Il paradigma tradizionale per il trattamento dei pazienti con depressione e insonnia è stato quello di concentrarsi sempre sulla depressione in attesa che i problemi del sonno svaniscano assieme ai sintomi depressivi.

Noi di Mens Sana lo abbiamo sempre considerato un errore e durante l’ultimo congresso annuale dell’European College of Neuropsychopharmacology, il principio è stato riaffermato con forza.

Questa strategia di trattamento è insufficiente, perché l’insonnia non trattata raramente migliora. Impedisce il recupero dalla depressione, aumenta il rischio di nuovi episodi depressivi e causa continue sofferenze a causa del sonno scarso.

Diversi studi scientifici hanno dimostrato che l’insonnia con depressione comorbida non è semplicemente un sintomo di depressione; richiede un trattamento specifico. Questi studi hanno dimostrato che non solo le benzodiazepine possono essere efficaci per trattare l’insonnia in comorbidità con la depressione.

Una terapia cognitivo comportamentale, incentrata sull’insonnia dà ottimi risultati, anche nel lungo termine e molti pazienti mantengono una buona qualità del sonno per oltre tre anni, cioè anche molto tempo dopo il termine dell’episodio depressivo. Inoltre, l’utilizzo della terapia cognitivo comportamentale riduce l’utilizzo dei farmaci, riducendo effetti collaterali e rischi come quelli di mettersi alla guida di automobili dopo aver assunto benzodiazepine.

I dati dimostrano inoltre che il trattamento dei pazienti con terapia per l’insonnia è stata efficace anche per migliorare la gravità della depressione. Migliorare la qualità del sonno riduce la tensione emotiva, migliora le funzioni cognitive e migliora il tono dell’umore e l’energia fisica.

Altre analisi a lungo termine hanno anche dimostrato che le persone che presentavano disturbi del sonno, ridotta quantità e qualità del sonno, a 12 mesi dall’inizio delle misurazioni presentavano sintomi depressivi significativamente peggiori per intensità e frequenza e una percentuale di ripresentazione di un episodio depressivo a 36 mesi, significativamente minore rispetto a chi non aveva un buon sonno. Un sonno migliore, quindi, può prevenire la depressione a lungo termine.

I professionisti che vivono negli Stati Uniti stanno lavorando di più (8,17 ore) e dormendo sempre meno (6,7 ore) al giorno, secondo una recente indagine condotta da Opportunity. Il lavoratore medio americano dorme meno delle 7 ore minime di sonno raccomandate dalla National Sleep Foundation, che afferma che l’adulto medio sano ha bisogno di 7-9 ore di sonno a notte per funzionare ad un tasso elevato.

Ispirato da altri studi recenti simili, che hanno analizzato la quantità di sonno che il lavoratore medio americano dorme per notte, Opportunity ha ampliato il campione tra la rete professionale di più di 2.000.000 di suoi utenti per confrontare i risultati.

I professionisti americani stanno lavorando di più e dormendo di meno negli ultimi anni. Nel complesso, il professionista americano mediamente dorme 6,7 ore di sonno durante i giorni lavorativi (con quasi il 40% che afferma di dormire meno di 6 ore per notte – forse meno), lavorando una media di 8,17 ore al giorno (ma il 40% lavora fino a 10 ore al giorno). È interessante notare che, anche se gli uomini lavorano 30 minuti più delle donne al giorno, hanno quasi 1 ora in più di sonno. I maschi hanno mediamente 6,91 ore di sonno per notte contro 8,26 ore di lavoro al giorno, mentre le femmine hanno in media 6,36 ore di sonno contro 8,0 ore di lavoro.

La scoperta interessante di questo sondaggio è che il 36% degli intervistati ha affermato di controllare il loro telefono almeno una volta durante la notte (durante le ore di sonno), portando gli studiosi a concludere che il numero medio di ore di sonno dei professionisti  potrebbe in realtà essere ancora meno.

Sulla base dell’età, il campinone con età di 18-34 anni dormono meno (6.11 ore) mentre quelli di età 45-60 anni dormono di più (6.91). Il gruppo di età 18-34 anni, che perde più sonno, è anche quello con la  media più bassa, di sole 7,77 ore di lavoro al giorno. Coloro che hanno lavorato maggiormente (8,4 ore) erano nell’età di 35-44 anni.

I professionisti coniugati lavorano di più (8,22 ore) e dormono meno (6,69 ore) rispetto alle rispettive controparti singole (rispettivamente 8,10 e 6,79 ore).

Infine, i professionisti che si descrivono come “imprenditori” sorprendentemente hanno affermato di lavorare meno ore (7,90 ore) rispetto a quelle che si descrivono come “dipendenti” (8,44 ore). Entrambi affermavano simili patters di sonno, rispettivamente 6,96 vs 6,91 ore.

Benchè i dati si riferiscano alla popolazione statunitense, anche senza studi di confronto, è facile pensare che la situazione in Europa possa essere simile. Un ridotto tempo dedicato al sonno, inferiore alle 7 ore, provoca disturbi nell’uomo e nella donna: dalla facile stancabilità, al calo della performance, fino ad agire come fattore di rischio per l’insorgenza di disturbi psichiatrici.