Cara Dott.ssa Grossi, sono … un recidivo traditore e , come tale, preferisco rimanere in anonimato. Sono sposato con 2 figli e … con una serie di amanti. Si , una serie, perché … non posso farne a meno!!  Sembra come se non riuscissi mai ad accontentarmi, sento l’esigenza di conquistare, sedurre e poi abbandonare ogni donna che incontro. Sono un amante infedele delle donne. Mi rendo conto e a volte mi sento anche un po’ in colpa nei confronti di mia moglie e dei miei figli che invece mi vogliono bene ma, non riesco proprio a farne a meno. Sono stato costretto a sposarmi, altrimenti non l’avrei mai fatto!!! Voglio bene a mia moglie ma credo di non averla mai amata ma sono certo invece di averla … sempre tradita!!! Ora che ho una certa età  e continuo imperterrito , comincio a chiedermi
Ma secondo lei … sono malato????  –
Lettera firmata

manuale d'amoreGentile don Giovanni, la chiamerò così in questo articolo perché mi sembra di capire che lei è affetto proprio da una patologia chiamata Dongiovannismo!!!! È un disturbo, in eccesso, del desiderio sessuale, scritto e ben illustrato nei migliori manuali psicologici. Il Dongiovannismo prende il nome del leggendario personaggio spagnolo famoso per essere un amante quanto mai seducente e fascinoso. Questa sindrome è uno stato patologico in cui il soggetto sente il bisogno incontrollabile, compulsivo, di sedurre tutte le donne che incontra. Sotto il profilo psicologico dietro un Dongiovanni si nasconde quasi sempre un individuo insicuro che trova la sua identità solo attraverso le conferme che gli vengono fornite dal successo della conquista. Nel momento in cui vede i successi del suo corteggiamento, spesso non arriva nemmeno a consumarli nei rapporti sessuale, in quanto non è effettivamente interessato a quello, ma il piacere sta nella conquista e nella seduzione. Come ci conferma il nostro amico, questo desiderio irrefrenabile di conquista può essere associata ad una “bulimia erotica”. Il Don Giovanni infatti, non si abbandona all’amore, ma si definisce innamorato ogni qualvolta si avvicina alla sua preda. Devo ammettere che lei è stato anche piuttosto fortunato a non rimanere solo, malgrado afferma di non averlo scelto,  in quanto i suoi colleghi Don Giovannini, tendono invece a rimanere soli poiché non riescono a stabilire una relazione duratura con nessuna donna. Dietro uno stato patologico del genere, come ho già affermato, c’è una profonda insicurezza, e un senso di inadeguatezza. Ragion per cui, solo attraverso la conquista, l’individuo ha la percezione della propria esistenza: “seduco, quindi sono”. Per molti uomini è una fase temporanea della propria vita che termina  quando si riesce a trovare la donna giusta. Per altri invece è proprio uno stile di vita dal quale non si riesce a venirne fuori. I don Giovanni hanno un particolare fascino e rappresentano per molti un vero e proprio “mito”. Il nostro amico mi chiede solo se è “malato” ma non credo sia molto interessato a cambiare ; atteggiamento tipico di chi, come lui, non è infastidito da questo stile di vita.
Si può cambiare ovviamente, ma credo che in questi casi manchi proprio la motivazione al cambiamento; per esempio, lei signor Don Giovanni, vorrebbe cambiare????
Raramente il narcisismo del dongiovanni  permette di riconoscere questo atteggiamento come un problema. Cosa però che il nostro caro amico forse ha iniziato a fare. Al contrario, sono spesso le mogli e le donne vittime-preda, che chiedono disperatamente un aiuto psicologico di sostegno.
Mi sento infatti di consigliare a loro un libro “Donne che amano troppo” di Robin Norwood, con l’augurio di non continuare a fare le “crocerossine” di uomini che non le amano e che non le meritano.

Dott.sa Irene Grossi – Psicologa di Mens Sana

militari_iraq Cos’è il disturbo da stress post-traumatico o PTSD (Post traumatic stress disorder)?

Il PTSD è un disturbo d’ansia che si può sviluppare dopo aver visto o aver preso parte a un evento pericoloso.

