morra_cineseUtilizzando un versione computerizzata del gioco “sasso, carta, forbici”, i ricercatori stanno cercando di capire il meccanismo che sta dietro la formazione di deliri nei pazienti con schizofrenia.

Lo studio è stato pubblicato questo mese e mostra che, a differenza delle persone sane, i pazienti con schizofrenia sono, sì, in grado di utilizzare la loro esperienza per guidare il loro processo decisionale, ma nonostante questo, sono più sicuri nelle loro decisioni, spingendosi ad una maggiore probabilità di mantenere credenze erronee , come avviene nei deliri paranoidi.

Le persone con schizofrenia sperimentano frequentemente convinzioni deliranti profondamente radicate, che sono in contrasto con il loro contesto culturale , impossibili da sfidare e sono uno dei sintomi più angoscianti della loro malattia. Queste credenze sono derivate da informazioni raccolte attraverso le interazioni e le esperienze con il mondo , ma per qualche ragione , queste esperienze sono interpretate e integrate in un sistema di credenze che è contrario alle norme in vigore e anche in presenza di prove contraddittorie chiare, sono incrollabili.

Ad oggi, vi è stata poca ricerca sul modo in cui le credenze si formano giorno dopo giorno, momento per momento nelle interazioni con l’ambiente. In questo studio, 27 persone con una diagnosi di schizofrenia e un gruppo di controllo di 33 persone sane hanno giocato ad una simulazione di gioco “Sasso, carta, forbici” contro un avversario immaginario computerizzato. L’avversario favorisce una scelta rispetto alle altre, con la decisione casuale occasionale. Durante i giochi, i partecipanti erano tenuti a svolgere il gioco sotto pressione, in tempo ridotto, cercando di individuare la strategia favorita dell’avversario. I partecipanti hanno inoltre dovuto dichiarare in qualsiasi punto del gioco quando si sentivano sicuri di aver trovato la strategia vincente.
Immaginate un gioco di forbici carta sasso, o anche detta “Morra cinese” dove si sta giocando contro qualcuno che gioca costantemente Sasso, dopo un paio di volte, probabilmente deciderete di giocare Carta più e più volte. E vincerete. Quindi il vostro avversario giocherà forbici. I controlli sani generalmente utilizzano questo evento casuale e continuano a giocare la loro mossa iniziale, che per esperienza, li ha aiutati a vincere. I partecipanti con schizofrenia tuttavia, attribuscono molta più importanza a questi eventi casuali  e non sono in grado di integrare la loro esperienza in modo significativo.

Lo studio ha trovato differenze nel modo in cui persone con schizofrenia usano le prove esistenti a sostegno di una credenza nella strategia dell’avversario. Le persone con schizofrenia sono state oltremodo fiduciose nelle loro credenze e hanno attribuito importanza ad eventi casuali che altri hanno ritenuto insignificanti, con la conseguente convinzione inaffidabile circa il modo migliore per vincere al gioco. Nonostante questo, le persone con schizofrenia erano molto più propense a dichiarare presto nei giochi di aver trovato la strategia vincente.

La ricerca , che utilizza modelli di calcolo per analizzare il comportamento delle persone può spiegare come si formano le convinzioni deliranti, e come, anche con queste convinzioni deteriorate in atto, la cosiddetta fiducia ‘ metacognitiva’ in queste credenze sia superiore nonostante non giustificata da elementi oggettivi presenti nel mondo.

La cosa interessante di questo lavoro è che c’è molto poco nella ricerca scientifca che esamini la reale interazione diretta tra le persone affette da malattie psicotiche e aspetti della vita quotidiana – e tanto meno che utilizzi l’analisi computazionale comportamentale  per stabilire previsioni matematiche su come il comportamento è diverso da quello delle persone sane. Questo mostra che i pazienti con schizofrenia non sono in grado di utilizzare la loro esperienza per guidare il loro processo decisionale, come le persone sane, ma nonostante questo, risultano ancora più sicuri nelle decisioni che fanno. Ciò porta ad una maggiore probabilità di mantenere credenze erronee, come nella paranoia.

cervello binarioIl cervello delle donne con bulimia risponde in modo diverso di quello delle donne senza bulimia quando vengono loro mostrate immagini di donne magre. Entrambi i gruppi hanno risposto in modo simile alle immagini raffiguranti cibo, secondo uno studio condotto da ricercatori presso l’Istituto di Psichitria del King’s College di Londra.

