farmaci LSD, marijuana, ecstasy, psilocibina potrebbero segnare nuovi percorsi di terapia per le malattie mentali. La rivista “Scientific American” di Febbraio, lancia un monito all’opinione pubblica, invitandola a non condannare senza appello alcune droghe, perché la ricerca su depressione, autismo o schizofrenia è arrivata ad un punto morto con gli attuali filoni di ricerca.

In Italia  la prevalenza lungo il corso della vita di tutti i disturbi mentali nella popolazione generale è superiore al 18%, il che significa che c’è un bisogno urgente di fornire risposte innovative. Questa necessità, però, si scontra con norme molto restrittive, che dichiarano off-limits tutte le droghe d’abuso, impedendo così di utilizzarle in contesti di ricerca.

Eppure a metà degli anni ’60 l’LSD fu sperimentata per rendere più efficace la psicoterapia, mentre nella decade successiva lo stesso ruolo veniva attribuito alla MDMA (ecstasy). La marijuana è l’unica droga illegale in parte sdoganata, per scopi medici, ma non utilizzabile in ambito di ricerca. Il no inderogabile all’impiego delle droghe nei laboratori di ricerca risale agli anni ’70, quando una legge americana eliminò tutti gli studi sostenendo che queste sostanze ‘al momento non avevano alcun impiego medico riconosciuto’ ed esiliandole nella lista delle sostanze illegali. Con il tempo, tre trattati delle Nazioni Unite hanno esteso il loro esilio praticamente a tutto il resto del mondo.

Bandire queste droghe da laboratori e trial clinici ha impedito di fatto alla ricerca di proseguire il suo corso e anche di conoscere più approfonitamente gli effetti di queste sostanze sull’organismo.

Le domande irrisolte sono molte: l’ecstasy potrebbe aiutare a superare il disturbo da stress post-traumatico intrattabile? LSD e psilocibina potrebbero essere impiegate nel trattamento della cefalea a grappolo? Le droghe psichedeliche potrebbero aiutare a scoprire nuovi recettori in aree critiche per il controllo della depressione e della schizofrenia? La marijuana potrebbe essere utile nei ragazzi con ADHD o nelle apnee da sonno e nella sclerosi multipla?

La richiesta che viene da Scientific American è dunque quella di liberare queste droghe per scopi di ricerca e permettere così di testarle all’interno di trial clinici controllati, riducendo le lungaggini burocratiche e gli infiniti tempi di approvazione dei comitati etici. Serve ridare impulso alla ricerca di trattamenti psichiatrici, stagnante da troppo tempo, e tutte le vie devono essere battute.