fumatoreNella più grande valutazione mai tentata del consumo di sostanze tra le persone con gravi malattie psichiatriche, i ricercatori della Washington University School of Medicine a St. Louis e della University of Southern California hanno scoperto che i tassi di fumo, alcol e droghe sono significativamente più elevati tra coloro che hanno disturbi psicotici, che tra quelli della popolazione generale. Lo studio è pubblicato online sul primo numero del 2014 della rivista JAMA Psychiatry.

La scoperta è di particolare interesse perché le persone con gravi malattie mentali hanno più probabilità di morire giovani rispetto alle persone senza gravi disturbi psichiatrici, con stime che variano da 12 a 25 anni prima degli individui nella popolazione generale. La morte non sopraggiunge per overdose o per suicidio, come si potrebbe sospettare, ma per malattie cardiache e cancro, problemi causati dall’uso cronico di alcol e tabacco.

Lo studio ha analizzato il consumo di tabacco, alcol e altre droghe in quasi 20.000 persone. Il campione comprendeva 9.142 pazienti psichiatrici con diagnosi di schizofrenia, disturbo bipolare o disturbo schizoaffettivo – una malattia caratterizzata da sintomi psicotici come allucinazioni e deliri e disturbi dell’umore come la depressione .

I ricercatori hanno trovato che il 30 per cento delle persone con grave malattia psichiatrica presentavano il fenomeno del binge drinking, definito come il bere quattro porzioni di alcol in una sola volta, ovvero in un tempo molto limitato. In confronto, il tasso di binge drinking nella popolazione generale è dell’8 per cento.

Tra quelli con malattia mentale, oltre il 75 per cento erano fumatori regolari. Ciò a fronte del 33 per cento di quelli nel gruppo di controllo. Risultati simili si sono riscontrati per quanto riguarda l’uso pesante di marijuana: il 50 per cento delle persone con disturbi psicotici, utilizza la marijuana regolarmente, contro il 18 per cento nella popolazione generale. La metà di quelli con la malattia mentale utilizzano anche altre droghe, mentre il tasso di uso di droghe nella popolazione generale è del 12 per cento.

Le donne tendono a fumare, bere e usare droghe illecite meno spesso rispetto agli uomini, ma nelle persone con una grave malattia mentale la differenza si azzera.

Mentre gli sforzi della salute pubblica hanno effettivamente dimezzato il tasso di uso di nicotina nelle persone sane, nei gravi malati di mente, non sì è notata alcuna diminuzione.

Fino a poco tempo , il fumo era permesso nella maggior parte degli ospedali psichiatrici, nei reparti di psichiatria e nelle altre strutture che accolgono malati psichiatrici. Molti psichiatri ritengono che i loro pazienti più gravi hanno avuto abbastanza problemi senza doversi preoccupare anche di smettere di fumare. Persistono anche preoccupazioni per i potenziali pericoli derivanti dall’uso di terapie sostitutive della nicotina. Recenti studi, tuttavia, hanno trovato queste preoccupazioni esagerate.

Bisogna essere più aggressivi nel tentativo di frenare l’uso di nicotina, alcol e uso di sostanze nei pazienti con grave malattia psichiatrica, perchè questo può allungare la loro vita.

Abbiamo bisogno di sviluppare nuove strategie perché molti interventi per ridurre il fumo, l’alcol e droga che hanno funzionato in altre popolazioni di pazienti non sembrano essere molto efficace in questi pazienti psichiatrici.