Il lavoro suggerisce che i trattamenti per la bulimia dovrebbero avere un forte accento sull’immagine di sé piuttosto che esclusivamente o principalmente sui problemi con il cibo. I processi neurali alla base bulimia che sono collegati con i sintomi chiave delle abbuffate, delle condotte di eliminazione e dell’immagine corporea alterata sono capiti male. Nel tentativo di aumentare la conoscenza di questo tipi di comportamenti, i ricercatori hanno studiato gli schemi cerebrali in un gruppo di 21 donne con bulimia e 23 donne senza tael disturbo. Hanno trovato che le risposte del cervello tra i due gruppi differivano solo quando erano mostrate immagini di donne magre.

Per studiare la differenza negli schemi cerebrali delle donne sono state usate scansioni di risonanza magnetica funzionale. Mentre venivano eseguite queste scansioni alle donne sono state mostrate immagini che includevano cibo appetitoso, donne magre, immagini di controllo neutre e anche una croce ner , che ha fornito un segnale di riferimento. Prima di essere mostrate queste immagini, alle partecipanti dello studio sono state date istruzioni quali “immaginate di mangiare questo cibo” e “confrontate il vostro corpo con i corpi nelle immagini”.

Confrontando queste scansioni cerebrali, i ricercatori hanno scoperto che la parte del cervello interessata con l’auto-riflessione era più attiva nelle donne con bulimia quando venivano mostrate immagini di donne esili, di quanto non fosse nelle donne sane. Al contrario, quando erano mostrate immagini di cibo non vi erano differenze marcate tra i due gruppi di donne. Entrambe le immagini di donne magre e le immagini di cibo determinavano un aumento di ansia nelle donne con bulimia.

La Bulimia nervosa è una condizione molto fraintesa e spesso banalizzata perché i suoi sintomi principali di eccesso di introduzione di cibo, vomito e preoccupazione per il proprio corpo suscitano giudizi moralistici da parte degli altri, compresi i professionisti della salute. I risultati parlano della estrema paura che i malati hanno di non essere accettabili per gli altri e il loro bisogno ossessivo di confrontarsi con gli altri, soprattutto in relazione al loro aspetto.

I risultati supportano l’idea che la psicoterapia per la bulimia nervosa dovrebbe avere una particolare attenzione sull’immagine del corpo e non concentrarsi esclusivamente sul cibo, sul mangiare e questioni connesse. Attualmente il trattamento di scelta per la bulimia è la terapia cognitivo-comportamentale. I ricercatori suggeriscono che i loro risultati potrebbero anche essere utilizzati per sviluppare altri trattamenti clinici o migliorare quelli esistenti, ad esempio sulla base di neuromodulazione, che possano contrastare i pattern di attivazione cerebrale evidenziati in questo studio.

Come negli scorsi anni, anche nel 2014 i progetti del Servizio Civile Nazionale presentati da Libera Cittadinanza Onlus, in collaborazione con Mens Sana Onlus e PAIR, hanno ottenuto il finanziamento della Regione Lazio.
I giovani tra i 18 e i 28 anni che desiderano operare come volontari per 12 mesi all’interno dell’associazione possono candidarsi ora. Il rimborso offerto dalla regione Lazio per 30 ore settimanali, è di 433,80 Euro.
Informazioni possono essere chieste chiamando Libera Cittadinanza Onlus allo 06 83390441.

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Una nuova ricerca condotta dal King’s College di Londra mostra che le donne con Depressione durante la gravidanza hanno più probabilità di seguire una dieta non sana. Questo può avere un impatto negativo sul funzionamento cognitivo dei figli, quando essi saranno più grandi.

