Secondo uno studio pubblicato su JAMA Psychiatry, la risonanza magnetica funzionale (fMRI) potrebbe essere usata per predire quali pazienti con disturbo depressivo maggiore in remissione abbiano più probabilità di avere ulteriori episodi di depressione.
I ricercatori hanno arruolato 64 pazienti che erano in remissione (ovvero senza sintomi) dal disturbo depressivo maggiore, senza alcun farmaco prescritto, sottoponendoli a scansioni cerebrali con la fMRI alla ricerca di connessioni atipiche nel cervello.
Durante le scansioni ai partecipanti è stato chiesto di immaginare di agire male nei confronti dei loro migliori amici e ricordare momenti in cui hanno vissuto emozioni spiacevoli, senso di colpa. Nel corso di 14 mesi sono stati visti regolarmente e monitorati per i loro sintomi. Alla fine dello studio 37 pazienti erano rimasti in remissione, mentre 27 avevano avuto una recidiva della loro depressione.
Nelle scansioni fMRI di chi ha avuto un altro episodio di depressione c’era una connettività minore tra due parti del cervello che sono state precedentemente legate al senso di colpa: il lobo temporale anteriore e la regione subgenuale.
Le persone che sono rimaste in remissione nel corso dell’anno successivo, non hanno avuto questa maggiore interconnessione tra le aree. I ricercatori hanno anche testato l’approccio su un gruppo di controllo di 39 persone senza storia personale o familiare di disturbo depressivo maggiore, trovando che anch’essi non hanno questa maggiore interconnessione.
Utilizzando queste informazioni i ricercatori sono stati in grado di prevedere chi avrebbe avuto un altro episodio depressivo e chi sarebbe rimasto in remissione con una precisione complessiva del 75 per cento (48 su 64 casi predetto). Per il 25 per cento dei pazienti la previsione non è riuscita (16 su 64).
Questo è il primo studio a dimostrare che la fMRI può essere usata per fare previsioni su chi svilupperà la depressione in futuro, una volta che un precedente episodio sia terminato. Questi risultati potrebbero significare che la fMRI potrebbe aiutare i medici a prendere decisioni migliori su chi dovrebbe proseguire gli antidepressivi e chi deve fermarsi.
Prima che questo approccio possa essere implementato e utilizzato in clinica, abbiamo bisogno di verificare il lavoro svolto in altri gruppi indipendenti di pazienti e di migliorare, in modo che la precisione possa raggiungere l’80 per cento. Se studi futuri raggiungeranno questi livelli, allora questo approccio sarà di vitale importanza, perchè attualmente non esistono metodi precisi per prevedere chi avrà una ricaduta dopo il recupero.