donne e alcolI marchi di sigarette in bella mostra nei film in programmazione nei cinema sono diminuiti dopo l’entrata in vigore dei vincoli di legge, anche il tempo in cui si fuma sullo schermo è in discesa. Gli alcolici invece, soggetti solo a norme di autoregolamentazione, vengono mostrati con sempre maggiore frequenza, anche nei film dedicati ai ragazzi sotto i 13 anni, in totale noncuranza dell’intenzione dell’industria di evitare la vendita di alcolici ai minorenni.
Questi dati provengono da uno studio pubblicato su Jama Pediatrics e coordinato da James Sargent, pediatra alla Geisel School of Medicine del’Università di Dartmouth ad Hanover, nel New Hampshire. «Dopo il Tobacco Master Settlement Agreement (MSA) del 1998, un compromesso legale per il quale le compagnie del tabacco devono pagare 246 miliardi di dollari in 25 anni a 46 stati degli Stati Uniti, l’uso del tabacco nelle proiezioni cinematografiche è calato in modo consistente» osserva il pediatra, ricordando che i film influenzano i comportamenti e l’uso di sostanze nell’adolescenza. «L’esposizione dei bambini a film con immagini di tabacco e alcol è stata associata con l’assunzione di nicotina e alcol, quest’ultimo spesso si trasforma in abuso di alcolici» riprende Sargent, che assieme ai colleghi ha esaminato l’uso recente di tabacco e alcol nei film, analizzando 1400 pellicole di successo uscite nei cinema statunitensi dal 1996 al 2009. «Nei 1400 film considerati sono apparsi 500 marchi di tabacco, con un calo del 7 per cento annuo fino al 2006». Al contrario, i marchi di alcolici comparsi nelle pellicole sono stati 2433, con variazioni nulle nel periodo considerato. Il tasso di apparizione delle marche di alcolici nei film per ragazzi è addirittura in rialzo del 5,2 per cento l’anno. I risultati, dunque dimostrano un forte ribasso nella visione del tabacco al cinema dopo l’entrata in vigore dei vincoli legali. L’alcol invece, ancora privo di norme governative che ne limitano l’uso, è addirittura aumentato nei film dedicati ai minori, una tendenza che potrebbe avere serie implicazioni nel consumo di alcolici tra gli adolescenti.

attacco-di-panicoL’obiettivo di questo studio, pubblicato sulla rivista Clinical Psychiatry and Neuroscience, è stato quello di indagare la relazione, negli adulti americani, tra i disturbi d’ansia specifici e la dipendenza da sostanze, tenendo conto dei fattori demografici potenzialmente confondenti (ad esempio il sesso) e le comorbidità (per esempio la depressione maggiore o altri disturbi psichiatrici). I dati sono stati tratti dalla banca dati National Survey Comorbidity (NCS), che ha dato la possibilità ai ricercatori di ottenere un campione nazionale rappresentativo della popolazione adulta degli Stati Uniti di età compresa tra i 15 e i 54 anni, che risulta il range di età nel quale insorgono principalmente sia i disturbi d’ansia che le dipendenze da sostanze.

I risultati dello studio hanno mostrato che la dipendenza da sostanze precede temporalmente i diversi disturbi d’ansia, in particolare il disturbo di panico. In particolare, una storia passata di dipendenza da sostanze predice l’esordio di un disturbo di panico, della fobia sociale  e dell’agorafobia.

Al contrario però, in più del 50% dei casi l’abuso di sostanze diverse dall’alcol, in quasi il 40% di persone affette da disturbo da stress post-traumatico e in quasi il 30% di casi di disturbo d’ansia generalizzata, il disturbo d’ansia insorge prima dell’abuso di alcol. Allo stesso modo, una storia di vita caratterizzata da fobia sociale, disturbo da stress post-traumatico, o disturbo d’ansia generalizzata  predice in modo significativo l’insorgenza di una dipendenza da sostanze.

Gli autori concludono che per ogni particolare disturbo d’ansia, l’insorgenza di abuso di sostanze può avvenire sia prima che dopo il disturbo d’ansia, ma che comunque vi sia un’associazione forte tra i due tipi di disturbi. Inoltre, vi sono prove per la specificità di alcune associazioni tra ansia e disturbi da sostanze, che sono indipendenti dalle differenze di sesso e di altre patologie concomitanti. Esiste dunque la possibilità, affermano gli autori, che all’interno di un particolare disturbo d’ansia ci siano una varietà di meccanismi che, in associazione possano, interagire tra loro determinando l’insorgenza di un abuso di sostanze.