Quando si è in pericolo, è naturale avere paura. Questa paura provoca molti cambiamenti nel corpo in una frazione di secondo, aiutandolo a prepararsi a difendersi contro il pericolo o a evitarlo. Questa reazione, chiamata di “lotta o fuga”, è una sana reazione e ha come significato il proteggere la persona da un male imminente. Ma nel PTSD, questa reazione è modificata o danneggiata. Le persone che hanno un PTSD possono sentirsi stressate o spaventate, anche quando non sono più in pericolo.

Chi ne può soffrire?

Chiunque può ammalarsi di Disturbo da stress post-traumatico, a qualsiasi età. Ne possono essere colpiti i veterani di guerra e i superstiti di aggressioni fisiche e sessuali, di abusi, di incidenti, di disastri naturali, e molti altri eventi gravi.

Non tutte le persone con PTSD hanno però vissuto in prima persona un evento pericoloso. Alcune persone si ammalano PTSD dopo aver assistito ad un evento che ha danneggiato o messo in forte pericoloun amico o un familiare. Anche aa morte improvvisa e inaspettata di una persona cara può anche causare un PTSD.
Quali sono i sintomi di PTSD?

Il PTSD può causare molti sintomi. Questi sintomi possono essere raggruppati in tre categorie:

1. Sinotmi di Ri-esperienza:

* Flashback, ovvero rivivere il trauma più e più volte, anche con i sintomi fisici come un cuore che batte forte o la sudorazione
* Brutti sogni o incubi rigurdanti quella o situazioni simili
* Pensieri spaventosi.

I sinotmi di ri-esperienza possono causare problemi nella routine quotidiana di una persona. Questi possono scaturire da pensieri della persona o da sentimenti esperiti. Parole, oggetti o situazioni che ricordano l’evento possono innescare il rivivere la brutta situazione.

2. Sintomi di Evitamento:

* Stare lontani da luoghi, eventi o oggetti che ricordano l’esperienza
* Sentirsi emotivamente insensibili
* Forte senso di colpa, depressione, o preoccupazioni
* Perdita di interesse in attività che sono state piacevoli in passato
* Difficoltà nel ricordare l’evento pericoloso.

Molte cose che ricordano alla una persona l’evento traumatico possono innescare questi sintomi di evitamento. Questi sintomi possono indurre una persona a cambiare la propria routine personale. Ad esempio, dopo un brutto incidente d’auto, una persona che guida spesso evitare di guidare o perfino di salire in macchina.

3. Sintomi di Ipervigilanza:

* Spaventarsi facilmente
* Sensazioni di tensione o “essere sul punto di”
* Difficoltà a dormire, e/o avere scoppi d’ira.

I sintomi di ipervigilanza sono di solito costanti, anzichè essere attivati dalle cose che ricordano l’evento traumatico come i precedenti. Possono far sentire la persona molto stressata e arrabbiata. Questi sintomi possono rendere difficile lo svolgimento dei compiti quotidiani, come dormire, mangiare, o concentrarsi.

E ‘naturale avere alcuni di questi sintomi dopo un evento pericoloso. A volte le persone hanno sintomi molto gravi che vanno via comunque da soli dopo alcune settimane. Questo si chiama disturbo acuto da stress, o ASD. Quando i sintomi durano più di un paio di settimane e diventano un problema importante, potrebbero essere segni di un PTSD. Alcune persone con PTSD non mostrano alcun sintomo per settimane o mesi.

I bambini reagiscono in modo diverso rispetto agli adulti
I bambini e gli adolescenti possono avere reazioni estreme al trauma, ma i loro sintomi possono essere anche molto diversi dagli adulti. Nei bambini molto piccoli, questi sintomi possono includere:

* Pipì a letto, quando in precendenza avevano imparato a usare il bagno
* Dimenticare come parlare o di non essere in grado più di parlare
* Rivivere e riprodurro l’evento spaventoso durante la ricreazione a scuola nei giochi con i coetanei
* Essere insolitamente appiccicosi con un genitore o con un altro adulto.

I bambini più grandi e gli adolescenti di solito mostrano sintomi più simili a quelli osservati negli adulti. Essi possono anche sviluppare comportamenti distruttivi o irrispettosi. I bambini più grandi e gli adolescenti possono sentirsi in colpa per non essere stati in grado di prevenire lesioni o decessi a cui hanno assistito. Possono anche avere pensieri di vendetta.

Come viene diagnosticato un PTSD?

