depressione donnaPochi, sempre meno, e con un organico ridotto: è la fotografia scattata dal ministero della Salute sulla situazione dei consultori familiari in Italia, strutture finalizzate ad assicurare informazione e assistenza psicologica, sanitaria e sociale per la maternità, la paternità e la procreazione responsabile. A 35 anni dalla loro istituzione, ne risultano attivi solo 1.911 (dato 2009). Pochi, considerando che secondo la legge ce ne dovrebbero essere più di tremila. E invece di aumentare, la loro presenza sul territorio sembra ridursi. Nel 2007 se ne contavano 2.097, quindi in due anni ne sono stati chiusi o accorpati ben 186. Analizzando l’indagine pubblicata sul sito web del ministero della Salute, si scopre poi che solo in 6 Regioni (Piemonte, Provincia autonoma di Bolzano, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Marche e Sicilia) è presente in tutte le Asl un budget vincolato per l’attività dei consultori. Ma non è solo un problema di strutture. A scarseggiare è anche il personale che lavora all’interno dei consultori familiari. Secondo l’analisi, solo il 21% delle strutture dispone di 6-7 figure professionali, così come previsto dal Pomi (Progetto obiettivo materno infantile). Nel 45% dei casi il consultorio dispone di un’equipe di 4-5 figure, con le quali è possibile svolgere un lavoro “sufficiente anche se incompleto”. Nel 23% delle strutture l’equipe è invece composta da 1-3 professionisti fondamentali, “il che – secondo il ministero – lascia intendere che in questi consultori non si riesce a lavorare in maniera multidisciplinare”.

Le figure più presenti sembrano essere: l’ostetrica, lo psicologo, l’assistente sociale e il ginecologo. A scarseggiare sono: i pediatri, le infermiere pediatriche e le assistenti sanitarie. Analizzando i dati Regione per Regione, emerge che realtà consultoriale in Italia è estremamente disomogenea. Rapportando infatti la popolazione residente con il numero dei consultori rilevati nel 2007, emerge che la metà circa delle Regioni si trova molto distante da quella popolazione di riferimento di 20 mila abitanti in area urbana e 10 mila in area rurale, che è indicata dalla legge 34 del 1996. Se, infatti, nel 2007 esisteva in media un consultorio ogni 28.431 abitanti nel 2009 tale rapporto è ulteriormente sceso a 1 ogni 31.197 nel 2009. E comunque, il dato significativo che emerge dall’indagine del ministero è che, ad esclusione di Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Sardegna che fanno registrare un incremento del numero dei consultori nel 2009, nella stragrande maggioranza delle Regioni i consultori sono diminuiti o comunque risultano riaccorpati funzionalmente. Il monitoraggio ha preso in esame anche il numero dei locali all’interno dei consultori pubblici. Secondo la legge, queste strutture dovrebbero disporre di: locale per l’accoglienza degli utenti; segreteria e informazioni; locale per la consulenza psicologica diagnostica e terapeutica; locale per le visite ostetrico-ginecologiche e pediatriche; locale per le rii; lo spazio archivio. Ebbene, solo la Valle d’Aosta, la Provincia autonoma di Bolzano, quella di Trento, il Friuli Venezia Giulia, il Lazio, la Sardegna e la Sicilia hanno una media superiore all 50% di consultori con 5 o più locali. Il 18% delle Regioni non ha inviato risposta riguardo a questo quesito. Secondo l’indagine, La qualità dei consultori è giudicata dagli operatori buona per il 55%, mediocre per il 29% e solo il 3% delle sedi consultoriali viene definito fatiscente. “Questo – spiega il ministero nelle sue conclusioni del Rapporto – è un dato molto importante in quanto ci dice che con risorse contenute si potrebbe migliorare la qualità strutturale delle sedi”. La maggior parte dei consultori è provvisto di personal computer, anche se è basso il numero di quelli che dispongono di posta elettronica o di rete intranet predisposta a scambiare dati, condividere informazioni e facilitare la comunicazione all’interno della struttura e tra strutture. Sulla disponibilità nell’offerta dei giorni e degli orari di apertura tra le varie Regioni, si è infine riscontrato una omogeneità nell’apertura mattutina dai 3 ai 5 giorni alla settimana, mentre vi è una flessione nell’apertura pomeridiana che si riduce ad 1-2 pomeriggi alla settimana in quasi tutte le Regioni. Rara l’apertura nel giorno di sabato.

Da Adnkronos salute

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corsiaRoma, 19 nov. (Adnkronos Salute) – In calo le strutture sanitarie in Italia. Il trend emerge dall’Annuario statistico italiano 2010 dell’Istat, diffuso oggi. Ammontano a circa 17 ogni 100.000 abitanti gli ambulatori e i laboratori pubblici e privati convenzionati, in lieve diminuzione negli ultimi tre anni.