 

cannabisL’uso precoce di cannabis rappresenta un fattore di rischio per una dipendenza dalla stessa e altre sostanze illecite e per problemi di carattere psicosociale, tra cui le difficoltà di apprendimento scolastico, i disturbi depressivi e i disturbi psicotici. Per questo motivo, l’identificazione dei soggetti a rischio e dei fattori associati all’uso precoce di cannabis rappresentano un target cruciale per lo sviluppo di interventi di prevenzione efficaci. I fattori della prima infanzia associati all’uso di sostanze stupefacenti riguardano una complessa interazione tra variabili personali, familiari, genetiche e biologiche. Un gruppo di ricercatori dell’Università del Queensland (Australia) ha condotto uno studio prospettico per esaminare le caratteristiche dei consumatori precoci di cannabis e l’influenza dei diversi fattori di rischio potenziali che ne hanno influenzato l’uso.

Del campione di circa 3.500 persone, seguite in follow up fino all’età di 21 anni, il 51% non aveva mai utilizzato cannabis, mentre il 36,7% è stato classificato come utilizzatore occasionale e il 12,3% utilizzatore frequente. L’età media del primo utilizzo era di 16 anni. In generale, i consumatori precoci di cannabis prima dei 15 anni erano in prevalenza maschi, con madri molto giovani e sole al momento della nascita del figlio, e con un basso livello d’istruzione. L’uso precoce di cannabis risultava correlato a rapporti instabili tra i genitori, separazioni e cambi frequenti dei partner. I risultati, quindi, suggeriscono come l’ambiente familiare in cui i bambini crescono giochi un ruolo cruciale rispetto all’uso precoce di sostanze.

 

Molte persone rimangono sorprese quando capiscono ciò che stanno bevendo. La quantità di liquido in un bicchiere, o la capacità di una bottiglia non corrispondono necessariamente a quanto alcol c’è in realtà nel proprio drink. Diversi tipi di birra, vino o liquori hanno quantità diverse di alcol al loro interno. Queste bevande non sono fatte solo di alcol, perchè esso è sempre diluito in acqua e altre componenti. Ad esempio, molte birre chiare, che definiamo spesso leggere, contengono alcol quasi quanto le birre scure – circa l’85%. Ecco un altro modo di vedere la questione:

Birre normali: gradazione alcolica 5%
Alcune birre chiare: gradazione alcolica 4,2%

Questo è solo un esempio tra i tanti. Ecco perché è importante sapere quanto alcol contiene quello che state bevendo. Negli Stati Uniti, un drink “standard” contiene circa 14 grammi di alcol puro, in Europa e in Italia la stessa quantità di alcol è espressa dall’Unità alcolica.

Una Unità alcolica o uno Standard drink si trova in:

33 cl di birra normale, una lattina, che di solito ha circa il 5% di alcol
14 cl di vino, la quantità di un bicchiere, che in genere ha circa il 12% di alcol
6 cl di bevande alcoliche distillate, il contenuto di un bicchiere da liquore, che è fatto per circa il 40% di alcol

Come fai a sapere quanto alcool c’è nel tuo bicchiere?

Anche se sono disponibili in diverse dimensioni, le bevande che seguono sono alcuni esempi di un drink standard o di una unità alcolica:

standard-drink

Immagine tratta dal sito del NIAAA
Anche se le unità alcoliche sono utili per seguire le linee guida per la salute, possono non riflettere le abituali quantità di alcol. Per esempio, un cocktail ottenuto dalla mescola di diversi superalcolici può contenere da 1 a 3 o più unità alcoliche, a seconda del tipo di alcolici usati, della ricetta e del ghiaccio (acqua) all’interno del bicchiere.

alcol fobiaGli interventi psicologici mirati per gli adolescenti a rischio di problemi emotivi e comportamentali riducono in modo significativo il loro comportamento legato all’uso di alcolici, e quello dei loro compagni di scuola. I risultati sono quelli di un ampio studio randomizzato e controllato pubblicato nel numero di marzo del JAMA, sezione Psichiatria . Gli autori sostengono che l’intervento potrebbe essere organizzato nelle scuole di tutto il Regno Unito per aiutare a prevenire l’abuso di alcol tra gli adolescenti.

