esistono dei tempi uguali per tutti e la durata del trattamento dipende da come terapeuta e suo paziente lavorano insieme, dalla profondità del problema e dal tipo di contratto fatto in sede dei primi colloqui. Detto questo, basandosi sulla suddivisione delle psicoterapie in breve e a lungo termine, l’Analisi Transazionale abbraccia entrambe. Ciò vuol dire che, con questo approccio, è possibile anche raggiungere dei miglioramenti in breve tempo al termine del quale alcuni pazienti decidono di smettere mentre altri decidono di procedere continuando la relazione con il terapeuta, con l’obiettivo di analisi e completa autonomia dal copione di vita.

La Schema-Focused Cognitive Therapy, sviluppata da Young e colleghi (1990-1999), è un modello teorico e un approccio psicoterapeutico innovativo e articolato che combina le tecniche di Terapia Cognitivo Comportamentale, ampiamente dimostrate, con elementi derivati dalla teoria dell’attaccamento, dalla Gestalt, dall’Analisi Transazionale, da terapie interpersonali e psicodinamiche al fine di aiutare i pazienti affetti da problematiche psicologiche radicate.

La Schema Therapy è particolarmente utile nel trattamento di pazienti con difficoltà complesse come i Disturbi di Personalità, in particolar modo il Disturbo Borderline di Personalità. E’ dimostrata, inoltre, la sua efficacia nel trattamento di ansia e depressione cronica, disturbi dell’alimentazione, problemi di coppia, e nella prevenzione delle ricadute del disturbo da uso di sostanze. Alcuni studi evidenziano come vi siano degli effetti positivi anche con pazienti che soffrono di Disturbo Evitante di Personalità e Disturbo Antisociale di Personalità, nonché con patologie psichiatriche definite croniche.

Paragonata alla terapia cognitivo-comportamentale standard, la Schema Therapy attribuisce un maggior valore alle emozioni; enfatizza il rapporto terapeutico tra paziente e terapeuta come veicolo di cambiamento; assegna inoltre maggiore importanza all’analisi dei rapporti primari nell’infanzia come origine delle difficoltà attuali.

Solitamente più a lungo termine rispetto alla terapia cognitiva, la Schema Therapy aiuta a modificare i comportamenti ed il modo in cui le persone si relazionano con le figure significative e con i propri obiettivi di vita.

In questa terapia il focus iniziale è costituito da ciò che la persona che soffre porta nel colloquio con lo psicoterapeuta. Lo psicoterapeuta lavora per indagare quelli che sono i pattern e le problematiche che si ripetono nella vita del paziente partendo dal presente e procedendo all’indietro; si cerca così di capire insieme alla persona cosa è capitato nella sua storia di vita che lo ha portato a stare male e si individuano quindi i bisogni emotivi che non sono stati soddisfatti.

Secondo la Schema Therapy infatti, il benessere psicologico deriva dall’abilità di soddisfare i propri bisogni in modo adattivo.

Tale non soddisfacimento dei bisogni emotivi da bambini costituisce un trauma ripetuto che porta alla formazione di quelli che vengono chiamati “Schemi Maladattivi Precoci” (SMP). Uno schema maladattativo precoce viene definito da Jeffrey Young come: “un tema o un aspetto generale e pervasivo che comprende ricordi, emozioni e cognizioni. É relativo a sé e alle proprie relazioni con gli altri. Insorge durante l’infanzia o l’adolescenza e viene elaborato nel corso della vita”.

Gli schemi maladattivi precoci sono ciò che ci porta a vedere il mondo in un modo specifico facendoci provare emozioni, a volte terribilmente intense. Una volta che il bambino prova emozioni molto negative tende a mettere in atto una serie di comportamenti per cercare di gestire la sofferenza nel tentativo di sfuggire da essa o di ridurla, generalmente tentando di “disattivare” gli schemi stessi.

