Gentile dott.ssa Grossi, sono un’insegnante della scuola media. Ho letto con interesse che lei si occupa anche dei disturbi della condotta. Come può immaginare io, come altri miei colleghi, ci troviamo a dover affrontare ogni giorno comportamenti ribelli e oppositivi dei nostri ragazzi. Talvolta mi sento sconcertata e non so davvero come affrontare la situazione. Potrebbe fornirci delle indicazioni al riguardo? (Lettera non firmata)
I disturbi della condotta, cosa sono?
Intanto facciamo un po’ di chiarezza. Sono quei comportamenti oppositivi, ripetitivi e persistenti in cui il ragazzo in questione va in collera e litiga spesso con gli adulti, è arrabbiato e rancoroso, dispettoso e vendicativo, spesso sfida attivamente e rifiuta di rispettare le richieste e le regole, spesso irrita e accusa gli altri, sono ragazzi che hanno relazioni disturbate anche con i coetanei. Se da un lato questi comportamenti possono far parte della crescita dei nostri ragazzi dall’altro diventano problema quando sono socialmente inaccettabili risultando non tollerabili né in famiglia né tantomeno a scuola. Provocano inevitabilmente nell’adulto un senso di impotenza, paura, rabbia, malumore e incomprensione. Partiamo intanto dal presupposto che in questo modo i ragazzi ci comunicano il loro malessere, il loro disagio, i propri bisogni. È come se conoscessero solo quella modalità inadeguata per comunicarlo al mondo. Talvolta l’adulto crede che con le punizioni, per esempio, si possa risolvere il problema non rendendosi conto che è una soluzione breve e apparente ma che non porta assolutamente all’estinzione del disagio.
E allora… che fare? Come comportarsi? Questi comportamenti possono essere affrontati attraverso la costruzione di alleanze psicoeducative con i genitori e tutti coloro che si prendono cura dei ragazzi, quindi ovviamente anche con voi insegnanti. Significa in generale allearsi innanzitutto con la persona, per comprendere il significato del suo comportamento; allearsi con i suoi bisogni, espressi sicuramente in modo problematico; allearsi con coloro che si occupano del ragazzo in modo che si abbia la stessa versione del problema e si possano mettere a punto gli stessi obiettivi e lavorare quindi ad una strategia comune. Esistono inoltre, strumenti e tecniche cognitive-comportamentali da fornire al ragazzo e all’adulto, che sono piuttosto efficaci e scientificamente provate, per affrontare, in concreto, problematiche complesse e spesso di difficile gestione. Un esempio per tutti, guardare in positivo. Imparare a sottolineare e rinforzare i comportamenti positivi dei nostri ragazzi, non quelli negativi!!! e le punizioni? Non dico che non siano efficaci ma vanno date con criterio. Talvolta c’è il rischio che le punizioni abbiano più effetti negativi sui genitori/adulti che non sui ragazzi. Devono essere immediate, leggere e di breve durata; non bisogna dare le punizioni quando l’adulto è arrabbiato perché non è una vendetta! ma l’essere calmi e razionale darà ai vostri ragazzi una lezione sul comportamento molto più efficace. Magari provate a pensarci prima, costruendo un elenco delle punizioni da mettere in atto nei momenti opportuni; non punite i vostri ragazzi con attività che desiderate incoraggiare (per esempio fare i compiti) perché gli insegnate che quell’attività è un castigo. Queste e altre tecniche possono aiutare noi adulti a gestire e, alla meglio a risolvere i fastidiosi “NO” dei nostri ragazzi.
Dr.sa Irene Grossi, psicologa dell’età evolutiva e professionista di Mens Sana