ospedale psichiatricoRoma, 28 lug. (Adnkronos Salute) – Gravissime carenze igienico-sanitarie e strutturali, scarsità di personale ed eccessivo sovraffollamento degli spazi.

Cinque ospedali psichiatrici-giudiziari italiani (Opg) su sei vengono bocciati senza appello dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Ssn, che si è recata negli Opg di Barcellona Pozzo di Gotto (Me), Aversa (Ce), Napoli, Montelupo Fiorentino (Fi), Reggio Emilia e Castiglione delle Stiviere (Mn) per un’ispezione approfondita con l’obiettivo di verificare le condizioni di queste strutture nate negli anni ’70 per sostituire i manicomi criminali.

Solo l’Opg in provincia di Mantova è risultato in buone condizioni e con un’assistenza di qualità per le persone internate. Negli altri cinque ospedali i senatori che si sono recati in visita hanno rilevato “una sorta di inferno organizzato – ha detto il presidente della Commissione Ignazio Marino – dove senza problemi viene affermato anche dagli operatori che vi lavorano che i malati stanno vivendo una sorta di ergastolo bianco”.

Tra il profilo sanitario e penitenziario, negli Opg visitati, a parte rare eccezioni – ha proseguito Marino – prevale l’approccio carcerario ed è pressoché assente l’impostazione terapeutica”. Più carceri che ospedali, dunque, dato anche che, paradossalmente, in queste strutture mancano gli psichiatri: “c’è spesso un medico di medicina generale per centinaia di pazienti, che riescono a vedere uno specialista per meno di un’ora alla settimana”, racconta Marino.”Nei fatti – ha detto il senatore Michele Saccomanno (Pdl), che si è recato in visita negli ospedali con Marino e i senatori Daniele Bosone (Pd), Donatella Poretti (Pd), e con i carabinieri del Nas – almeno cinque dei sei Opg esistenti sul territorio italiano sono ancora manicomi criminali. Le persone internate vivono delle vere e proprie via crucis. Anche i direttori di queste strutture sono spesso insensibili e accettano la situazione senza fare nulla. E con i giorni di afa appena trascorsi, il quadro si è fatto ancora più preoccupante: ho visto pazienti conservare una bottiglia d’acqua all’interno del wc per mantenerla fresca”.

mri-brain-imageDi Marco Paolemili

In uno studio sperimentale per il trattamento della depressione maggiore, dei test pre-trattamento usati per sondare la funzione di un centro specifico del cervello potrebbero dare previsioni su come i pazienti risponderanno alla chetamina, un farmaco che può migliorare rapidamente i sintomi della depressione in alcuni individui. Il lavoro suggerisce che potrebbe essere possibile sviluppare metodi per utilizzare tali valutazioni in futuro, non solo per comprendere meglio la depressione, ma per guidare le scelte di trattamento.

Resta urgente il bisogno di nuovi farmaci antidepressivi che funzionino con meccanismi alternativi a quelli esistenti. Vi è una particolare necessità di farmaci che possano agire più rapidamente di quelli attualmente disponibili, che possono richiedere settimane, e di modi per prevedere quali pazienti possano essere aiutati da farmaci specifici. La chetamina, il farmaco usato in questo studio, può alleviare i sintomi della depressione entro poche ore. Mentre però la ketamina ha effetti collaterali che la escludono come trattamento per la depressione, continuare la ricerca sulla ketamina può contribuire a fornire la base per lo sviluppo di altri farmaci con un meccanismo simile, buona sicurezza e rapidità di azione.

Una strada percorribile verso lo sviluppo di nuovi farmaci è quella di mappare i circuiti del cervello che non funzionano normalmente durante la depressione. Gli scienziati possono monitorare il livello di funzione di specifiche aree cerebrali, mentre un soggetto sta svolgendo un compito mentale. Lo stesso tipo di monitoraggio può essere utilizzato anche prima di iniziare un trattamento antidepressivo per determinare l’attività di base del cervello in pazienti con depressione e le differenze di attivazione che possono correlare con un miglioramento clinico.

