L’ansia è l’emozione che gli esseri umani sperimentano quando credono di essere esposti ad una minaccia.

ansia

Quando ci si trova in situazioni stressanti o minacciose, scatta automaticamente una risposta fisiologica che da migliaia di anni fa parte del nostro corredo biologico e prepara il corpo a difendersi dalla fonte di paura mediante un intenso sforzo fisico di attacco – se si affronta la minaccia – o di fuga se si fugge da essa.
L’ansia o reazione di attacco/fuga è una risposta programmata geneticamente ed un certo grado di ansia può essere utile non solo in presenza di un pericolo fisico, ma anche in alcune attività che richiedono impegno, concentrazione, attenzione a non sbagliare: chi fosse totalmente rilassato durante un incontro sportivo, un esame o un colloquio di lavoro non darebbe il meglio di sé. Entro certi limiti l’ansia è dunque utile, anzi necessaria; è l’ansia eccessiva che comporta, al contrario, effetti negativi sulle prestazioni.

Se l’ansia diventa eccessiva e viene sperimentata troppo frequentemente e causa un disagio importante nella vita della persona, compromettere le attività quotidiane, si parla di disturbi d’ansia.

Il panico rappresenta un’ansia o una paura estrema in circostanze apparentemente del tutto innocue. Non siamo di fronte ai pericoli o a situazioni che richiedono impegno e concentrazione, ma la risposta di attacco o fuga si attiva in un momento sbagliato, in assenza di un vero pericolo esterno: è l’attacco di panico. Come l’allarme di una macchina troppo sensibile può attivarsi fuori tempo, così un sistema di allarme fisiologico troppo sensibile attiva la reazione di attacco o fuga quando non ce n’è bisogno e produce ansia nelle situazioni nelle quali la maggior parte delle persone rimane relativamente tranquilla.

Gli attacchi di panico sono il risultato di una complessa interazione di reazioni fisiche, pensieri ed emozioni.
Stiamo guidando la nostra auto ed improvvisamente avvertiamo una sensazione di tensione emotiva. Il cuore comincia palpitare, aumenta la sudorazione, ci si sente strani, i pensieri arrivano velocemente alla mente: “cosa succede se svengo o ho un infarto? Se mi sentirò male e avrò bisogno di cure mediche, sono lontano da casa e c’è molto traffico…chi mi soccorrerà?” La frequenza del respiro accelera, paura ed apprensione aumentano: “potrei perdere il controllo di me stesso, uscire dalla macchina e gridare”. Dopo pochi minuti il panico passa ma ci si sente deboli, spaventati da quello che è appena successo e preoccupati che gli stessi sintomi possano ripresentarsi ancora.

I pensieri chiave nei problemi d’ansia sono costituiti da interpretazioni errate di sensazioni corporee o mentali. Un’accelerazione del battito cardiaco può venire male interpretata come attacco di cuore, un disorientamento momentaneo può passare per un inizio di pazzia. Non accade di rado che chi soffre di attacchi di panico si rechi al pronto soccorso, ma solo per scoprire di essere in ottima salute e senza pericoli in agguato. Avvertire improvvisamente dei sintomi di ansia e non comprenderne il motivo è allarmante: ad una percezione di pericolo i sintomi fisiologici della reazione attacco o fuga tendono a permanere ed aumentare di intensità.

Cosa accadrebbe se, invece di interpretare i sintomi iniziali come segno di un imminente malessere e catastrofe, avessimo osservato più attentamente le circostanze della nostra vita e scoperto che è stato lo stress accumulato ad aver portato a queste reazioni così intense? L’ansia è una reazione che può attivarsi in risposta a situazioni di vita difficili che stiamo attraversando, come ad esempio stress sul lavoro o difficoltà relazionali. Anche in questi casi possiamo avvertire i sintomi fisiologici dell’ansia che, se non adeguatamente interpretati, possono spaventarci e provocare ulteriore malessere. Nelle persone che soffrono di attacchi di panico si verifica un circolo vizioso per il quale sintomi fisici, emozioni e pensieri interagiscono tra loro per incrementarsi rapidamente. Un attacco di solito raggiunge il picco entro 10 minuti, ma alcuni sintomi possono durare a lungo, tanto da scatenare nella persona un’ansia secondaria di avere un nuovo attacco di panico. Quest’ansia fa si che la persona viva in un costante stato di paura e allarme, limitando in molti casi la sua normale vita sociale che aveva prima di sperimentare questo problema. L’evitamento delle situazioni temute è il meccanismo alla base della prigione che gli attacchi di panico costruiscono attorno alla persona, prigione all’interno della quale l’individuo si sente più sicuro ma allo stesso tempo triste e senza speranza.