Un medico che abbia esperienza nell’aiutare le persone con malattie mentali, come ad esempio uno psichiatra o psicologo, è in grado di diagnosticare il PTSD. La diagnosi viene fatta dopo pochi colloqui con la persona che presenta sintomi di PTSD.
Per essere diagnosticato con PTSD, una persona deve avere tutti i seguenti, per almeno 1 mese:

* Almeno un sintomo di ri-esperienza
* Almeno tre sintomi di evitamento
* Almeno due sintomi di ipervigilanza
* I sintomi rendono difficile la vita di ogni giorno, l’andare a scuola o al lavoro, lo stare con gli amici, e il prendersi cura di compiti importanti.

Perché alcune persone si ammalano di PTSD e altri no?

E ‘importante ricordare che non tutti coloro che vivono un evento pericoloso sviluppano questo disturbo. In realtà, nella maggior parte delle persone questo non si svilupperà (pensate a tutte le persone che hanno vissuto durante una guerra).

Molti fattori giocano un ruolo importante nella genesi di questo disturbo. Alcuni di questi sono fattori di rischio, che rendono una persona più vulnerabile al PTSD. Altri fattori, chiamati fattori di resilienza, possono invece aiutare a ridurre il rischio d’insorgenza della malattia. Alcuni di questi fattori di rischio e resilienza sono presenti prima del trauma e altri diventano importanti, durante e dopo un evento traumatico.

I fattori di rischio per il PTSD comprendono:

* Aver già vissuto altri eventi pericolosi e traumi
* Avere una storia di malattia mentale
* Subire lesioni durante l’evento
* Vedere persone ferite o uccise
* Aver esperito sensazioni di orrore, impotenza, o paura estrema
* Aver avuto poco o nessun sostegno sociale, dopo l’evento
* Affrontare uno stress supplementare dopo l’evento, come la perdita di una persona amata, il dolore e il pregiudizio, o la perdita di un lavoro o della casa.

I fattori di resilienza che possono ridurre il rischio di PTSD comprendono:

* La ricerca di sostegno di altre persone, come amici e familiari
* Trovare un gruppo di sostegno dopo un evento traumatico
* Sentirsi in pace con la coscienza circa le proprie azioni fatte di fronte al pericolo
* Avere una strategia di coping, o un modo di affrontare l’evento cattivo e imparare da esso
* Essere in grado di agire e di rispondere in maniera efficace pur sentendosi impauriti.

I ricercatori stanno studiando l’importanza dei fattori di rischio e resilienza. Con ulteriori studi, potrà essere possibile un giorno prevedere la vulnerabilità al PTSD.

Come si cura un PTSD?

I principali trattamenti per le persone con PTSD sono la psicoterapia (una terapia che si basa molto sul “parlare”), i farmaci, o entrambi. Ognuno di noi è diverso, quindi un trattamento che funziona per una persona può non funzionare per un’altra. E ‘importante che chiunque abbia un PTSD sia curato da uno psichiatra, che abbia esperienza con questo disturbo. Alcune persone con PTSD hanno bisogno di provare trattamenti diversi prima di trovare quello che funziona per i loro sintomi.

Psicoterapia

La psicoterapia è la terapia “basata sul parlare”. Si tratta di un parlare con un professionista della salute mentale e non un chiacchierare!. La Psicoterapia può essere individuale o di gruppo. La durata è di solito dalle 6 alle 12 settimane, ma può richiedere più tempo. La ricerca mostra inoltre che il sostegno dei familiari e degli amici può essere una parte importante della terapia.

Molti tipi di psicoterapia possono aiutare le persone con PTSD. Alcuni psicoterapia hanno come obiettivo diretto i sintomi del PTSD. Altre terapie si concentrano sul contesto sociale, familiare, o sui problemi al lavoro. Il medico o il terapista può combinare terapie differenti a seconda delle esigenze della persona.