In questo studio quindici pazienti con depressione maggiore, prima di ricevere la ketamina, hanno effettuato un test che ha coinvolto la memoria di lavoro, il tipo di memoria a breve termine chiamata in causa, per esempio, quando si tiene in mente un numero di telefono.

Mentre i pazienti effettuavano gli esercizi, i ricercatori hanno monitorato l’attività in una zona del cervello che ha collegamenti sia emotivi che cognitivi con altri centri del cervello: la corteccia cingolata anteriore pregenuale (pgACC). La tecnologia di monitoraggio utilizzata è chiamata magnetoencefalografia (MEG) che analizza i campi magnetici creati dall’attività elettrica dei neuroni nel cervello.

Tra i pazienti depressi che hanno eseguito il test di memoria di lavoro (che non implica alcun contenuto emotivo), quelli nei quali la pgACC era meno attiva, il miglioramento dei sintomi in risposta alla ketamina è stato maggiore. In ricerche precedenti, quando i pazienti depressi visualizzavano immagini a contenuto emotivo (volti spaventosi), quelli in cui la pgACC era più attiva, il miglioramento dei sintomi in risposta alla ketamina era maggiore. Presi insieme, i risultati suggeriscono che una bassa attività di questa parte del cervello in risposta a compiti non emotivi, e ad alta attività in risposta a compiti a contenuto emotivo, possono prevedere come una persona affetta da depressione può rispondere alla ketamina.

Questo studio ha anche esaminato se l’attività della pgACC possa trovare riscontro nell’attività simultanea dell’amigdala, una parte del cervello che svolge un ruolo nella elaborazione emotiva. Pazienti in cui vi era una sincronia stretta tra i due centri del cervello durante il compito di memoria di lavoro sono risultati meno sensibili alla chetamina.

In questo studio, effettuato dagli scienziati del National Institute of Mental Health Giacomo Salvadore, Carlos Zarate e colleghi, l’attività nella pgACC, e il grado con cui questa è funzionalmente connessa all’amigdala, hanno potuto fungere da indicatori, o biomarkers, del grado in cui i pazienti avrebbero risposto al trattamento con chetamina. Dare a degli individui un compito che impegna il cervello in modi specifici aiuta i ricercatori a misurare l’efficienza con cui un circuito cerebrale specifico è in funzione. Gli autori spiegano che negli studi con soggetti sani, l’attività della pgACC è aumentata quando una persona elabora informazioni con contenuto emozionale, ma non quando una persona si sta concentrando su uno stimolo più emotivamente neutro.
Nelle persone depresse, in cui il pattern di attivazione della pgACC era più vicina a quella osservata nei soggetti non depressi, le risposte al trattamento apparivano migliori. Gli autori osservano anche che il circuito di regolazione dell’umore studiato in questo lavoro sembra essere attivo nei pazienti depressi, anche quando gli viene dato un compito senza contenuto emotivo.

Oltre a farmaci in via di sviluppo con nuovi meccanismi di azione, sarà importante sviluppare metodi per prevedere chi risponderà a questi trattamenti. Questo studio fornisce indizi per capirer meglio i circuiti sottostanti la depressione maggiore e per eventuali futuri approcci a trattamenti più efficaci.

alcol fobia Chiunque, a qualsiasi età, può avere problemi di alcolismo. “A Zio Giorgio è sempre piaciuta la sua grappa, e la sua famiglia non riesce a vedere che il suo problema col bere peggiora come lui diventa più vecchio. Nonna Beatrice è stata un’astemia per tutta la vita, ha iniziato con un bicchierino ogni sera per aiutarsi a prendere sonno dopo la morte del marito. Ora, nessuno si rende conto che ha bisogno di un paio di bicchieri ogni giorno per far passare le giornate”.