L’intervento psicoterapeutico cognitivo-comportamentale risulta particolarmente indicato e scientificamente riconosciuto per affrontare efficacemente i problemi legati all’ansia e agli attacchi di panico.

Il disturbo di panico è uno dei più curabili fra tutti i disturbi d’ansia; più precoce è l’intervento e più la persona può tornare in un periodo relativamente breve a riprendere completamente in mano la propria vita. Le persone che sperimentano attacchi di panico spesso sono molto confuse e paralizzate dalla paura perché da sole non riescono a capire cosa gli stia succedendo e non riescono neanche a farsi capire quando lo raccontano agli altri, perché non sanno se sia un problema fisiologico, psicologico o entrambe. La diagnosi precoce è molto importante per rivolgersi al professionista giusto e affrontare questo problema che crea molta sofferenza ma che è assolutamente risolvibile con un intervento mirato psicologico e farmacologico laddove indicato.

timidezza

La maggior parte dei bambini attraversa momenti in cui molte cose creano spavento. È una fase normale della crescita.

Ad esempio, un bambino piccolo sarà molto legato ai suoi genitori o alle persone che si prendono cura di loro. La separazione da loro, per qualsiasi motivo, può renderlo molto ansioso e turbato.

Molti bambini hanno paura del buio o di mostri immaginari.

Queste paure di solito scompaiono quando il bambino cresce, solitamente senza danneggiare la vita del bambino o interferendo con lo sviluppo.

Molti bambini si sentiranno in ansia per eventi importanti come il loro primo giorno di scuola. Una volta affrontata la situazione, il bambino smette di essere spaventato ed è in grado di andare avanti e godersi la nuova esperienza.

Anche gli adolescenti spesso si sentono ansiosi. Tendono a essere preoccupati per il loro aspetto fisic o, per ciò che gli altri pensano di loro, per come vanno d’accordo con le persone in generale, ma soprattutto di avere relazioni strette, per lo più sentimentali.

Di solito queste preoccupazioni possono essere superato parlandone. Tuttavia, se sono troppo forti e radicate, si può cominciare a notare che il rendimento scolastico peggiora, il modo di comportarsi cambia o cominciano a svilupparsi diversi malanni fisici.

Se un bambino o un adolescente si sente così ansioso o timoroso tanto da alterare negativamente la propria vita, è una buona cosa chiedere consiglio al proprio medico o a uno psicologo specializzato nell’età evolutiva.

Sottovalutare queste forme di ansia, soprattutto negli adolescenti che stanno formando la propria personalità, può costituire un serio rischio per lo sviluppo di un disturbo d’ansia nell’età adulta.

Se sei un adolescente e pensi di avere problemi di ansia, o se siete genitori preoccupati di capire cosa sta succendo a vostro figlio, scriveteci a info@mens-sana.biz

borderline

Depressione e ansia sono comuni disturbi. spesso confusi tra loro. Tuttavia le due condizioni non potrebbero essere più diverse. Perché, dunque, vengono accoppiati quasi regolarmente? Spesso sono trattate allo stesso modo e, secondo uno studio di PsychCentral, l’85 per cento delle persone con depressione maggiore sono state anche diagnosticate con un disturbo d’ansia generalizzata.

Le persone affette da un disturbo depressivo spesso esperiscono emozioni come la disperazione  e la rabbia, che compromettono lo svolgimento regolare dei propri compiti quotidiani. Tuttavia, quando qualcuno è colpito da un disturbo d’ansia, l’esperienza travolgente è quella di paura e panico, simile a quella di qualsiasi creatura che deve lottare per la sua vita in natura.

Una persona che soffre principalmente di ansia si concentrerà sulle proprie prospettive future, diventando sopraffatto dalla paura che tutto andrà a finire male. Questi sentimenti possono limitare la capacità di una persona di lavorare, mantenere i rapporti o uscire di casa.

Comparativamente, le persone depresse in genere non si preoccupano di ciò che potrebbe accadere loro in futuro, ma invece pensano di sapere già che cosa accadrà e credono che sarà inevitabilmente qualcosa di negativo. I sintomi principali comprendono la perdita di interesse e divertimento in attività abituali, la mancanza di energia e la difficoltà di concentrazione.