Tuttavia, pur essendo fonte di sofferenza, gli schemi vengono mantenuti dalla persona in quanto rappresentano il conosciuto, il familiare da cui non ci si vuole distaccare. Ecco che la persona viene attratta da quelle situazioni che rafforzano gli schemi, rendendo difficile non solo il cambiamento ma anche il riconoscimento della loro disfunzionalità.

Gli Schemi tendono a rafforzarsi spesso proprio attraverso i comportamenti che una persona mette in atto e alle reazioni degli altri e del mondo ad essi, nel corso della vita. Gli Schemi risultano quindi  essere delle costanti nella vita di una persona e tenderanno ad attivarsi anche nel presente, magari anche dopo tanti anni quando la persona entra in contatto con situazioni di vita anche vagamente simili. Questo avviene tramite dei complessi meccanismi fisiologici che si attivano in una zona del cervello chiamata amigdala. L’Amigdala è ritenuta essere il luogo dove viene immagazzinata la componente emotiva di un ricordo e si attiva in modo molto forte ogni qualvolta l’individuo si trova in una situazione in cui si potrebbe ripresentare un evento negativo. Questa zona del cervello è fondamentale per la sopravvivenza dell’essere umano ma quando una persona ha formato degli schemi maladattavi essa tende ad attivarsi in modo sempre più generalizzato producendo nell’individuo fortissime emozioni ancora prima che possa capire cosa gli sta capitando. In quell’istante la persona cercherà istintivamente di fare qualcosa per stare meglio ma di solito adotterà dei comportamenti che possono essere di tre tipi -resa, evitamento, contrattacco- e che tenderanno a rafforzare lo schema stesso e quindi incrementeranno la frequenza dell’attivazione dell’amigdala stessa.

In terapia quindi una persona che soffre pensa che tutta la sofferenza che prova sia legata all’evento che sta vivendo nel momento presente e non riesce a comprendere che in realtà il più delle volte l’evento scatenante del presente costituisce solo una “scintilla” ma la “benzina emotiva” è li da quando lei era molto piccola.

È come se la persona fosse imprigionata per una condanna a vita. Non riesce ad uscirne, non riesce a liberarsi da questa condanna. Ha bisogno di aiuto ma spesso non riesce a trovarlo da sola.

Spesso può essere che la persona si ritrovi in situazioni interpersonali molto negative, non riesce ad avere un rapporto “sano” o alle volte si trova in situazioni di solitudine proprio a causa dei propri problemi emotivi. Certe volte possono esserci anche situazioni in cui la persona pensa di essere meglio degli altri e magari li disprezza e questo tendenzialmente fa si che essi si allontanino da lei lasciandola sola. Altre volte un’intensa paura porta ad evitare tutto. Spesso ci può essere una grande sfiducia nel prossimo che costituisce di solito una minaccia. In moltissimi casi la persona si disprezza, tende a criticarsi, a svalutarsi e molte volte a punirsi facendosi del male. In tanti casi può mettere in atto comportamenti impulsivi pentendosene in un secondo momento, criticandosi ancor di più. Una vita terribile che porta molte volte anche a pensieri di “togliersi dal mondo”, di “spegnere la spina”, di arrendersi.

In tanti casi invece prevale un evitamento delle emozioni che porta a non sentire nulla, solo il vuoto dentro, ad evitare la vicinanza con gli altri e a volte anche ad isolarsi. Ed esso, il vuoto, è insopportabile. In alcuni casi la persona cerca di non sentire più il vuoto tagliandosi o facendosi del male.

Nel caso invece la persona disprezzi gli altri, tenderà magari a criticarli di continuo a sentirsi incompreso, sprecato, come se non facesse parte di questo mondo o vivesse in un’epoca sbagliata. Tale comportamento supponente, e lo dico in modo non giudicante, porta purtroppo la persona a fare terra bruciata o a costruire rapporti che difficilmente possono darle l’amore, l’affetto o la vicinanza emotiva di cui ha bisogno.