Queste sono storie comuni. Il fatto è che le famiglie, amici e operatori sanitari spesso non si preoccupano dell’assunzione di alcol negli anziani. Inoltre, come il corpo gestisce l’alcool può cambiare con l’età: si può bere sempre la stessa quantità di alcol, ma nel frattempo il tuo corpo è cambiato…

L’alcol può agire in modo diverso nelle persone anziane rispetto ai giovani. Alcune persone anziane possono sentirsi “sù” senza aver dovuto aumentare la quantità di alcol. Questo star “sù” rende più alta la probabilità di avere incidenti, comprese le cadute, le fratture e gli incidenti stradali.
Bere troppo alcool nel corso di un lungo periodo può:

Aumentare della frequenza di alcuni tipi di cancro, danni al fegato, disturbi del sistema immunitario e del sistema nervoso.
Peggiorare alcune condizioni di salute, quali l’osteoporosi, il diabete, l’ipertensione e le ulcere.
Provocare alcuni problemi medici, difficili da diagnosticare e trattare. Per esempio, l’alcol provoca cambiamenti nel cuore e nei vasi sanguigni. Questi cambiamenti possono portare un dolore sordo che potrebbe essere un segnale di avvertimento di un attacco cardiaco.
Aumentare difficoltà di memoria, che possono essere scambiate per sintomi di Morbo di Alzheimer.

Alcool e farmaci

Molti farmaci soggetti a prescrizione, quelli da banco, o i rimedi a base di erbe, possono essere pericolosi o addirittura mortali se mescolati con l’alcool e bisogna rendersi conto che gli anziani assumono spesso molti farmaci ogni giorno. Prima di prendere qualsiasi medicinale quindi, rivolgetevi al medico per sapere se è possibile tranquillamente bere alcolici assieme. Ecco alcuni esempi di problemi causati da alcool mescolando con alcuni medicinali:

Se si prende l’aspirina e si beve alcol, il rischio di sanguinamento gastrico o intestinale è aumentato.
Se combinato con l’alcool, i farmaci per l’allergia e il raffreddore (gli antistaminici) possono far sentire molto sonno.
L’alcol utilizzato con alte dosi di paracetamolo, un antidolorifico comune, può causare danni al fegato.
Alcuni farmaci, come sciroppi per la tosse e lassativi, hanno un elevato contenuto di alcool. Se si beve nello stesso tempo, il livello di alcool nel sangue salirà pericolosamente.
L’alcol utilizzato con dei sonniferi, antidolorifici, ansiolitici o antidepressivi può essere mortale.

Quando l’alcool è troppo?

L’Istituto nazionale per l’abuso di alcool e l’alcolismo, parte del National Institutes of Health americano, raccomanda che le persone sane e con più di 65 anni non dovrebbero bere più di 7 bicchieri a settimana e non più di 3 bicchieri in un singolo giorno.

Un bicchiere, o unità alcolica, equivale a:

Una lattina da 33 cl di birra normale
Un normale bicchiere di 5 grammi di vino rosso o bianco
Un bicchierino di superalcolici (spiriti) come gin, vodka o whisky.

Quando bere diventa un problema?

Alcune persone sono state forti bevitori per molti anni. Ma, proprio come con Zio Giorgio, nel corso del tempo la stessa quantità di alcol ha una “funzione” più potente. Altre persone, come la nonna Beatrice, possono sviluppare problemi di alcolismo più tardi nella vita. A volte questo è il risultato di importanti cambiamenti come la morte di amici o di una persona cara, trasferirsi in una nuova casa o il peggioramento della salute. Questi tipi di cambiamenti possono portare solitudine, noia, ansia o depressione. In realtà, la depressione in adulti più anziani spesso è correlata o causata dal bere troppo.

Non tutti quelli che bevono alcolici ogni giorno hanno un problema col bere. E non tutti i bevitori problematici bevono ogni giorno. Potrebbe avere bisogno di aiuto una persona che si nasconde quando beve, assume più di sette bicchieri a settimana, o si fa del male o fa male agli altri quando beve.