Una delle terapie più utili è la terapia cognitivo-comportamentale, o CBT (Cognitive Behaviour Terapy). La terapia cognitivo-comportamentale si avvale di molte tecniche, tra cui:

* Terapia espositiva. Questa terapia aiuta le persone a controllare il loro volto e la paura. Li espone al trauma che hanno vissuto in modo sicuro. Essa utilizza immagini mentali, la scrittura, o visite al luogo in cui l’evento è      accaduto. Il terapeuta utilizza questi strumenti per aiutare le persone con PTSD a far fronte ai loro sentimenti spiacevoli.
* Ristrutturazione cognitiva. Questa terapia aiuta le persone a dare un senso ai brutti ricordi. A volte la gente ricorda l’evento in modo diverso da come è accaduto. Possono sentirsi in colpa o vergognarsi di ciò che non è loro colpa. Il terapeuta aiuta le persone con PTSD guardare a quello che è successo in modo realistico.
* Inoculazione dello Stress. Questa terapia cerca di ridurre i sintomi di PTSD, insegnando al paziente come ridurre l’ansia. Come la ristrutturazione cognitiva, questo trattamento aiuta le persone a guardare i loro ricordi in modo sano.

Altri tipi di trattamento possono comunque aiutare le persone con PTSD. Generalmente esse insegnano modalità diverse di reazione a eventi spaventosi che innescano i sintomi di PTSD. Sulla base di questo obiettivo generale, abbiamo diversi tipi di terapia:

* Tecniche di rilassamento e di controllo della rabbia.
* Fornire consigli per dormire meglio, la dieta e esercizio fisico.
* Aiutare le persone ad identificare e trattare il senso di colpa, la vergogna, e altri sentimenti circa l’evento.
* Aiutare le persone a visitare luoghi e persone che ricordano il trauma.

Farmaci

La US Food and Drug Administration (FDA) ha approvato due farmaci per il trattamento di adulti con PTSD:

* Sertralina (Zoloft)
* Paroxetina (Sereupin)

Entrambi questi farmaci sono antidepressivi o meglio inibitori della ricaptazione della serotonina, che vengono utilizzati anche per curare la depressione e l’ansia. Essi possono contribuire a controllare i sintomi di PTSD, come tristezza, preoccupazione, rabbia e altri sentimenti insostenibili. Prendendo questi farmaci è possibile rendere più facile efficace la psicoterapia, che rimane la terapia principale.

A volte le persone, dopo l’assunzione di questi farmaci mostrano effetti collaterali. Gli effetti possono essere fastidiosi, ma di solito vanno via in pochi giorni. Eventuali effetti collaterali o reazioni inusuali devono essere segnalate immediatamente al proprio medico.
Gli effetti indesiderati più comuni degli antidepressivi come la paroxetina e la sertralina sono:

* Mal di testa, che di solito scompare entro pochi giorni.
* Nausea (sensazione di malessere allo stomaco), che di solito scompare anch’essa entro pochi giorni.
* Insonnia o sonnolenza, che possono verificarsi durante le prime settimane. A volte la dose di farmaco deve essere ridotta o il momento della giornata in cui viene somministrato deve essere adeguato per contribuire a diminuire questi effetti collaterali.
* Agitazione (sensazione di nervosismo).
* Problemi sessuali, che possono colpire sia gli uomini e le donne, compresa la riduzione del desiderio sessuale, e l’avere problemi a godere del sesso.

I risultati di una revisione globale degli studi su pazienti pediatrici condotto tra il 1988 e il 2006 ha suggerito che i benefici dei farmaci antidepressivi potrebbero superare i potenziali rischi anche per i bambini e gli adolescenti. Lo studio è stato finanziato in parte dal National Institute of Mental Health americana, finanziato quindi dal Governo Americano e non dalle case farmaceutiche.
Altri farmaci

I medici possono prescrivere anche altri tipi di farmaci, come quelli elencati di seguito. Ci sono poche informazioni su perchè questi siano utili per le persone con PTSD.

1. Benzodiazepine. Questi farmaci possono essere dati per aiutare le persone a rilassarsi e dormire. Le persone che assumono benzodiazepine possono avere però problemi di memoria o diventarne dipendenti.
2. Antipsicotici. Questi farmaci sono in genere somministrati a persone con altri disturbi mentali come la schizofrenia. Persone che assumono farmaci antipsicotici possono aumentare di peso e hanno una     maggiore probabilità di avere malattie cardiache e diabete.
3. Altri antidepressivi. Come la sertralina e paroxetina, la fluoxetina (Prozac) e il citalopram (Elopram), possono aiutare le persone con PTSD a sentirsi meno tesi o tristi. Per le persone con PTSD che     hanno anche altri disturbi d’ansia o depressione, gli antidepressivi possono essere utili nel ridurre i sintomi di queste malattie concomitanti.

