pista atleticaCos’è la Psicologia dello Sport?
La Psicologia dello Sport riguarda quelle attività di ricerca e professionali che forniscono la base per comprendere e ottimizzare le prestazioni delle persone praticanti sport o attività fisica.
Questo ambito dinamico può stimolare l’esperienza degli uomini, delle donne e dei giovani che praticano le varie forme dell’attività fisica, si rivolge sia a coloro che svolgono la loro attività per piacere personale e sia a quelli impegnati a livello di èlite in attività specifiche.

Gli Psicologi dello Sport che svolgono questa attività a livello professionale s’impegnano nel comprendere i processi psicologici che guidano la prestazione motoria, i modi attraverso i quali potenziare l’apprendimento e incrementare le prestazioni e la maniera in cui possono essere efficacemente influenzati le percezioni psicologiche e i risultati.
La Psicologia dello Sport trova le sue radici sia nelle scienze dello sport e del movimento e sia nella psicologia. E’ una specializzazione della psicologia applicata e delle scienze dello sport.
Perché le persone richiedono l’intervento dello psicologo dello sport?
•    Per migliorare la prestazione sportiva – Questa è la ragione più comune che porta allenatori, atleti e dirigenti a richiedere la consulenza di uno Psicologo dello Sport. Attraverso l’uso di programmi di preparazione psicologica personalizzati l’atleta impara a mettersi nella condizione pregara ottimale tale da favorire l’esecuzione di una prestazione agonistica corrispondente alle sue capacità attuali.

•    Per gestire lo stress agonistico – Gli atleti indipendentemente dal loro livello avvertono la pressione competitiva. Tale pressione può derivare dalle aspettative dell’allenatore o dei genitori così come dalle aspettative dello stesso atleta. E’ necessario imparare a conoscere le proprie reazioni a queste situazioni e sviluppare al massimo la capacità di gestire efficacemente questi momenti di forte tensione fisica e psicologica.

•    Per permettere ai bambini e ai giovani di vivere lo sport in maniera positiva – Le organizzazioni sportive che si occupano di attività giovanile dovrebbero servirsi della consulenza dello Psicologo dello Sport per formare/aggiornare i loro tecnici sportivi e favorire la realizzazione di programmi adeguati alle esigenze di sviluppo dell’autostima e delle competenze psicosociali, cognitive ed emotive dei giovani.

•    Per formare gli allenatori e i dirigenti sportivi – Ogni operatore sportivo dovrebbe essere coinvolto in un processo di miglioramento continuo, in cui crescere non solo dal punto di vista professionale e tecnico ma anche in relazione alle sue capacità di stabilire relazioni interpersonali e di leadership efficaci e adeguate alle esigenze delle persone con cui si trova ad operare.
Cosa offriamo?
•    Per l’Atleta
Formulazione e realizzazione di programmi di mental training attraverso strategie basate su: goal setting, allenamento idemotorio, visualizzazioni, identificazione della zona individuale ottimale di funzionamento, pianificazione del pregara e della competizione, gestione dello stress, pensiero positivo e incremento delle abilità interpersonali.

•    Per gli Allenatori
Formazione/aggiornamento degli allenatori e dei tecnici sportivi nell’ambito delle abilità psicologiche e relazionali richieste nella loro attività professionale. Proposte per la preparazione degli allenatori nella gestione delle dinamiche di gruppo e nell’utilizzo di strategie di comunicazione efficace. Programmi personalizzati di affiancamento ai tecnici nella gestione delle criticità.
•    Per le Società Sportive
Progetti e consulenze atte a migliorare la leadership manageriale, coscienti della complessità dello sport moderno attraverso strumenti e strategie differenziate e personalizzate.

 

Presso le nostre sedi è disponibile il servizio di Psicologia dello Sport. Per prendere un primo appuntamento e per ulteriori informazioni è possibile contattare il Responsabile del servizio, Dr. Fernando Cosimi, al 3348957526 oppure via email: info@mens-sana.biz

 

 

amy-winehouseLa notizia è di quelle che fanno male. Piomba in un ozioso sabato pomeriggio estivo, mentre scorri incredulo i particolari della strage norvegese. Ma dai, «Amy Winehouse è morta».

