L’approccio terapeutico ai pazienti dipendenti da sostanze oppiacee è spesso complesso a causa della scarsa richiesta di cure da parte di questi soggetti, una scarsa aderenza al trattamento e frequenti ricadute. L’antagonista degli oppioidi naltrexone si rivela una nuova possibilità, distinta dalla terapia di mantenimento con agonisti degli oppioidi: in aggiunta al trattamento psicosociale, potrebbe migliorare l’accettabilità della farmacoterapia contro la dipendenza e rappresentare un’utile opzione per molti pazienti. Questa tesi è il risultato di uno studio randomizzato in doppio cieco contro placebo condotto in Russia da un gruppo di lavoro coordinato da Evgeny Krupitsky, dell’università statale medica Pavlov di San Pietroburgo. La ricerca, durata 24 settimane, ha coinvolto 13 centri clinici russi in cui si sono recati 250 pazienti over 18 in fase di disintossicazione. In modo random, i pazienti sono stati sottoposti all’assunzione di 380 mg di naltrexone (n=126) oppure placebo (n=124), in aggiunta a 12 sessioni bisettimanali di counselling. Endpoint primario è stata l’astinenza, comprovata da test delle urine e dichiarazioni del paziente, durante le settimane 5-24; endpoint secondari: i giorni liberi da oppioidi auto-riportati, il punteggio di desiderio di sostanze, il numero di giorni di mantenimento e la ricaduta nella dipendenza psicologica da sostanze. La proporzione mediana di settimane senza assunzione di sostanze è stata del 90,0% nel gruppo naltrexone rispetto a 35% nel gruppo placebo. I soggetti nel gruppo naltrexone hanno dichiarato una mediana di 99,2% di giorni liberi da sostanze rispetto al 60,4% del gruppo placebo. Per quanto riguarda la variazione nel desiderio di sostanze, si è assestato in un punteggio medio di -10,1 nel gruppo naltrexone e di +0,7 nel gruppo placebo. Il numero mediano di giorni di mantenimento è stato di 168 nel gruppo naltrexone rispetto ai 96 in quello placebo. Nel complesso, naltrexone è stato ben tollerato e non ha causato decessi, fenomeni di overdose e sospensione del trattamento per gravi eventi collaterali.

Lancet, 2011; 377(9776):1506-13