Chiedere aiuto

Se si vuole smettere di bere, la prima cosa da fare è chiedere aiuto. Inizia a parlarne con il medico di base: può essere in grado di darti consigli sul trattamento. Anche i servizi sociali locali possono fornire un aiuto. Queste sono alcune cose che potete provare:

Chiedete al vostro medico quale medicina possa essere utile per voi.
Parlate con un consulente esperto che conosce i problemi di alcol nelle persone anziane.
Trovate un gruppo di sostegno per gli anziani con problemi di alcol.
Cominciate un programma di 12-step, come gli AA (Alcolisti Anonimi), che offrono sostegno alle persone che vogliono smettere di bere.
Trovate una persona, un familiare o una terapia di gruppo che possa capirvi e sostenervi.

Ci sono molte cose che potete fare per ridurre o smettere di bere:

Contare quanti grammi di alcol ci sono in ogni bevanda e farvi un rapido conto.
Tenere traccia del numero di bicchieri bevuti ogni giorno.
Decidere quanti giorni alla settimana si desidera bere, pianificando alcuni giorni senza alcol.
Non bere più di una bevanda alcolica in un’ora. Al posto di alcol, bere acqua, succhi, o altre bevande.
Assicurarsi di mangiare quando si beve. L’Alcol entrerà nel vostro sistema più lentamente se si mangia del cibo.
Prendersi il tempo per pianificare il proprio futuro. Ecco alcune cose, come esempio:

Sviluppare interessi che non riguardano l’alcool.
Evitare persone, luoghi e momenti della giornata che possono scatenare la voglia di bere.
Pianificare altre attività da svolgere quando si avrà voglia di bere.
Imparare a dire “no, grazie” quando viene offerta una bevanda alcolica.
Ricordare che rimanere in buona salute significa potersi divertire di più, provare il piacere delle cose della vita, come la nascita di un nipote, un lungo viaggio, una visita inaspettata o una festa.
Nessuno vuol farsi del male o vorrebbe ferire gli altri come conseguenza dell’aver bevuto troppo alcool. Tuttavia, ciò può accadere se si beve più di quanto si dovrebbe. Bisogna essere consapevoli di come il proprio corpo cambia con l’età. Stare attenti a questi cambiamenti, regolando la quantità di alcool può permettere di continuare a bere tranquillamente e continuare a godersi la vita al meglio.

Nei nostri centri sono disponibili programmi di trattamento specializzati per anziani con problemi di alcol.

Per maggiori informazioni o semplicemente per un consiglio potete inviare una email a info@mens-sana.biz.
Per fissare un primo incontro potete telefonare allo 06 8339 0682.

malati di AlzheimerRoma, 13 lug. (Adnkronos Salute) – Nel Lazio continua ad essere squilibrato il rapporto tra offerta ospedaliera e territoriale, la prima resta nettamente superiore. L’assistenza domiciliare rimane quindi una chimera per tutti i cittadini laziali.

E’ l’aspetto più importante del II Rapporto dell’Audit civico del Lazio, realizzato da Cittadinanzattiva Tribunale dei diritti del malato e in collaborazione con la Regione Lazio, presentato oggi a Roma alla presenza del governatore Renata Polverini.

Il lavoro è stato condotto da 120 volontari che hanno analizzato 111 strutture laziali. In particolare: 29 ospedali, 18 distretti, 34 poliambulatori, 18 centri per la salute mentale e 12 Sert per un totale di 20 aziende di riferimento tra Asl, aziende ospedaliere e Ircss.”Dai nostri dati – spiega Giuseppe Scaramuzza, segretario regionale di Cittadinanzattiva – emerge come la vera emergenza regionale sia proprio l’assistenza domiciliare”. Un servizio garantito solo in alcuni giorni, nei festivi e nei prefestivi, infatti, l’unica soluzione resta sempre l’ospedale. “Anche in occasioni di banali emergenze come la necessità di applicare un catetere vescicale – sintetizza Scaramuzza – si hanno due sole possibilità: o si ricorre all’ospedale o si pagano onerose prestazioni”.