Lo studio è pubblicato online dal British Journal of Psychiatry. Il team di ricerca ha studiato 6.979 donne e i loro bambini. Le donne sono state valutate per i sintomi della depressione cinque volte, da quando erano a 18 settimane di gravidanza a quando il loro bambino aveva 33 mesi di età. Le donne sono state invitate a compilare un questionario alimentare per valutare le loro abitudini alimentari, quando erano a 32 settimane di gravidanza e di nuovo quando il loro bambino aveva 47 mesi di età. Le funzioni cognitive dei bambini sono state valutate all’età di otto anni.

Mangiare sano significa seguire una dieta con cibi ricchi di nutrienti, con l’assunzione limitata di sale, grassi solidi e poche aggiunte di zuccheri. Cibi non sani sono stati definiti quelli ad alto contenuto di grassi saturi (ad esempio il cibo da fast food), sale ( per esempio il cibo più elaborato) e con aggiunta di zucchero.

I ricercatori hanno scoperto che le donne che avevano sintomi di depressione durante la gravidanza avevano una maggiore probabilità di avere avuto una cattiva alimentazione. I figli di queste madri avevano punteggi più bassi alle prove di funzionamento cognitivo all’età di otto anni.

Il ricercatore Dr Edward Barker ha detto : “Il nostro studio fornisce una prova che i sintomi della depressione materna prenatale si correlano sia con un’alimentazione prenatale sia malsana sia ridotta, che, a sua volta, è associata a una ridotta funzione cognitiva del bambino. Durante la gravidanza, la dieta della madre influenza direttamente l’ambiente nutrizionale del feto, che presumibilmente influenzerà lo sviluppo del sistema nervoso fetale, cervello compreso.

I ricercatori sottolineano che la loro ricerca non mostra una relazione causale tra la depressione prenatale e il funzionamento cognitivo dei bambini – solo una correlazione. Tuttavia, ritengono che i loro risultati mostrino l’importanza di incoraggiare le donne che sono depresse durante la gravidanza a mangiare più sano.

Il dottor Barker ha aggiunto: “Aiutare le donne a sdeguire una dieta più sana durante la gravidanza potrebbe essere altamente efficace per ridurre l’associazione tra riduzione delle funzioni cognitive post-natale nei bambini e la depressione materna prenatale”.

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helpUn ipocondriaco può trasformare una indigestione in un attacco di cuore già all’arrivo del primo sintomo. E grazie alla fornitura pressochè illimitata di informazioni mediche presente su internet, qualche studioso ha coniato un termine per la versione online della condizione – chiamandola “cybercondria”.

Ora uno studio ha individuato quali persone sono più a rischio di diventare vittime di grave cybercondria.

Uno studio americano ha coinvolto 500 adulti, che sono stati intervistati circa la loro capacità di gestire l’incertezza  e il loro livello di ansia per la loro salute attuale. Sono stati invitati anche quantificare il numero di ricerche online di carattere medico effettuate, la loro durata e l’intensità della loro ansia mentre le effettuavano.

I risultati hanno dimostrato che i volontari che hanno avuto ansia più elevata erano quelli che avevano fatto più ricerche su sintomi e malattie. Mentre cercavano risposte, i loro livelli di ansia aumentavano significativamente. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Cyberpsychology, Behavior and Social Networking.

I ricercatori affermano che le persone con una “intolleranza all’incertezza” sono in grado di alleviare l’ansia utilizzando strategie cognitive, per esempio, ricordando a loro stessi che resteranno sempre dubbiosi di aver trovato una spiegazione definitiva per i loro sintomi ambigui.

Concludiamo riportando un piccolo estratto di un colloquio avuto con un cybecondriaco: “Dopo tutto, anche se Google dice che il battito in testa potrebbe significare che mi restano sei settimane di vita, è molto più probabile che abbia ragione quel medico che su un altro sito che afferma che non si tratti di un tumore, eppure su quell’altro sito un altro medico mi consiglia di fare una TAC…”