Anche le manifestazioni fisiche differiscono tra ansia e depressione. Coloro che soffrono di depressione spesso sperimentano gravi alterazioni dell’appetito, mal di testa e problemi di sonno. L’ansia porta effetti che assomigliano a generici disturbi di salute: sudorazione, tachicardia, agitazione, problemi intestinali e iperventilazione. Nel complesso, la depressione tende ad avere un minor numero di sintomi fisici, ma le manifestazioni mentali possono essere più pericolose nelle loro conseguenze, rispetto all’ansia.

I medici hanno osservato che quando l’ansia e la depressione sono presenti in una persona contemporaneamente, i sintomi di entrambe sono più gravi.

Diversi farmaci sono disponibili per il trattamento della depressione. Più comunemente includono alcuni inibitori della ricaptazione della serotonina (SSRI), come Elopram, Sereupin, Cipralex, Prozac, Zoloft, Cymbalta e Efexor; antidepressivi tetraciclici tra cui Remeron; farmaci con meccanismi unici come Wellbutrin; e gli inibitori della monoamino-ossidasi (iMAO) come Parmodalin, Jumex.

I farmaci antidepressivi, in particolare gli SSRI, sono tipicamente utilizzati anche per la cura dell’ansia. Anche la psicoterapia cogntivo-comportamentale, però, ha dimostrato di aiutare le persone a superare entrambe le condizioni.

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helpUn ipocondriaco può trasformare una indigestione in un attacco di cuore già all’arrivo del primo sintomo. E grazie alla fornitura pressochè illimitata di informazioni mediche presente su internet, qualche studioso ha coniato un termine per la versione online della condizione – chiamandola “cybercondria”.

Ora uno studio ha individuato quali persone sono più a rischio di diventare vittime di grave cybercondria.

Uno studio americano ha coinvolto 500 adulti, che sono stati intervistati circa la loro capacità di gestire l’incertezza  e il loro livello di ansia per la loro salute attuale. Sono stati invitati anche quantificare il numero di ricerche online di carattere medico effettuate, la loro durata e l’intensità della loro ansia mentre le effettuavano.

I risultati hanno dimostrato che i volontari che hanno avuto ansia più elevata erano quelli che avevano fatto più ricerche su sintomi e malattie. Mentre cercavano risposte, i loro livelli di ansia aumentavano significativamente. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Cyberpsychology, Behavior and Social Networking.

I ricercatori affermano che le persone con una “intolleranza all’incertezza” sono in grado di alleviare l’ansia utilizzando strategie cognitive, per esempio, ricordando a loro stessi che resteranno sempre dubbiosi di aver trovato una spiegazione definitiva per i loro sintomi ambigui.

Concludiamo riportando un piccolo estratto di un colloquio avuto con un cybecondriaco: “Dopo tutto, anche se Google dice che il battito in testa potrebbe significare che mi restano sei settimane di vita, è molto più probabile che abbia ragione quel medico che su un altro sito che afferma che non si tratti di un tumore, eppure su quell’altro sito un altro medico mi consiglia di fare una TAC…”