Ci avevamo scritto un pezzo ampio e desolato neanche un mesetto fa, quando la cantante inglese era ricaduta nei soliti vizi all’inizio di quello che doveva essere il tour della rinascita. Invece, niente da fare. Ricordate? Amy era da poco uscita dall’ennesima seduta di «rehab» per risolvere, una volta per tutte, i soliti problemi di alcol e dipendenze varie. Dopo un’incoraggiante anteprima in un club londinese, eccola «steccare» vistosamente il debutto a Belgrado. Le immagini di quella sera sciagurata le trovate sulla Rete e, viste oggi, mettono ancora più tristezza: lei arriva sul palco visibilmente alterata, regge la scena a malapena, barcolla, canticchia frasi smozzicate, biascica parole senza senso, va fuori tempo, cerca il sostegno dei musicisti. I ventimila presenti dopo un po’ perdono la pazienza e la sommergono di fischi. Il giorno dopo un giornale locale lo descriverà come «il peggior concerto della storia di Belgrado».

Salta tutto, ovviamente, incluso il concerto italiano del 16 luglio a Lucca, mentre il management diffonde una laconica nota: «Amy Winehouse si ritira da tutti gli spettacoli in programma. Tutte le persone che le sono vicine intendono fare tutto il possibile per aiutarla a tornare al suo meglio e le sarà dato il tempo necessario perchè questo avvenga».

Parole vuote, che ora lasciano spazio al rimpianto. Per una persona che non c’è più e che non si è riusciti ad aiutare. E per uno straordinario talento mandato in malora. Sì, perchè Amy era proprio brava e non ha avuto il tempo e l’opportunità di dimostrarlo in tutto e per tutto.

La sua storia parte da una normale famiglia brit, papà tassista e mamma infermiera: lei da subito dimostra interesse per le sette note, a 10 anni fonda un gruppetto rap, a 13 le regalano la prima chitarra, a 16 è già in pista come cantante professionista. Firma per la Universal e debutta a vent’anni con Frank, che ottiene un buon successo di pubblico e critica. In copertina, rispetto ad oggi, pare un’altra persona: una ragazza solare, più in carne, piena di belle speranze. Il disco non è un capolavoro, perchè Amy è ancora acerba. Ma funziona. Anche se lei, tempo dopo, giungerà quasi a rinnegarlo.

Il botto arriverà col secondo cd, Back To Black (2006) uno dei migliori album del decennio appena passato. Un vero gioiello di rhythm’n’blues: intenso, eclettico e divertente, in bell’equilibrio fra tradizione e modernità. Lei, Amy, brava e sexy. Con una grande personalità e una voce calda e meravigliosamente «gracchiante», che i critici paragonano a miti come Sarah Vaughan e Billie Holiday.

IL TORMENTONE REHAB
Tra i pezzi spicca Rehab, irresistibile tormentone e sorta di dichiarazione di vita e d’indipendenza, rifiuto di sottostare alle regole, che oggi suona come un inquietante testamento. Il disco è un clamoroso successo e vince ben cinque Grammy Award, spianando la strada a un nuovo filone soul al femminile, che in futuro ci darà artiste come Rox, Duffy e Adele. Ma, forse, proprio da un controverso rapporto col successo e la popolarità s’amplificano i problemi di Amy, per altro sempre più bersagliata dal gossip. Depressa, anoressica, bulimica, dipendente da droga e, soprattutto, alcool: la sua vita privata va in pezzi, quella pubblica anche peggio. Non si contano più le figuracce nelle occasioni ufficiali e i ricoveri in clinica. Una corsa mozzafiato verso l’autodistruzione, un calvario, con l’incubo della solitudine più profonda anche in mezzo a migliaia di persone adoranti. Una morte annunciata, dicono ora in tanti, e forse è proprio così. Una morte che va ad alimentare la lista dei tanti «maledetti» del rock. Giovani, talentuosi, carismatici. Scomparsi troppo presto ed entrati nel mito. Da Brian Jones a Kurt Cobain, passando per Janis Joplin, vite bruciate dal successo e dagli eccessi. A cui ora dobbiamo aggiungere anche Amy Winehouse. E quanto ci dispiace.

