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Il Disturbo dello Spettro Autistico viene diagnosticato in Italia ad 1 bambino su 100, e ad oggi è ancora un ramo nel quale si pecca di disinformazione.

Come afferma Oliver Sacks, nella sua prefazione al libro “Pensare in Immagini” di Temple Grandin (2006), la parola “autismo” incute ancora parecchio timore, suscitando l’immagine di un bimbo muto, intento a dondolarsi, che grida e resta inaccessibile al contatto umano.
In realtà, in poche categorie diagnostiche si trova una eterogeneità pari a quella dello spettro autistico, che permette di fare facilmente propria l’affermazione “se hai conosciuto un bambino con autismo, hai conosciuto un bambino con autismo”.

Quando la famiglia ottiene la drammatica diagnosi, diventa fondamentale scegliere il tipo di trattamento da intraprendere per garantire una risposta adeguata ai bisogni terapeutici del bambino, ma soprattutto per migliorare la qualità di vita del bambino stesso e della famiglia.

Le tipologie di intervento per i Disturbi dello Spettro Autistico si inseriscono in un’ampia gamma di interventi riabilitativi, ciascuno focalizzato su un aspetto deficitario e considerato primario del disturbo. Per orientare cittadini e professionisti sulle terapie efficaci e metterli in guardia su quelle illusorie e pericolose, l’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato le Linee Guida n. 21, importante rassegna della letteratura internazionale più recente. Tra i programmi intensivi comportamentali, il più studiato è proprio l’analisi comportamentale applicata (Applied Behavior Analysis – ABA). Gli studi sostengono una sua efficacia nel migliorare le abilità intellettive (QI), il linguaggio e i comportamenti adattativi nei bambini con disturbi dello spettro autistico, e per tale motivo le Linee Guida raccomandano tale intervento.

L’ABA non nasce come intervento specifico per l’autismo e non può esser considerata un metodo, quanto piuttosto l’applicazione sistematica dei principi comportamentali di base, con tecniche e procedure derivate da più di trent’anni di ricerca che hanno portato a questo modello di intervento (degli Espinosa 2012).

ABA è l’acronimo di Applied Behavior Analysis, cioè Analisi del Comportamento Applicata, di cui è il ramo applicativo. L’analisi comportamentale è la scienza del comportamento umano; è applicata in quanto opera e usa i principi comportamentali di base su comportamenti che sono socialmente significativi per l’individuo. Le origini di questa scienza sono da rintracciare nel comportamentismo che nasce quando, nel 1903, Ivan Pavlov dimostra come sia possibile apportare in un organismo delle modificazioni fisiologiche e comportamentali tramite l’associazione di stimoli ambientali (il condizionamento classico).

Le fondamenta dell’ABA però (il cui termine verrà coniato solo nel 1968 da Baer, Wolf e Risley per indicare interventi della psicologia comportamentale), vanno cercate nelle ricerche di B.F. Skinner, che nel suo libro The Behavior of Organism (1938) descriveva il “condizionamento operante”, processo in cui l’apprendimento avviene come risultato delle conseguenze del comportamento;è questo il cuore dell’analisi comportamentale: comprendere la relazione funzionale di un comportamento, ovvero la relazione esistente tra quel comportamento e le conseguenze ambientali che produce, e ha come oggetto di studio la funzione – cioè lo scopo – sottostante il comportamento stesso.

Alla base dell’intervento ABA,  vi è la contingenza a tre termini, note anche come ABC, dove A sta per antecedente (Antecedent), ovvero l’evento che segnala quando un comportamento sarà seguito da una conseguenza, la  B sta per comportamento (Behavior) ovvero la risposta all’antecedente, e C per la conseguenza (Consequence), lo stimolo che andrà a rinforzare un dato comportamento. Altro principio fondamentale, che potremmo inserire ancor prima della A, è la motivazione, che porta a mettere in atto un dato comportamento.
Un altro principio alla base dell’intervento è quello di rinforzo, ovvero le conseguenze che aumentano la probabilità della futura emissione di quel comportamento e, al polo opposto, le punizioni,  conseguenze che diminuiscono la possibilità della futura emissione di quel comportamento. Rinforzo e punizione possono essere positivi (quando si presenta un evento in modo contingente al comportamento) o negativi (quando si rimuove uno stimolo in seguito al comportamento).

L’intervento ABA dovrebbe essere intensivo, di almeno 30 ore settimanali; prevede sessioni di lavoro strutturato (ITT- Intensive  Trial Teaching) in cui si lavora sull’incremento intellettivo, e competenze accademiche, e il setting NET (Natural Environment Training), in cui si lavora nell’ambiente naturale, arricchito di materiale motivante, e in cui si può generalizzare le competenze e insegnarne di nuove. Il contesto di NET è quello in cui si può maggiormente insegnare al bambino a richiedere, insegnandogli quindi la comunicazione (che è uno degli aspetti deficitari della diagnosi) e la condivisione, il gioco ed altre competenze sociali.

Per quanto riguarda il linguaggio e la comunicazione, l’intervento ABA si focalizza sull’insegnamento di quello che Skinner nel 1957 ha definito Operanti Verbali (dover per verbale non si intende “vocale”, ma che necessita della mediazione di un’altra persona).  Ad esempio, se ho sete posso prendere da me un bicchiere d’acqua, ma posso anche chiederlo a qualcuno, impegnandomi in un comportamento che indurrà quella persona a portarmi dell’acqua. Questo mio comportamento è però efficace solo se c’è la mediazione di un altro. Gli operanti verbali definiti da Skinner sono quattro: il MAND, che potremmo semplificare come richiesta (ad esempio, ho sete , dico “vorrei dell’acqua” e la ottengo); il TACT, che potremmo identificare come l’etichettamento di qualcosa che viene a contatto con i nostri sensi (ad esempio, vedo un bel tramonto e dico “che bel tramonto che c’è!” e la persona che sta con me risponderà di conseguenza); l’ECOICO, che è la ripetizione punto per punto di quel che l’altro dice; e l’INTRAVERBALE, necessario per la comunicazione più avanzata, in cui lo stimolo per la risposta sono gli enunciati dell’altro (ad esempio, qualcuno mi chiede dove sono stato ieri, e io rispondo dando inizio alla conversazione).

Nell’intervento ABA gli operanti vengono insegnati al bambino, insieme alle abilità necessarie che permettono a un individuo di esser parte della comunità: le autonomie personali, le abilità grosso e fino motorie, abilità sociali e comunicative, accademiche e cognitive. Iniziare un intervento al di sotto dei 5 anni  offre più possibilità di migliorare al bambino, che non può apprendere dal suo ambiente naturale come normalmente avviene, e che quindi necessita di un insegnamento mirato e preciso. Infatti, prima il bambino inizia l’intervento, maggiori sono le sue possibilità di migliorare e apprendere.

Di Giuditta Di Filippo – Tirocinante di Mens Sana