Lo studio ha coinvolto 21 scuole di Londra che sono state scelte casualmente per ricevere l’intervento in classe. Un totale di 2.548 studenti(età media 13,8 anni) sono stati classificati come ad alto o basso rischio di sviluppare dipendenza da alcol futuro. Quelli classificati come ad alto rischio rientravano in uno dei quattro profili di personalità a rischio: ansia, disperazione, impulsività e ricerca di sensazioni. Tutti gli studenti sono stati monitorati per il loro comportamento riguardante l’assunzione di alcol per più di due anni. 709 studenti sono stati reputati ad alto rischio, e gli adolescenti sono stati invitati a partecipare a due seminari per apprendere strategie cognitivo-comportamentali per affrontare i loro problemi di personalità.

Attraverso i laboratori, i ragazzi imparano a gestire meglio le loro caratteristiche di personalità e le tendenze individuali, riuscendo a prendere le decisioni giuste per se stessi. A seconda dei loro profili di personalità, potrebbero imparare strategie cognitivo-comportamentali per gestire meglio gli alti livelli di ansia, la loro tendenza ad avere pensieri pessimistici rispetto determinate situazioni o per controllare la loro tendenza a reagire impulsivamente o in modo aggressivo. Lo studio ha dimostrato che questo approccio alla salute mentale, alla prevenzione all’abuso di alcol ha molto più successo nel ridurre i comportamenti a rischio di dipendenza che dare agli adolescenti informazioni generali sui pericoli dell’alcol.

Dopo due anni, gli studenti ad alto rischio delle scuole interessate, sono stati valutati. I ricercatori hanno rilevato un 29% di riduzione totale di assunzione di alcolici, una riduzione del 43% nelle bevute compulsive e una riduzione del 29% del rischio di sviluppare problemi relativi all’alcol rispetto agli studenti ad alto rischio delle scuole di controllo, cioè dove non si erano tenuti i seminari.

Non solo l’intervento ha avuto un effetto significativo sugli adolescenti più a rischio di sviluppare comportamenti problematici riguardanti l’alcol, si è notato anche un significativo effetto positivo su coloro che non hanno ricevuto l’intervento, ma che hanno frequentato le scuole in cui si sono tenuti gli interventi cognitivo-comportamentali. Questo ‘effetto gregge’ è molto importante dal punto di vista della salute pubblica in quanto suggerisce che i benefici degli interventi sulla salute mentale e sul comportamento alimentare si estendono anche alla popolazione generale, probabilmente riducendo il numero di occasioni di bere alle quali sono esposti i giovani nella prima adolescenza.

Questo intervento potrebbe essere ampiamente somministrato alle scuole italiane. Sarebbe un successo dal punto di vista della salute pubblica, apprezzato dagli studenti e dal personale. Sarebbe anche poco costoso perché la formazione del personale scolastico, piuttosto che il reclutamento di psicologi professionisti, costa molto meno. Circa 6 su 10 persone di età compresa tra 11-15 assumono alcolici in Inghilterra, e nel Regno Unito circa 5.000 adolescenti sono ricoverati in ospedale ogni anno per motivi correlati all’alcol. In Italia in numeri sono meno elevati, ma sono in aumento. In tutto il mondo sviluppato, l’alcool determina circa il 9% dei decessi di persone di età compresa tra 15 e i 29 anni, e finora gli interventi nelle scuole si sono dimostrati di difficile attuazione e hanno mostrato un successo limitato. Questo studio londinese che aiuta i giovani a ridurre le probabilità di sviluppare una dipendenza da alcool e/o da droghe è un entusiasmante sviluppo per le strategie preventive, che sono ancora riconosciute universalmente come inadeguate e non supportate assolutamente dai mezzi d’informazione.

Trattiamo un gran numero di persone che hanno iniziato ad assumere sostanze nei loro anni di scuola e accogliamo con favore qualsiasi ricerca basata su prove che possano contribuire a invertire questa tendenza.