Nel 2007 sono circa 47.000 i medici di base presenti sul territorio nazionale, confermando un’offerta di assistenza sanitaria territoriale di 8 camici bianchi ogni 10.000 abitanti. I pediatri sono circa 7.700, 9 ogni 10.000 bambini fino a 14 anni. Riguardo ai Centri unificati di prenotazione sono diminuite in percentuale le Asl che hanno attivato il servizio, passando da 157 (su 180 aziende sanitarie) a 121 (su 171) tra il 2006 e il 2007.

In diminuzione anche le Asl che forniscono un servizio di trasporto per pazienti sottoposti a dialisi: erano 98 nel 2006 sono diventate 89 nel 2007. Nello stesso anno 167 Asl hanno il Dipartimento di salute mentale attivo, 141 quelle dotate di Dipartimento materno-infantile operativo 163 quelle con Dipartimento di prevenzione.

L’ospedale si conferma il settore sanitario che assorbe più risorse economiche, anche se il numero di posti letto in regime ordinario e day hospital è andato effettivamente diminuendo negli ultimi dieci anni (1997- 2006), passando da 6,1 a 4,5 posti letto ogni mille abitanti. La dotazione minima di posti letto, pari a 3,7 per mille abitanti, si registra in Umbria, quella massima, pari a 4,9 posti letto per mille abitanti, si riscontra in Trentino-Alto Adige. Nel 2008 sono stati dimessi dagli ospedali circa 12,1 milioni di italiani, le giornate di ricovero sono risultate quasi 75,4 milioni in 1.303 istituti (97,5% del totale). La degenza media si mantiene sostanzialmente stabile dal 2002, essendo passata da 6,7 a 6,8 giorni.

Ancora molti ricoveri vengono effettuati, per scelta o per necessità, al di fuori della propria regione di residenza. Per quanto riguarda i ricoveri per acuti la mobilità ospedaliera interregionale, nelle strutture pubbliche e private accreditate, riguarda circa 800 mila pazienti. A muoversi sono soprattutto i malati di regioni di piccole dimensioni (Valle d’Aosta, Molise, Basilicata), ma anche quelli residenti a Trento, in Liguria, Umbria, Marche, Abruzzo e Calabria.

isotretinoninaFino a sei mesi dopo la fine del trattamento con isotretinoina, per il trattamento dell’acne severa, aumenta il numero dei tentativi di suicidio. Il rischio, però, è maggiore anche prima che venga instaurato il regime terapeutico, e quindi non è chiaro quale sia il reale contributo del farmaco. In ogni caso, l’isotretinoina non andrebbe automaticamente prescritta in soggetti con una storia di tentato suicidio ed è opportuno instaurare un monitoraggio sui comportamenti suicidari fino a un anno dopo la fine della terapia. Sono queste le conclusioni di uno studio restrospettivo svedese condotto da Anders Sundström, del Karolinska institutet. e collaboratori. Tra i 5.756 pazienti cui è stata prescritta isotretinoina per acne severa nel periodo 1980-2001, 128 sono stati ricoverati in ospedale a seguito di un tentativo di suicidio. Durante l’anno precedente alla terapia, il rapporto standardizzato di incidenza per tentato suicidio era aumentato: 1,57 per tutti i tentativi e 1,36 contando solo il primo tentativo. Il rapporto standardizzato di incidenza durante e fino al sesto mese dopo il trattamento è stato di 1,78 per tutti i tentativi e 1,93 per il solo primo tentativo. Dopo tre anni di sospensione della terapia, il numero di tentativi osservati si è avvicinato al numero previsto ed è rimasto invariato nei 15 anni di follow-up, con un rapporto standardizzato di incidenza pari a 1,04 per tutti i tentativi e a 0,97 per il primo tentativo. Dodici (38%) dei 32 pazienti che hanno tentato il suicidio prima del trattamento hanno compiuto in seguito un nuovo tentativo, mentre ben 10 (71%) dei 14 soggetti che hanno tentato di suicidarsi nei sei mesi successivi alla sospensione della cura con isotretinoina ci hanno riprovato durante il follow-up.