L’obiettivo della Schema Therapy è proprio quello di trasformare uno schema maladattivo in uno più funzionale e siccome lo schema è un insieme di ricordi, pensieri, emozioni, sensazioni somatiche la correzione consisterà nel diminuire proprio la pervasività e l’intensità di questi. Naturalmente si lavorerà per ottenere anche un cambiamento a livello comportamentale attraverso l’apprendimento di nuove strategie adattive e di stili di coping più funzionali. Attraverso questo triplice lavoro (cognitivo, emotivo e comportamentale) lo schema si andrà via via indebolendo attivandosi di conseguenza sempre meno e sempre con minor intensità. Il lavoro è molto complesso perché gli schemi si sono venuti a formare durante l’infanzia e sono quindi convinzioni molto rigide e radicate su se stessi, gli altri e il mondo; sono, in sostanza, il metro di valutazione della realtà che ognuno di noi quotidianamente usa. Il paziente deve quindi essere pronto ad affrontare questo lavoro con costanza e impegno: Young parla di una vera e propria “dichiarazione di guerra” che paziente e terapeuta muovono insieme allo schema maladattivo. Insieme lavoreranno per imparare a rispondere all’attivazione di questi schemi in modo più funzionale e a sviluppare un’immagine di sè più positiva.

A partire dagli schemi maladattivi si sviluppano dei “mode”, ossia degli stati emotivi a cui si collegano degli aspetti cognitivi e comportamentali. Il paziente oscilla tra i diversi stati emotivi che sono stati raggruppati da Young in quattro categorie:

I Mode del Bambino: bambino vulnerabile, bambino arrabbiato, bambino impulsivo/indisciplinato, bambino felice;

I Mode di Coping Disfunzionale: resa, evitamento, ipercompensazione;

I mode dei Genitori Disfunzionali: genitore punitivo/critico, genitore abusante, genitore richiedente;

Il Mode dell’Adulto Sano: Adulto sano, che si occupa di proteggere e accudire il bambino vulnerabile, porre dei limiti al bambino arricciato e indisciplinato, in accordo con i principi della reciprocità e autodisciplina.

Obiettivo della Schema Therapy, quindi, è insegnare al paziente come rafforzare il mode dell’Adulto sano e dargli più spazio in modo da trovare modalità adattive di soddisfacimento dei propri bisogni più profondi.

Spesso si pensa che “il passato è passato” e che ormai non si possa fare niente. Questo però non è assolutamente vero. Partendo da una buona relazione terapeutica, utilizzando tecniche di role play, tecniche immaginative e comportamentali la persona può, con l’aiuto dello Psicoterapeuta all’interno del contesto della Schema Therapy, cambiare il vissuto legato alle esperienze del passato, le emozioni collegate ai ricordi, e quindi cambiare lei stessa e la propria personalità.

Spesso persone che seguono la Schema Therapy con un Terapeuta formato e certificato affermano di sentirsi finalmente “Adulte”. Si rendono conto che una parte di loro, prima della terapia e nel primo periodo della stessa continuava ad essere sempre quella bambina terrorizzata, o depressa, inconsolabile e sola, quella bambina che nessuno aveva considerato o difeso, amato e nutrito con sane emozioni. Molte di loro riferiscono che, dopo aver seguito il trattamento di Schema Therapy, hanno iniziato a sentire che è come se ci fosse dentro di sé una parte adulta, forte e determinata, che riesce ad entrare in contatto con quella parte bambina e con i suoi bisogni e a prendersene cura come un bravo Genitore o Adulto Sano. Hanno riscoperto dentro di sé ciò che permette loro di vivere una vita finalmente consapevole e serena.