Se conosci qualcuno che pensi possa avere un disturbo da stress post traumatico, la prima cosa e la più importante che puoi fare è quella di aiutarlo ad ottenere la giusta diagnosi e trattamento. Potrebbe essere necessario prendere un appuntamento per il tuo amico o parente e andare con lui o lei alla prima visita con il medico.
Per aiutare un amico o un parente, è possibile:

* Offrire sostegno emotivo, comprensione, pazienza, e incoraggiamento.
* Imparare a conoscere il PTSD in modo da poter capire che cosa il vostro amico o parente sta vivendo.
* Parlaree con il vostro amico o parente, e ascoltaterlo attentamente.
* Imparate soprattutto a capire i suoi sentimenti. Vi aiuterà a comprendere le situazioni che possono innescare i suoi sintomi.
* Invitate i vostri amici o parenti ad uscire per distrazioni positive come passeggiate, gite e altre attività.
* Ricordategli sempre che, con il tempo e il trattamento, miglioreranno.

Dove posso trovare aiuto?

Se non sei sicuro su dove andare per chiedere aiuto, rivolgiti al tuo medico di famiglia. Le altre persone che sicuramente che possono aiutarti sono gli specialisti della salute mentale, come psichiatri, psicologi, assistenti sociali.

Presso le nostre sedi troverai sempre qualcuno di questi professionisti in grado di aiutarti ad affrontare questo disturbo.

Per maggiori informazioni o semplicemente per un consiglio potete inviare una email a info@mens-sana.biz.
Per fissare un primo incontro potete telefonare allo 06 8339 0682.

mozartSmorfie irrefrenabili scambiate per insulti; colpi di tosse che suonano come grugniti; occhiolini e palpeggi compulsivi che sfociano in rissa perché confusi con avance sessuali; frasi scurrili, parolacce e bestemmie. Sono solo alcuni dei sintomi imbarazzanti, ma incontenibili, della sindrome di Tourette: una malattia neurologica con basi genetiche, non rara e comunque orfana di cure, difficilmente diagnosticata e il più delle volte mal gestita. Fra i pazienti illustri anche il genio delle note Mozart, lo zar Pietro il grande e il principe di Condé, eccentrico potente alla corte del Re Sole. Sono ‘tourettiani’ come loro circa 400 mila italiani degli 800-900 mila che soffrono di tic. In quasi 100 mila casi la patologia assume forme socialmente invalidanti e in circa 5 mila resiste anche ai farmaci.

Il ritratto dei ‘malati di tic’ arriva dagli esperti dell’Irccs Galeazzi di Milano, leader nella diagnosi e nella terapia della sindrome descritta per la prima volta nel 1885 dal medico francese Gilles de la Tourette. “Ogni settimana vediamo 15-20 pazienti da tutta Italia”, spiega oggi in un incontro a Milano Mauro Porta, direttore del Centro Tourette e Parkinson dell’istituto meneghino, che nella sua carriera di tourettiani ne ha visti “1.500, contro i 4-5 della media dei neurologi”. La malattia è più frequente nei maschi (3-4 volte più colpiti delle donne) e compare in età pediatrica, ‘incrociandosi’ spesso con l’Adhd (sindrome da deficit dell’attenzione e iperattività). In genere inizia a manifestarsi intorno ai 5-7 anni e nel 20-30% dei casi persiste anche in età adulta.

La prevalenza del disturbo è compresa tra lo 0,15% e l’1-3% della popolazione, e secondo vari specialisti negli ultimi anni il problema è diventato più frequente. Solo nel 10-20% dei ‘tourettiani’ i sintomi della malattia si limitano ai tic, motori (semplici o estesi a più parti del corpo) oppure sonori (dai rumori alle frasi complete). Almeno nell’80% dei pazienti, precisa Porta, la sindrome si associa invece a un disturbo ossessivo-compulsivo: la mania di mettere in ordine oggetti, di controllare, contare o ripetere parole; l’irrefrenabile impulso ad annusare o toccare qualcuno, fino ad azioni violente verso gli altri, ma anche verso se stessi.