Da BMJ, 2010; 341:c5812

“Quando le persone sono accettate e valorizzate, esse tendono a sviluppare un atteggiamento di mag­gior cura verso se stesse. Quando le persone sono ascoltate empaticamente, diventa loro possibile prestare un ascolto più accurato al flusso delle esperienze interiori. Ma via via che una persona com­prende se stessa, il Sé diventa più congruente con l’esperire. La persona diventa in tal modo più autentica, più genuina. Queste tendenze, che sono il corrispettivo degli atteggiamenti del terapista, consentono all’individuo di essere un promotore più efficace della propria crescita. C’è una libertà più grande nell’essere una persona vera, totale.”
Carl Rogers

L’Approccio Centrato sulla Persona si basa sul pensiero di Carl Rogers, secondo cui ogni persona è naturalmente dotata di una funzione di valutazione interna, “organismica”, che permette di autoregolarsi e di attualizzarsi. Tale funzione viene in varie forme limitata e “tradita”, seppur inconsapevolmente, dalla persona stessa nel corso del proprio processo di sviluppo che, nel tentativo di conquistare e mantenere la considerazione positiva delle persone significative, può giungere a negare o deformare la percezione di alcune aree della propria esperienza ed assumere un criterio di valutazione esterno, appartenente ad altri.

Il processo di difesa dell’io dagli elementi dell’esperienza che vengono valutati come minacciosi, produce effetti negativi sul benessere della persona: rigidità percettiva, causata dalla necessità di deformare alcuni dati esperienziali; assenza parziale o incapacità di discriminare percettivamente e simbolizzare correttamente l’esperienza, causata sia dalla distorsione che dall’omissione di alcuni elementi della stessa.

L’obiettivo del processo terapeutico è quello di consentire alla persona di riappropriarsi della propria capacità di valutazione interna e del proprio potere personale, favorendo lo sviluppo di congruenza e migliorandone il funzionamento globale. Il lavoro di supporto e di accompagnamento della persona, ha come obiettivo quello di aiutarla a ricontattare le proprie risorse interne riappropriandosi di gradi maggiori di libertà di scelta e di azione.

Il terapeuta rogersiano persegue questo obiettivo creando un ‘clima facilitante’ sostenuto dalla presenza della propria congruenza e capacità empatica e dall’ accettazione positiva incondizionata dell’altro.

Presso le nostre sedi operano terapeuti rogersiani. Per maggiori informazioni manda una e-mail a info@mens-sana.biz

Di Stefano Calore, Terapeuta Rogersiano di Mens Sana

“Quando le persone sono accettate e valorizzate, esse tendono a sviluppare un atteggiamento di mag­gior cura verso se stesse. Quando le persone sono ascoltate empaticamente, diventa loro possibile prestare un ascolto più accurato al flusso delle esperienze interiori. Ma via via che una persona com­prende se stessa, il Sé diventa più congruente con l’esperire. La persona diventa in tal modo più autentica, più genuina. Queste tendenze, che sono il corrispettivo degli atteggiamenti del terapista, consentono all’individuo di essere un promotore più efficace della propria crescita. C’è una libertà più grande nell’essere una persona vera, totale.”
Carl Rogers

L’Approccio Centrato sulla Persona si basa sul pensiero di Carl Rogers, secondo cui ogni persona è naturalmente dotata di una funzione di valutazione interna, “organismica”, che permette di autoregolarsi e di attualizzarsi. Tale funzione viene in varie forme limitata e “tradita”, seppur inconsapevolmente, dalla persona stessa nel corso del proprio processo di sviluppo che, nel tentativo di conquistare e mantenere la considerazione positiva delle persone significative, può giungere a negare o deformare la percezione di alcune aree della propria esperienza ed assumere un criterio di valutazione esterno, appartenente ad altri.

Il processo di difesa dell’io dagli elementi dell’esperienza che vengono valutati come minacciosi, produce effetti negativi sul benessere della persona: rigidità percettiva, causata dalla necessità di deformare alcuni dati esperienziali; assenza parziale o incapacità di discriminare percettivamente e simbolizzare correttamente l’esperienza, causata sia dalla distorsione che dall’omissione di alcuni elementi della stessa.

L’obiettivo del processo terapeutico è quello di consentire alla persona di riappropriarsi della propria capacità di valutazione interna e del proprio potere personale, favorendo lo sviluppo di congruenza e migliorandone il funzionamento globale. Il lavoro di supporto e di accompagnamento della persona, ha come obiettivo quello di aiutarla a ricontattare le proprie risorse interne riappropriandosi di gradi maggiori di libertà di scelta e di azione.

Il terapeuta rogersiano persegue questo obiettivo creando un ‘clima facilitante’ sostenuto dalla presenza della propria congruenza e capacità empatica e dall’ accettazione positiva incondizionata dell’altro.

Bibliografia:

Rogers, C. R.; Kinget, G. M. (1970) “Psicoterapia e relazioni umane. Teoria e pratica della terapia non direttiva”, Torino, Bollati Boringhieri
Rogers, C. R. (1983) Un modo di essere, Firenze, Psycho
Rogers, C. R. (2000) La terapia centrata sul cliente, Firenze, Psycho