Per informazioni sulla Schema Therapy presso le sedi operative di Mens Sana, è possibile scrivere a info@mens-sana.biz

psicoterapia-di-gruppoLa psicoterapia di gruppo rappresenta un’esperienza ed evoluzione personale ed affettiva condivisa con altri. Offre ai partecipanti l’opportunità di scoprire come funzionano nelle situazioni di gruppo, i ruoli che ricoprono, le aspettative e gli ostacoli che incontrano nel rapporto con gli altri. Attraverso il gruppo si lavora sul singolo, utilizzando gli altri come “specchi”. Offre dunque la possibilità di condividere un problema e di imparare a gestirlo.

Il gruppo è uno spazio sociale che favorisce lo sviluppo delle relazioni fra gli individui che ne fanno parte, facilita la nascita di legami identificativi, la creazione di una cultura e di una affettività comuni.

Nel tempo si elabora – nel gruppo e grazie al gruppo – un’occasione affettiva condivisa: questa elaborazione contribuisce a trasformare la mentalità del gruppo verso forme di pensiero, di affettività e modalità di relazione più evolute. Tali risorse sviluppate dal gruppo e dalle sue facoltà di elaborazione condivisa tendono a stabilizzarsi e ad essere interiorizzate come un insieme organizzante di funzioni psichiche a carattere sociale e, soprattutto, affettivo.

Nel percorso di terapia di gruppo, possono attivarsi dinamiche potentemente regressive, di fuga, resistenze, che – tuttavia – se affrontate e gestite, offrono ai pazienti la possibilità di evidenziare e superare anche le loro paure più primitive. Queste dinamiche, fisiologiche in un percorso di terapia di gruppo, quando si sviluppano, mettono in luce la comparsa delle resistenze in funzione di un nucleo conflittuale che è stato “toccato”, quindi evidenziano il progredire del percorso terapeutico e di gestione dei nuclei critici individuali.

Nella psicoterapia di gruppo i terapeuti sono generalmente due ed i pazienti possono essere seduti in cerchio, oppure muoversi in spazi più o meno strutturati, per eseguire esercizi di diverso genere.

Questo tipo di terapia è rivolta a tutti coloro che, riconoscendosi un disagio psicologico, vogliono sperimentare un percorso risolutivo utilizzando la psicoterapia di gruppo.

La Responsabile di questo servizio, per Mens Sana, è la Dr.ssa Ilaria Desimone.

Per maggiori informazioni o semplicemente per un consiglio potete inviare una email a info@mens-sana.biz.
Per fissare un primo incontro potete telefonare allo 06 8339 0682.

famigliaL’intervento familiare per la cura della schizofrenia è raccomandato dalla gran parte delle linee guida dei paesi occidentali

L’intervento familiare aiuta le persone che hanno una diagnosi di schizofrenia a migliorare la loro condizione psichica e può essere molto utile per il benessere dei loro parenti. Mens Sana raccomanda almeno 10 sessioni di intervento familiare per le persone affette da schizofrenia che sono in contatto con le loro famiglie.

Almeno negli ultimi tre decenni, le ricerche hanno dimostrato che l’intervento sulla famiglia riduce la probabilità di ricaduta e di ricovero.

Durante le sessioni di terapia familirare, il paziente è incoraggiatoa parlare con i suoi familiari e spiegare loro i suoi sentimenti e le sue necessità.

L’intervento familiare in grado di migliorare le relazioni all’interno del nucleo familiare, perché i terapeuti che conducono le sessioni incoraggiano i membri della famiglia ad ascoltare l’altro e a discutere apertamente dei problemi e negoziare insieme le soluzioni possibili.

I terapeuti familiari si assicurano che i parenti abbiano tutte le informazioni di cui hanno bisogno sulla schizofrenia, in modo che possano capire meglio i sintomi che possono influenzare il comportamento del proprio parente. Ad esempio, le persone che hanno ricevuto una diagnosi di schizofrenia a volte parlano da soli: questo può succedere perchè tentano di rispondere alle voci che stanno ascoltando.