Di Diego Perugini, da L’Unità

cultura Buone notizie per gli amanti di musei, teatri e concerti. Gli uomini che visitano gallerie d’arte, mostre e musei o vanno regolarmente a teatro tendono a godere di una salute migliore, e ad essere più soddisfatti della propria vita, rispetto ai coetanei che prediligono svaghi meno ‘culturali’. Lo rivela uno studio norvegese pubblicato online sul ‘Journal of Epidemiology and Community Health’.Un effetto protettivo valido anche per le donne, ma in misura minore. I ricercatori della Norwegian University of Science and Technology hanno scoperto che gli uomini e le donne che suonano strumenti musicali, dipingono o vanno a teatro o al museo con una certa regolarità si sentono meglio, si godono di più la vita e sono meno inclini a cadere nelle spire di ansia e depressione rispetto alle persone che non partecipano ad attività culturali. L’effetto è più pronunciato, inoltre, si registra negli uomini interessati a conoscere arte e cultura piuttosto che a ‘praticarle’ in prima persona. Insomma, secondo lo studio, i critici stanno meglio degli artisti. I ricercatori norvegesi hanno indagato sulle abitudini di 50.797 adulti che vivono nella Contea di Nord-Trøndelag, registrando la partecipazione a svaghi e attività culturali e valutando lo stato di salute percepita, il grado di soddisfazione e i livelli di ansia e di depressione di ciascun soggetto. Così tutti i tipi di attività culturale sono risultati significativamente associati con la buona salute e la soddisfazione per la propria vita, e le persone impegnate in questi ambiti sono quelle con i livelli più bassi di ansia e depressione. Inoltre, più intensa era la vita culturale dei volontari, maggiori sono stati i benefici per la salute e il benessere. E ancora: i ricercatori sottolineano come a totalizzare i maggiori benefici siano stati gli uomini che hanno un approccio ‘ricettivo’ nei confronti di arte e cultura, come ad esempio quelli che visitano regolarmente teatri e musei.”I risultati – scrive il team di Koenraad Cuypers – indicano che l’utilizzo di attività culturali nella promozione della salute e della sanità può essere giustificato”.

Da Adnkronos salute

depressione donnaIl 6% degli Italiani «riferisce sintomi di umore depresso e/o perdita di interesse o piacere per tutte o quasi tutte le attività». È quanto emerge dalle interviste telefoniche effettuate da 138 Asl sul territorio nazionale nell’ambito del sistema Passi, coordinato dal Centro nazionale di epidemiologia e promozione della salute (Cnesps) dell’Istituto superiore di sanità (Iss), che ha valutato adulti dai 18 ai 69 anni. Sono, riferisce il sito dell’Iss, «in maggioranza donne, ma anche uomini con un basso livello di istruzione, che vivono condizioni sociali e di salute vulnerabili. Tra queste, le persone con malattie croniche, come ictus, infarto, e altre patologie cardiovascolari, diabete, malattie respiratorie e del fegato, tumori.

Si tratta inoltre di persone che non lavorano o che lavorano saltuariamente». Secondo i dati, circa il 60% delle persone con questi sintomi si rivolge a professionisti o a familiari per ricevere aiuto: il 34% a un medico, il 19% ai propri familiari e il 7% sia a un medico sia ai familiari. Gli uomini riferiscono più raramente di aver chiesto aiuto (53% contro il 62% delle donne). Le conseguenze sulla qualità della vita, conclude l’Iss, «sono scontate: meno di un terzo di chi riferisce sintomi di depressione (31%) descrive il proprio stato di salute come ”buono” o ”molto buono”, contro il 70% delle persone senza sintomi depressivi. Tra le persone che dichiarano sintomi di depressione, è significativamente più alta sia la media di giorni in cattiva salute fisica e mentale sia quella dei giorni con limitazioni di attività».