I cittadini lamentano anche di non ricevere spesso adeguate informazioni per poter usufruire al meglio dei servizi a loro disposizione, anche se un altro problema gravoso resta quello delle cure primarie. “Bisogna potenziare il territorio – tuona Cittadinanzattiva – questo aspetto è il vero anello debole del sistema. Chiediamo quindi alla Regione un’assistenza domiciliare attiva 7 giorni su 7″. L’assistenza ospedaliera resta dunque un punto di forza di tutto il Sistema sanitario regionale (Ssr). Eppure ci sono ospedali di serie A e ospedali di serie B.

Quelli che dipendono dalle Asl, ad esempio, hanno registrato performance peggiori rispetto ai loro colleghi dipendenti da aziende ospedaliere o Ircss. Sottili differenze esistono anche tra due reparti della stessa struttura. I punteggi inferiori comunque riguardano l’informazione e la comunicazione, il comfort e la personalizzazione delle cure.

E’ necessario sviluppare modalità di accoglienza e di assistenza ai degenti attente alle differenze culturali e agli aspetti socio relazionali che – prosegue il rappresentante di Cittadinanzattiva – fanno parte della presa in carico della persona che ha bisogno di cure in una cultura dell’umanizzazione delle cure e dell’assistenza”. E’ quindi necessario, prosegue l’associazione, “guarire la sindrome dell’abbandono che colpisce il cittadino quando dall’ospedale passa al territorio. Bisogna fare in modo che i cittadini la smettano di cavarsela da soli”.

psicoanalisiÈ quanto risulta dal “Rapporto Audit civico nella salute mentale: i cittadini valutano i servizi” presentato oggi a Roma da Cittadinanzattiva, Tribunale per i diritti del malato.

Il Tribunale del malato ha concluso un’indagine a campione su un centinaio di servizi di psichiatria su tutto il territorio italiano. In ogni azienda sanitaria coinvolta sono emerse una o più violazioni. Locali troppo spesso fatiscenti, urgenze poco coordinate e scarsa integrazione socio-sanitaria, denunciati anche casi limite di violazioni dei diritti umani. Servizi psichiatrici tra luci e ombre ma, questa la costante, strutturalmente poco accoglienti per i locali fatiscenti e poco curati. Aspetti critici restano la sicurezza dei pazienti, la scarsa accessibilità, orari dei servizi e reperibilità in emergenze-urgenze, l’informazione, il rapporto con le famiglie e l’integrazione con gli altri attori della sanità. Solo il 40% dei centri di salute mentale ha le linee guida per pazienti a rischio suicidio.

«Bisogna sanzionare chi viola palesemente i diritti umani con trattamenti sanitari obbligatori anche nei casi in cui non sono necessari; situazioni in cui si legano le persone, si tengono le porte chiuse a chiave, si fa un uso massiccio di psicofarmaci come unica risposta – denuncia Francesca Moccia, coordinatore nazionale del Tribunale del malato -sviluppare le reti del mutuo-aiuto e delle esperienze che a queste si ispirano; rafforzare i servizi nella dimensione territoriale per ridurre i ricoveri ospedalieri».

Fonte:
Salute di Repubblica, pag. 34

farmaciCon l’entrata in commercio dei farmaci monouso e di quelli in confezioni conformi si potrebbero risparmiare ogni anno di 600-700 milioni di euro.

La campagna volta alla trasparenza dei farmaci generici, il cosiddetto Mr. Prezzi, voluta dal Garante nel 2008 è stato un flop: lo sostiene l’Associazione Altroconsumo.