Sostenere una persona affetta da schizofrenia può essere un lavoro stressante e i familiari si sentono comprensibilmente ansiosi e preoccupati. Essi possono anche provare vergogna, isolamento ed essere respinti a causa dello stigma associato alla malattia mentale. I terapeuti familiari possono aiutarli a capire che le risposte emotive che hanno sono normali. L’intervento familiare aiuta le famiglie, queste imparano a reagire ai sentimenti di frustrazione e sconfitta e a capire che le cose possono migliorare.

Nei nostri centri i terapeuti familiari assistono i nuclei familiari di pazienti affetti da schizofrenia, secondo la nostra concezione di assistenza globale per la salute mentale.

Per maggiori informazioni o semplicemente per un consiglio potete inviare una email a info@mens-sana.biz.
Per fissare un primo incontro potete telefonare allo 06 8339 0682.

famigliaCos’è la Psicoterapia Sistemico Relazionale?

Il modello Sistemico Relazionale nasce dalla sinergia di diversi gruppi di ricercatori europei ed americani che, differenziandosi dal comune modo di intendere i processi di funzionamento mentale (limitato alle dinamiche psicologiche interne del singolo individuo), scoprirono come le modalità di comunicazione interpersonale potessero sia creare che risolvere i problemi tra persone.

Un individuo infatti, non è “un qualcosa” di artificialmente isolato dal suo contesto, ma un essere vivente in relazione al proprio ambiente di vita con il quale non può non interagire. Dal punto di vista psicologico, un Sistema è un insieme di persone in relazione tra loro e unite da legami affettivi.

Questo approccio, quindi, focalizza l’attenzione e l’intervento sull’intero sistema in cui l’individuo vive (coppia, famiglia, ambiente sociale). Ogni sistema è un “sistema vivente” organizzato secondo regole, ruoli e funzioni che determinano le interazioni e gli interscambi comunicativi sia al suo interno che verso l’esterno.

Così come ogni singolo individuo sviluppa le proprie risorse attraverso un preciso percorso evolutivo, allo stesso tempo anche le relazioni tra persone si evolvono all’interno di un sistema, attraversando delle tappe fisiologiche specifiche, dei momenti durante i quali è necessaria una riorganizzazione, una rinegoziazione tra le persone che ne fanno parte e una lettura diversa del proprio e altrui comportamento: è il caso di ogni individuo che sperimenta un disagio personale che lo mette in difficoltà nel modo di rapportarsi a se stesso o al mondo esterno, è il caso delle famiglie, delle coppie, come anche dei gruppi nell’ambiente di lavoro o dei gruppi di amici in cui siano presenti legami significativi.

Per farsi un’idea, basti pensare ai cambiamenti che emergono in famiglia, nel rapporto tra genitori e figli, quando questi ultimi entrano nella fase adolescenziale: le difficoltà, in questa fase del ciclo vitale della famiglia, potrebbero generare malessere tanto nei figli quanto nei genitori, ma questo può essere evitato: bisogna ricontrattare le  regole della relazione,  alla luce della nuova fase del ciclo vitale a cui si va incontro.

Anche la coppia, in quanto relazione tra due persone, ha un proprio ciclo vitale. L’innamoramento, la convivenza, come  anche la fase riguardante la scelta del matrimonio, o la nascita dei figli, costituiscono passi importanti nella vita di due persone, scelte che spesso possono essere vissute in modo problematico, con dubbi,  incertezze o veri e propri imprevisti che sconvolgono il precedente equilibrio.

La vecchiaia è un periodo della vita in cui spesso si presentano delle difficoltà sia da parte di chi invecchia sia da parte di coloro che assistono i propri cari. Sono sempre più frequenti disturbi di tipo ansioso-depressivo legati a questa delicata tappa di vita, sia in chi la vive in prima persona, sia in chi teme l’invecchiamento di un proprio caro per paura della solitudine. In questi casi la terapia sistemico-relazionale offre la possibilità di nuovi confronti, chiarimenti, scambi tra genitori e figli o tra due partner che invecchiano insieme.