cervello binarioProblemi di comunicazione fra diverse zone dell’emisfero destro del cervello sono alla base del disturbo d’ansia generalizzato, una condizione cronica che colpisce il 2-3% della popolazione, con un pesante impatto sulla qualità di vita e le relazioni sociali. A spiegarlo è uno studio italiano pubblicato su ‘Psychological Medicine’, condotto dall’Irccs Medea di San Vito al Tagliamento (Pordenone) in collaborazione con le università di Udine e di Verona. Secondo i ricercatori, in particolare, a scatenare l’ansia è un dialogo difettoso fra aree cerebrali coinvolte nella risposta allo stress e nella gestione delle emozioni negative. Studi recenti di imaging avevano già suggerito il coinvolgimento di alcune aree dell’emisfero cerebrale destro in persone con disturbo d’ansia, spiega una nota dell’Associazione La Nostra Famiglia, alla quale fa capo l’Istituto Medea. Questa è però la prima volta che, attraverso studi di risonanza magnetica diffusiva, viene ‘fotografata’ la connettività cerebrale nei pazienti con ansia generalizzata. La ricerca ha esaminato 12 malati e 15 controlli sani, scoprendo che i pazienti presentano un’alterazione della connettività della sostanza bianca nelle regioni posteriori parietali e nel corpo calloso dell’emisfero destro. Si tratta, spiega la nota, di un difetto di comunicazione tra regioni deputate all’elaborazione di stimoli sociali ed emotivi: questa alterazione potrebbe avere un impatto sul controllo di questi stimoli e rappresentare quindi un marker strutturale della malattia. “Un difetto di comunicazione tra aree così importanti del cervello in soggetti con disturbo d’ansia generalizzato – sottolinea Paolo Brambilla, responsabile del gruppo di ricerca italiano – potrebbe interferire con le strategie cognitive di modulazione di emozioni negative interne o esterne o dello stress di tutti i giorni”. In altre parole, come conseguenza dell’anomalia individuata si avrebbe “un rinforzo di pensieri negativi – precisa la nota – quali ruminazioni, preoccupazioni e tendenza alla catastrofizzazione che, in ultima analisi, si manifesterebbe come un eccesso dei livelli di ansia”.Per indagare sull’organizzazione microstrutturale dei tessuti nella sostanza bianca dei 4 lobi cerebrali (frontali, temporali, parietali e occipitali) in entrambi gli emisferi e nel corpo calloso è stato indagato il coefficiente di diffusione dell’acqua, un parametro che offre importanti informazioni sulle caratteristiche biologiche e strutturali di un tessuto. I ricercatori hanno così evidenziato un aumento significativo del coefficiente nel lobo parietale destro e nello splenio del corpo calloso di destra nei pazienti rispetto ai controlli sani.”Studi futuri di imaging – conclude la nota – dovrebbero approfondire come le aree parietali e callosali posteriori comunicano con regioni corticali e sottocorticali fondamentali nel sostenere la processazione di stimoli sociali ed emozionali, come l’amigdala, l’ippocampo e la corteccia prefrontale dorsolaterale, e come questo potenziale network moduli gli stimoli ad alto impatto emotivo nel disturbo d’ansia generalizzato”.

Da Adnkronos Salute

autismoMal di testa e mal di pancia, vomito anche autoprovocato: sono in aumento i disturbi psicosomatici nei bimbi, disturbi che ormai ‘entrano’ negli studi dei pediatri più delle classiche malattie acute. I medici dei piccoli sono sempre più chiamati a fare i conti con problemi di tipo comportamentale, conseguenza della società che cambia. E’ il quadro tracciato dal presidente della Federazione italiana medici pediatri (Fimp), Giuseppe Mele, dal I Congresso internazionale sull’assistenza primaria pediatrica, che si è aperto l’11 maggio a Tel Aviv, organizzato in collaborazione con l’Ambasciata Italiana di Israele. “Oggi il pediatra affronta un contesto enormemente modificato – spiega Mele – perché il concetto stesso di famiglia è mutato, insieme a quello di società, anche in Italia. I bambini di genitori divorziati sono sempre più numerosi e sono in sensibile aumento anche i figli di extracomunitari: solo nel nostro Paese gli stranieri under 18 sono circa 500 mila. Sono sempre più frequenti – prosegue – le adozioni e gli affidi internazionali e stiamo verificando anche un sensibile aumento di coppie omosessuali”. I dottori dei bimbi si trovano così a fronteggiare problemi nuovi: “Assistiamo a un aumento dei disturbi psicosomatici e di sintomi spia di un malessere, di un ‘non star bene’ all’interno di questa complicata dialettica familiare”, sottolinea Mele. I pediatri hanno verificato, nella loro attività quotidiana, un aumento della depressione infantile e del consumo di psicofarmaci anche nei più piccoli. Sulla diffusione dei disturbi comportamentali nei bambini il Centro studi della Fimp sta raccogliendo i dati, che verranno illustrati durante il prossimo congresso della Federazione a Torino a novembre. I pediatri, intanto, rispondono a questi cambiamenti della società e delle esigenze di salute dei piccoli pazienti lanciando ‘A new pediatrics. Now’, un progetto di monitoraggio internazionale per la definizione di nuove raccomandazioni delle cure pediatriche primarie a livello globale. L’obiettivo è stabilire, attraverso il confronto fra i diversi sistemi, un nuovo modello di cure primarie in pediatria che si adatti ai cambiamenti sociologici e al nuovo concetto di famiglia che si è ormai imposto. L’analisi dei sistemi in diversi Paesi, tra cui Italia, Spagna, Inghilterra, Israele e Stati Uniti, si concluderà a maggio del 2012: sulla base dei risultati gli specialisti stenderanno le nuove raccomandazioni che verranno presentate a Bruxelles, nell’autunno del prossimo anno, al commissario europeo alla Salute, John Dalli, e al direttore dell’Organizzazione mondiale della sanità, Margaret Chan.

Da Adnkronos Salute