Secondo Altroconsumo “L’iniziativa in verità non ha mai veramente preso piede”. Per l’Associazione oggi, a distanza di due anni dal primo monitoraggio i dati in possesso dimostrano ancora una volta lo scarso appeal della campagna “prezzi dei farmaci trasparenti” .
Secondo la rilevazione di quest’anno (aprile 2010) condotta nelle farmacie, nelle parafarmacie e nei corner della grande distribuzione di dieci città italiane, solo un quarto dei punti vendita espone il cartello “prezzi trasparenti” e quasi mai in vetrina (solo tre volte su dieci).

“In compenso – dichiara l’associazione – quasi il 20% dei punti vendita espone cartelli promozionali, cosa che dimostra la tendenza, da noi spesso criticata, a trattare i farmaci come prodotti civetta per allettare i consumatori a comprare sempre più medicine e simili”.

E ancora una volta si torna al punto di partenza con il problema del caro farmaci mentre i Nas continuano a sequestrare farmaci venduti illegalmente, contraffatti e pericolosi che però continuano a prendere piede sebbene vietati per soddisfare le necessità di risparmio di chi arranca alla fine del mese.
Altre due Associazioni, si tratta in questo caso della Federconsumatori e dell’Adusbef propongono la creazione di confezioni di farmaci monouso.

La possibilità di acquistare scatole adattate ai trattamenti prescritti permetterebbe di abbattere il prezzo delle confezioni creando un risparmio ai cittadini pari a 600-700 milioni di euro annui ed evitare inutili sprechi risparmiando così anche sui costi dello smaltimento e riciclo di farmaci avanzati. Questa è solo la prima strada che porta verso il risparmio visto che c’è poi anche quella riguardante la possibilità di acquistare farmaci in confezioni monouso e/o conformi. A metterlo in risalto è in particolare la Federconsumatori, la quale sottolinea come sia estremamente necessario mettere a punto una riforma che permetta l’immissione in commercio di farmaci monouso e con confezioni conformi all’utilizzo del consumatore. Se infatti, ad esempio, si acquista una confezione di farmaci generici costituita da 20 pasticche, ma al consumatore è stata prescritta l’assunzione di sole 10 pasticche, è chiaro che le altre 10 rappresentano uno spreco ed un costo che al cittadino può essere evitato.

Per quanto concerne invece la vendita di farmaci online per la senatrice Radicali/Pd, segretaria commissione Igiene e Sanità, Donatella Poretti, se l’Italia rimane uno dei Paesi dove la vendita (illegale) online di farmaci è maggiormente diffusa, la legalizzazione della vendita online di farmaci permetterebbe ai milioni di italiani che ad oggi non rinunciano all’acquisto via Web di comprare online in modo sicuro e controllato con evidenti risparmi di tempo e di denaro.
Resta da chiedersi quanto realmente possano essere messe in atto politiche di taglio dei prezzi.
Per Federfarma la manovra economica del Governo che prevede un taglio alla spesa sui farmaci è insostenibile per le farmacie e rischia di farne chiudere un numero elevato.
“Ciò accade – scrive in un comunicato Federfarma – proprio mentre le farmacie stanno impegnandosi per organizzare i nuovi servizi previsti per soddisfare le esigenze di salute della popolazione, in particolare delle fasce più deboli, anziani e cronici. Le farmacie rurali italiane, le farmacie piccole e presenti in tutto il Paese, patrimonio essenziale del nostro sistema sanitario e sociale – continua Federfarma – non vogliono minimamente sottrarsi al dovere di ogni cittadino e ancor più di ogni professionista responsabile di contribuire per la propria parte ai sacrifici richiesti dal Governo.

Tuttavia, le farmacie rurali contestano l’iniquità di un provvedimento che scarica di fatto il peso del risparmio relativo alla spesa per farmaci sulla sola farmacia, non coinvolgendo l’intera filiera, come correttezza ed equità richiederebbero”.

Il capitolo caro farmaci resta perciò aperto su più fronti e ancora lontano dalla proposta di soluzioni concrete che possano permettere ai cittadini di risparmiare sulla loro bene più prezioso: la salute.

Da Ftaonline News