La psicoterapia sistemico relazionale permette un’elaborazione profonda e una visuale più completa delle molteplici  difficoltà che gli esseri umani affrontano nell’arco naturale del proprio ciclo di vita, mira alla valorizzazione delle competenze personali e relazionali dei singoli componenti della famiglia, delle risorse presenti e rintracciabili nel contesto di vita attuale e punta all’elaborazione di una comunicazione interpersonale più efficace e più funzionale.

Quando è indicata?

Queste terapie sono indicate in particolare per:

  • Problemi di coppia o familiari che dipendono da un componente della famiglia con un disturbo psichico (come affrontare la malattia, come aiutare tutti i membri della famiglia ad affrontarla, come eliminare o correggere quei comportamenti che alimentano o peggiorano certi sintomi);
  • Comportam enti problematici di adolescenti che preoccupano tutta la famiglia;
  • Problemi di relazione all’interno della coppia/famiglia;
  • Sintomi psichici o psicosomatici di uno dei coniugi, che iniziano col matrimonio o con l’arrivo di un figlio o quando i figli lasciano la casa.

Presso i nostri centri è sempre presente uno psicoterapeuta sistemico relazionale, che collabora con l’equipe terapeutica dei pazienti o che affronta assieme a coppie, genitori o singoli individui il disagio psichico.

Per maggiori informazioni o semplicemente per un consiglio potete inviare una email a info@mens-sana.biz.
Per fissare un primo incontro potete telefonare allo 06 8339 0682.

“Quando le persone sono accettate e valorizzate, esse tendono a sviluppare un atteggiamento di mag­gior cura verso se stesse. Quando le persone sono ascoltate empaticamente, diventa loro possibile prestare un ascolto più accurato al flusso delle esperienze interiori. Ma via via che una persona com­prende se stessa, il Sé diventa più congruente con l’esperire. La persona diventa in tal modo più autentica, più genuina. Queste tendenze, che sono il corrispettivo degli atteggiamenti del terapista, consentono all’individuo di essere un promotore più efficace della propria crescita. C’è una libertà più grande nell’essere una persona vera, totale.”
Carl Rogers

L’Approccio Centrato sulla Persona si basa sul pensiero di Carl Rogers, secondo cui ogni persona è naturalmente dotata di una funzione di valutazione interna, “organismica”, che permette di autoregolarsi e di attualizzarsi. Tale funzione viene in varie forme limitata e “tradita”, seppur inconsapevolmente, dalla persona stessa nel corso del proprio processo di sviluppo che, nel tentativo di conquistare e mantenere la considerazione positiva delle persone significative, può giungere a negare o deformare la percezione di alcune aree della propria esperienza ed assumere un criterio di valutazione esterno, appartenente ad altri.

Il processo di difesa dell’io dagli elementi dell’esperienza che vengono valutati come minacciosi, produce effetti negativi sul benessere della persona: rigidità percettiva, causata dalla necessità di deformare alcuni dati esperienziali; assenza parziale o incapacità di discriminare percettivamente e simbolizzare correttamente l’esperienza, causata sia dalla distorsione che dall’omissione di alcuni elementi della stessa.

L’obiettivo del processo terapeutico è quello di consentire alla persona di riappropriarsi della propria capacità di valutazione interna e del proprio potere personale, favorendo lo sviluppo di congruenza e migliorandone il funzionamento globale. Il lavoro di supporto e di accompagnamento della persona, ha come obiettivo quello di aiutarla a ricontattare le proprie risorse interne riappropriandosi di gradi maggiori di libertà di scelta e di azione.

Il terapeuta rogersiano persegue questo obiettivo creando un ‘clima facilitante’ sostenuto dalla presenza della propria congruenza e capacità empatica e dall’ accettazione positiva incondizionata dell’altro.

Presso le nostre sedi operano terapeuti rogersiani. Per maggiori informazioni manda una e-mail a info@mens-sana.biz