ticketLa finanziaria 2011 ha introdotto gli aumenti del ticket sull’assistenza medica specialistica, ma, a oggi, questo provvedimento sembra aver fallito l’obiettivo. Avrebbe dovuto ricompensare il Sistema Sanitario Nazionale con 830 milioni di euro, ma le stime dicono che complessivamente dovrebbe aver prodotto un gettito di soli 244. Nel Veneto, tra il 2011 e il 2012, si è registrata addirittura una riduzione delle somme provenienti dai ticket sanitari.

I dati vengono da uno studio condotto dall’Agenas, nell’ambito del progetto “Rete di monitoraggio dei livelli essenziali tempestiva”, presentati a Maggio da Giovanni Bissoni, presidente dell’Agenzia, Fulvio Moirano, direttore dell’Agenas, e Cesare Cislaghi, che ha curato l’indagine.

“Questo lavoro mostra come la riduzione di finanziamenti di ulteriori due miliardi dal gennaio 2014, prevista dalla stessa finanziaria 2011, sia insostenibile per il sistema” ha dichiarato Giovanni Bissoni. “Non sta a me dare soluzioni, ma non affrontare questa scadenza imminente è un fatto grave, anche perché l’impatto dei ticket su chi li paga è più pesante dell’Imu o dell’Iva, che stanno avendo tanta attenzione”.

L’introduzione del superticket avrebbe prodotto insomma solo effetti negativi. I cittadini non esenti hanno richiesto al Ssn il 17,1% in meno di prestazioni specialistiche, rivolgendosi direttamente ai privati, che con gli aumenti della sanità pubblica hanno ormai prezzi concorrenziali. Altre persone però hanno deciso di rinunciare alle prestazioni per motivi economici.

La riduzione delle prestazioni danneggia due volte il Sistema Sanitario Nazionale, che ha realizzato entrate al di sotto delle aspettative, ma con costi fissi inalterati.
Illustrando i dati sull’applicazione dei ticket a livello regionale, Fulvio Moirano ha sottolineato come “alcune differenze tra Regioni nel gettito da ticket sono riconducibili alle diverse scelte compiute nell’applicazione delle norme sulla compartecipazione, sia come importi che come fasce di esenzione”. Proprio per questo, ha aggiunto, “riteniamo di dover approfondire questo tema attraverso la nostra attività di ricerca”.

I dati del progetto sono quelli forniti volontariamente ad Agenas da alcune Regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Lazio Campania e Sicilia) e corrispondono dunque all’80% della popolazione italiana, riportati poi ad una dimensione nazionale attraverso stime affidabili.
In particolare, lo studio illustrato ha messo a confronto i dati sui ticket per la specialistica (clinica, diagnostica e laboratorio) tra il primo semestre 2011 e il primo semestre 2012, quando è entrato in vigore il superticket.  In media si è registrata una diminuzione delle prestazioni erogate a carico del Ssn dell’8,5%, distribuita su tutte le aree ma più marcata per gli esami di laboratorio. Questa riduzione è inoltre più rilevante nelle strutture private accreditate (-11,8%) che nelle strutture pubbliche (-7,6%), mentre nella fascia di popolazione che non ha esenzioni né per reddito né per patologie (che corrisponde alla metà circa di coloro che fanno ricorso alle prestazioni specialistiche) ha raggiunto il 17,2%.

Trattandosi di percentuali rilevanti, non giustificabili sotto il profilo epidemiologico, questo vuol dire che una parte di cittadini, visti i maggiori costi delle prestazioni pubbliche, ha deciso di non richiederle o rinunciandovi del tutto o acquistandole dalle strutture private.
Di conseguenza, tra il 2011 e il 2012, malgrado l’introduzione del superticket gli introiti derivanti dalla compartecipazione dei cittadini al Ssn, secondo le stime di questo studio sono cresciuti solo di 244 mln, una cifra ben lontana da quella ipotizzata, che era di 830 mln.
Ancora una volta la gestione della Sanità pubblica mostra tutta la sua inefficienza. Chiaramente nessun Dirigente del Ministero è stato chiamato per dare spiegazioni. Anche l’attuale Ministro della Salute ha preso un impegno generico per “rivedere il Sistema Sanitario”, frase pronunciata pressochè da tutti i Ministri a pochi giorni dal loro insediamento. A pagare, come sempre, sono i cittadini.