Da Dica33

alemanno Gli ultimi eventi terribili di risse e danneggiamenti operati da persone ubriache ha spinto il Sindaco di Roma ad agire con determinazione, è stata infatti emessa una Ordinanza in cui viene fatto divieto di vendita al dettaglio, o per asporto, di bevande alcoliche dopo le ore 23:00; divieto di somministrazione di bevande alcoliche e divieto di consumo di bevande alcoliche su strade pubbliche o aperte al pubblico transito, dalle ore 23 alle ore 6 in specificati ambiti urbani, a decorrere dall’1 luglio al 30 settembre 2011. Questa Ordinanza si applica ad alcuni municipi.

Leggi l’Ordinanza

Da Rosaria Ciccarelli – CRARL

corsiaLa Sanità italiana darà «sempre meno tutto a tutti gratis» e recita una parte di prima grandezza nella manovra di taglio della spesa pubblica approvata ieri dal Consiglio dei Ministri. Lo sottolinea il Sole 24 Ore che preannuncia il probabile altolà dei governatori in vista dei tagli che, per le Regioni, non riguardano solo il fronte della spesa sanitaria dove è prevista una riduzione dei trasferimenti per la sanità che tra il 2013-2014 sarà almeno di 4 miliardi l’anno. Sempre sul fronte delle Regioni non mancano misure in ordine sparso come il riconoscimento alle Regioni di 70 milioni fin dal 2011 per gli accertamenti medico-legali per le assenze di malattia dei lavoratori dipendenti. Ma anche le maggiori tutele, nelle realtà sotto piano di rientro dal deficit, dalle sospensioni dei pignoramenti da parte dei creditori di asl e ospedali.

O ancora come l’invito perentorio ai governatori di intervenire (per risparmiare) sui livelli di spesa per gli acquisti di prestazioni sanitarie dai privati accreditati. E poi la conferma delle regole stringenti della Finanziaria 2010 sui costi del personale: spese non superiori all’1,4% sul 2004, organici (anche a tempo) necessari, parametri standard per le strutture e il personale di vertice. Magari con eccezioni, se accolte: come quella, anticipata dal ministro Fazio, sulla possibile esenzione dal turn over per i primari nelle Regioni sotto piano di rientro dal debito.

Della manovra si parlerà la settimana prossima in un incontro Governo-Regioni. Intanto, però, così si è espresso ieri Vasco Errani, presidente della Conferenza delle Regioni: «La manovra di bilancio è per noi molto preoccupante perché mette in discussione la sostenibilità dei servizi essenziali quali quelli sanitari. Quanto ai ticket, abbiamo già avuto modo di dimostrare che avrebbero un esito negativo sui servizi sanitari stessi, oltre che sui cittadini».

Il ticket sanitario «è una misura odiosa perché colpisce le persone che hanno un problema di salute ed è iniqua. Sarebbe preferibile usare la fiscalità generale per rendere più equo il sistema». Lo afferma Francesca Moccia, coordinatrice nazionale del Tribunale per i diritti del malato di Cittadinanzattiva, intervenendo sulle misure previste nella Manovra del Governo. «Eravamo contrari a questa ipotesi già nel 2007» aggiunge Moccia «lo siamo ancor di più oggi dopo quanto è avvenuto in questi anni e che si prevede per il futuro: tagli alle risorse, blocco del turn over, piani di rientro con relative misure, forte riduzione dei posti letto, solo per fare alcuni esempi di provvedimenti che hanno avuto e avranno sempre di più un impatto sui cittadini». In particolare, l’ipotesi relativa ai ticket sui pronto soccorso «ci inquieta, perché è proprio lì» sottolinea «che si leggono alcuni degli effetti di quanto avvenuto negli ultimi anni: spesso affollati e sotto organico, si trovano da tempo a dover rispondere di un vuoto, fuori dall’ospedale, di servizi alternativi a cui rivolgersi per esempio nelle ore notturne o nei giorni festivi. L’introduzione del ticket sui pronto soccorso non risolverà il problema degli accessi impropri, è semplicemente un modo per fare cassa subito. Ci auspichiamo che, al di là dei ticket, si dia effettività al disegno che prevede il potenziamento dell’assistenza territoriale sulle 24 ore».