Come i casi drammatici di “un bambino che si prendeva ripetutamente a forchettate col rischio di cavarsi un occhio”, o “di uomo che a furia di battere la testa all’indietro è diventato tetraparetico”, testimonia l’esperto.”Anche la sindrome dei bimbi iperattivi nella maggior parte dei casi rientra nel disturbo tourettiano”, assicura Porta, secondo il quale “è presumibile ricondurre a questo problema anche l’episodio del bimbo torinese punito dalle maestre con del sapone in bocca per una bestemmia”, finito nei giorni scorsi al centro delle cronache nazionali. I piccoli colpiti dalla ‘sindrome della parolaccia’ hanno vita dura, osserva infatti lo specialista: “Spesso presi di mira e derisi dai compagni, tendono a isolarsi. E anche a fronte di un’intelligenza a volte superiore alla media, l’iperattività ne compromette il rendimento scolastico”.

Da Adnkronos Salute

cervello binarioUno studio genetico innovativo ha fornito ulteriori prove del ruolo di una rara variante genetica implicata nella malattia di Alzheimer. I risultati, dai ricercatori dell’Istituto di Psichiatria del King’s College di Londra e collaboratori internazionali, avvicinano la scienza sempre più alle modalità con cui la malattia di Alzheimer può trasmettersi di generazione in generazione.

La malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza,  colpisce oltre 35 milioni di persone in tutto il mondo. Si stima che la genetica conti per il 70% nel rischio di sviluppare la malattia, ma fino a poco tempo solo uno dei principali fattori di rischio genetico era stato individuato (le varianti del gene APOE possono contribuire alla insorgenza tardiva della malattia di Alzheimer). Recenti studi genetici su larga scala hanno identificato nuovi fattori di rischio in altre varianti genetiche, ma queste sembrerebbero avere solo un effetto limitato sul rischio globale. L’influenza della genetica nella malattia di Alzheimer rimane in gran parte inspiegata.

Michelle Lupton e i suoi colleghi hanno usato un nuovo approccio per studiare il gene del complesso Nicastrina-Presenilina. Il gene produce una proteina coinvolta nella produzione del peptide amiloide-β – il principale costituente dei depositi di placche amiloidi che si trovano nel cervello dei malati di Alzheimer.

I ricercatori hanno tentato di verificare se la presenza di rare variazioni genetiche influenzino la funzione della proteina Nicastrina e come questa possa influire sul rischio individuale di sviluppare la malattia di Alzheimer. Hanno perciò distribuito campioni di DNA di 311 pazienti con Alzheimer e 360 soggetti normali in due gruppi separati e poi sequenziato le regioni codificanti della proteina. Questo approccio innovativo ha permesso loro di ottenere campioni di sequenze DNA da un gran numero di persone ad un costo minimo.

L’analisi ha identificato una variante che si trova più frequentemente in pazienti con malattia di Alzheimer rispetto agli individui normali. Esso equivale a un singolo cambiamento di una coppia di basi che altera la proteina Nicastrina. La variante è stata collegata alla malattia di Alzheimer e anche se l’associazione trovata è modesta, i ricercatori affermano che essa merita ulteriori indagini.

Michelle Lupton, che ha condotto lo studio, ha dichiarato: “L’identificazione dei geni che sono associati con il rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer e l’esatto meccanismo di queste associazioni sarà utile per migliorare la nostra comprensione delle cause iniziali del processo della malattia, che porterà poi all’obiettivo di un farmaco innovativo”.

I risultati inoltre comportano importanti implicazioni per la più ampia area della genetica delle malattie complesse. C’è una crescente evidenza che la variazioni rare, che non possono essere individuati attraverso studi di associazione sull’intero genoma, potrebbero spiegare l’ereditarietà “mancante” in molti disturbi. Approcci innovativi, come la tecnica sviluppata in questo studio, potrebbero aiutare a identificare tali rare varianti.

Rebecca Wood, Chief Executive di Alzheimer Research UK, che ha cofinanziato la ricerca, ha detto: “Questi risultati rappresentano un importante passo avanti nella nostra comprensione della genetica della malattia di Alzheimer. Scoprire i geni coinvolti nella malattia di Alzheimer sarà cruciali per capire le cause della malattia e ci fornirà preziosi indizi per la ricerca di un trattamento efficace. Più di 820.000 persone sono affette da demenza nel Regno Unito, ma la ricerca è disperatamente sotto-finanziata. Dobbiamo investire maggiormente in ricerche come questa, se vogliamo sconfiggere la demenza”